17.1.2020 Aggiornamenti dal CPR di Gradisca

17/01/2020 – Alcuni aggiornamenti dal CPR:

Il Tg di mercoledì riporta di 22 accessi al pronto soccorso dal CPR di Gradisca. Le voci dal CPR dicono che gli accessi sono stati di più, raccontano che tutti i giorni in tanti si tagliano, in altri sbattono la testa contro il muro. Dicono che le persone sono esaurite dalla situazione e dal terrore di essere rimpatriate. Alcuni sono preoccupati per le famiglie, a cui non stanno inviando più soldi perché sono rinchiusi lì dentro.

Raccontano che la maggior parte delle persone che si autolesionano non vengono portate in ospedale ma ricevono una pomata e un tranquillante dentro il CPR.

Ci raccontano di stare sempre in gabbia, 6 persone in una gabbia che ha 6-7 passi d’aria. Ogni gabbia è connessa a una parte coperta dove ci sono 4 letti, c’è un bagno con una turca e una doccia. I vetri sono molto resistenti e nelle reti sopra la gabbia passa la corrente elettrica. Dicono che quelle gabbie fanno venire male agli occhi perchè si vede solo rete.

Le gabbie vengono aperte raramente, solo il capo degli operatori ed il direttore della struttura sembrano usare le chiavi. Ci raccontano che i contatti con gli operatori e il personale sanitario avvengono solitamente oltre le sbarre. Ci raccontano che il cibo continua ad essere consegnato sotto le sbarre, “come fossero cagnolini”.

Ci raccontano che la guardia di finanza è sempre presente dentro al centro in questi giorni, credono che stia lì per controllare le finestre rotte durante il weekend.

I giornale mercoledì diceva che tre delle cinque persone riuscite a scappare domenica sono state riprese e portate “in altre strutture non meglio precisate”. Le voci dal CPR, fino a ieri, sostenevano fossero in realtà ancora tutti liberi!

13.1.2020

????????????Dopo il presidio di sabato 11, la notte, i militari sono entrati nelle celle del CPR di Gradisca, hanno picchiato ed hanno preso le sim card di alcune delle persone con cui abbiamo parlato al presidio.
Ieri, domenica 12 gennaio dalle 14:00 alle 16 ci sono state rivolte nel CPR, nell’ala più vicina alla strada dove ci sono 5 celle da 6 persone ciascuna. Le persone recluse sono riuscite a rompere i vetri, a staccare i letti a raggiungere il muro e 8 sono riusciti a saltare oltre il muro. 3 sono stati riportati dentro il centro e picchiati, 5 sono riusciti a scappare, tra di loro alcuni ragazzi molto giovani. Un ragazzo dei 3 che sono stati riportati al CPR è stato portato in ospedale, un altro sta male. Un ragazzo marocchino oggi ha tentato di suicidarsi ed è stato fermato dagli altri.
In questo momento ci sono materassi in fiamme per riscaldarsi e vengono sparati gli estintori dentro le celle.
Che tutti i muri dei CPR cadano ! Tutti liberi e tutte libere!

VERSO L’11 GENNAIO

Il Cpr di Gradisca ha aperto il 16 dicembre, dopo un anno e mezzo dai primi annunci. Subito, ci hanno portato alcune persone già rinchiuse nei Cpr di Torino e di Bari-Palese, dove da mesi chi sta dentro sta resistendo con forza alla propria reclusione e alle deportazioni.

Il 17 dicembre, l’assemblea No Cpr è stata in presidio lì sotto, per provare a comunicare con chi stava venendo internato. Lo stesso giorno, la giunta comunale di Gradisca ha votato a favore dell’istituzione di un garante comunale per i dititti delle persone private della libertà.

Mercoledì 18 dicembre Atif, che viveva nel Cara di Gradisca, proprio a fianco del Cpr, è morto annegato nell’Isonzo. Prima di lui, nell’Isonzo erano morti Taimur nel 2015, Zarzai nel 2016 e Sajid, qualche mese fa.

Domenica 28 dicembre, la sindaca Linda Tomasinsig (Pd) ha scritto su facebook: “Tutti sanno quale sia la mia posizione sul CPR: lo vorrei chiuso e basta. […] Ma i mezzi con i quali manifestare questo forte, assoluto dissenso non possono contemplare il danneggiamento e la violenza. Perciò condanno in modo altrettanto forte il gesto di chi, presumo la notte tra giovedì e venerdì, ha lordato con lo spray i muri di un palazzo storico e di una attività commerciale a Gradisca.” Il Partito democratico è da sempre favorevole ai Cpt e Cie, e i Cpr sono infatti un prodotto della legge Minniti-Orlando.

Domenica 30 dicembre, alcune delle persone recluse a Gradisca hanno ingoiato lamette, palline da ping pong e sapone per riuscire a essere portate in ospedale, fuori dal Cpr. Questi atti di autolesionismo sono forme di resistenza che le persone recluse hanno sempre praticato.

La notte di Capodanno, un ventinovenne algerino è morto sul Carso triestino davanti alla moglie e a un amico, al termine del suo viaggio lungo la rotta balcanica. Chi, come loro, arriva in Italia attraverso quella o altre rotte rischia poi, se non può regolarizzare la sua condizione, di finire in un Cpr.

Due sezioni del Cpr di Gradisca sono al momento piene. La terza non è agibile per un problema al riscaldamento. A pieno regime, il Cpr di Gradisca conta 150 posti.

In Italia, stanno aprendo nuovi Cpr. Dopo quello di Gradisca, è stata annunciata l’apertura di quello di Macomer in Sardegna e di quello di Milano. Sabato 11, ci saranno tre presidi contemporanei davanti a tre Cpr italiani:

–> A Gradisca:

https://www.facebook.com/events/3402904889751245/

–> A Torino:

https://www.facebook.com/events/457425381600044/

–> A Ponte Galeria (Roma):

https://roundrobin.info/wp-conte…/uploads/…/01/11gennaio.png

Ci vediamo lì.

8.1.2020

Verso l’11 gennaio.

Ogni Cpr è gestito da qualcuno: una cooperativa, un’azienda, una misericordia. Il Cpr di Gradisca è gestito dalla cooperativa Edeco di Padova.

In questo comunicato di qualche tempo fa abbiamo ricostruito la storia di Edeco: oggi lo ricondividiamo, avvicinandoci Ha aperto un lager a Gradisca – manifestazione. Ci vediamo là tra qualche giorno.

“Il 21 agosto 2019, la Prefettura di Gorizia ha aggiudicato la gestione del CPR di Gradisca (GO) alla cooperativa EDECO di Padova. La base di gara era di 28,80 euro giornalieri per ogni recluso, più 150 euro per ogni kit d’ingresso: la cooperativa EDECO ha vinto con un ribasso dell’11% su entrambi. Si avvicinerebbe dunque la data di (ri)apertura del centro di “detenzione amministrativa” per stranieri privi di titolo di soggiorno, chiusa nel 2013 grazie alle rivolte degli stessi rinchiusi, durante una delle quali Majid, un uomo marocchino di 35 anni, cadde dal tetto mentre cercava di scappare dal lager in cui era stato rinchiuso, morendo dopo nove mesi di coma farmacologico.

CHI È EDECO?

EDECO viene fondata da Paolo Borile, ex Dc, ex consigliere provinciale di Forza Italia, ex membro del CdA dell’Ater, ex presidente del Parco Colli Euganei. Si tratta di una cooperativa nata dalla scissione della coop Ecofficina Educational, a sua volta emersa dall’azienda per la gestione dei rifiuti Padova Tre Srl, all’interno del Consorzio Padova Sud. Oggi, è una cooperativa sociale (A+B) che gestisce 6 asili nido e 3 scuole dell’infanzia e alcuni doposcuola e centri ricreativi in provincia di Padova e coordina molti progetti nell’ambito del cosiddetto turismo sociale. Gestisce un progetto SPRAR del Comune di Padova e 17 immobili destinati alla “accoglienza diffusa”, in affidamento da parte delle Prefetture di Padova, Venezia e Rovigo, per le quali coordina il lavoro gratuito delle persone “accolte”, così come di quelle carcerate. Gestisce poi delle strutture per minori non accompagnate/i (MSNA).

EDECO dice di basarsi “sui valori fondamentali dell’accoglienza, della carità e della crescita individuale” ma è nota perché coinvolta in vari processi e perché aveva in gestione il campo di Cona (VE), un campo-lager. Se sul sito di EDECO si dichiara la preferenza per la cosiddetta accoglienza diffusa e le strutture di piccole dimensioni, nondimeno EDECO gestisce, in proroga di gara d’appalto, due dei cinque Centri di Accoglienza Straordinari (CAS) di grandi dimensioni del Veneto: si tratta delle ex basi militari di Conetta (VE) e Bagnoli (PD). Nel complesso, nel 2017, EDECO ha distribuito più di 540mila pasti; dal 2010 ha ricevuto denaro per la gestione di più di 10mila richiedenti asilo.

Tra novembre 2015 e giugno 2016, i centri “di accoglienza” gestiti da EDECO – che dovrebbero “ospitare” 99 persone per 749 mila euro (novembre 2015-giugno 2016) secondo il contratto con la Prefettura – arrivano a riempirsi di 300 persone, per un guadagno di 2 milioni di euro. Testimonianze di chi è stato all’interno delle strutture EDECO parlano di cibo scadente, cure scadenti o assenti, letti orribili, riscaldamento malfunzionante e caldo soffocante d’estate, nessun armadietto personale, ammassamento di persone senza tenere conto delle provenienze, rumore continuo che impedisce il sonno, vestiti recuperati chissà dove, corsi di italiano finti (classi di 70 persone composte indifferenziatamente da analfabeti e laureati, anglofoni e francofoni e asiatici), nessuna forma di integrazione, nessuna assistenza legale, assistenza psicologica penosa, nessuna assistenza alla ricerca di una occupazione.

Il centro di prima accoglienza di Cona consisteva in una serie di tende all’interno di una base missilistica NATO dismessa. Le brandine erano ammassate a causa del sovraffollamento e la mensa non prevedeva neanche la possibiltà di sedersi per consumare i pasti. In questa struttura – che secondo l’Asl aveva 450 posti – si arrivano ad ammassare 1700 persone, con 17 operatori (dei 43 previsti dal bando). Il 2 gennaio 2017, Sandrine Bakayoko, una donna ivoriana di 25 anni, muore nei bagni del centro: i richiedenti asilo accusano i gestori del campo di aver chiamato i soccorsi in ritardo e danno il via a una rivolta che dura molte ore. Nell’autunno 2017, da Cona parte la Marcia per la dignità, una grande manifestazione collettiva con la quale le persone costrette a vivere nell’hub denuncianno le condizioni di vita a Cona e riescono a ottenere una riduzione del sovraffollamento.

A maggio 2015, la pm Federica Baccaglini apre un fascicolo sul bando Sprar a Due Carrare (PD): Ecofficina si sarebbe aggiudicata l’appalto nonostante non avesse i due anni di esperienza in gestione dell’immigrazione richiesti dal bando. In seguito, ci sono state indagini della Guardia di Finanza sui conti delle due cooperative e dei Carabinieri sugli addetti alle pulizie e sui maltrattamenti nelle strutture di Montagnana. A gennaio 2020, dovrebbe partire il processo per corruzione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta e falso, frode nelle pubbliche forniture, che vede imputati i gestori EDECO, i due ex vice prefetti Pasquale Aversa e Alessandro Sallusto e Tiziana Quintario, ex funzionaria della Prefettura di Padova.

Ad oggi, due filoni di inchiesta sono in atto per Padova Tre srl: il primo vede imputati vari dirigenti della cooperativa Ecofficina o della multiutility Padova Tre srl: sono accusati a vario titolo di falso materiale, frode in pubbliche forniture, peculato, emissione di fatture per operazioni inesistenti; il 30 luglio 2019, la procura di Rovigo ha comunicato a dodici ex dirigenti di Padova Tre srl (fallita con un buco di 40 milioni) la conclusione delle indagini del secondo filone: rischiano il processo con accuse quali bancarotta fraudolenta o documentale, false comunicazioni soiali e bancarotta preferenziale.

Nonostante le indagini in corso, EDECO si continua ad aggiudicare appalti per la gestione dell’immigrazione.

La nostra lotta contro il CPR prescinde da chi se ne aggiudica la gestione: il CPR è un lager e non esiste una maniera etica di amministrarlo. Tuttavia, questa assegnazione a EDECO rende ancora più palese cosa rappresentano le persone senza documenti per chi gestisce questi lager: nient’altro che numeri da cui trarre profitti.

Poco importa che la gestione del CPR sia affidata a EDECO, o a un’altra impresa che sceglierà di fare ricorso. Il CPR di Gradisca non deve aprire: chiunque abbia partecipato al bando e chiunque abbia votato a favore dell’esistenza dei CPT/CIE/CPR è responsabile dell’esistenza dei campi di concentramento italiani del XXI secolo.

Assemblea contro il CPR e le frontiere / proti CPR in proti mejam”

da QUI

6/1/2020

Le persone recluse nel CPR di Torino sabato sera hanno iniziato a demolire il CPR. Domenica sono stati picchiati e sette di loro arrestati e accusati di essere i responsabili degli incendi.
Domenica scorsa nel CPR di Gradisca delle persone recluse hanno ingoiato lamette, palline da ping pong e sapone per riuscire ad essere portate in ospedale, fuori dal CPR.
Una volta che le persone vengono rinchiuse in questi posti atroci e razzisti la distruzione e le autolesioni diventano due tra le poche vie possibili per impedire le deportazioni. A noi, fuori da tutti i CPR, spetta portare la solidarietà e il supporto a chi nei CPR viene rinchiusa/o e rompere l’isolamento in cui le/li vorrebbero.

Sabato pomeriggio ci saranno tre presidi/manifestazioni contemporanei davanti ai CPR:

–> A Gradisca:
https://www.facebook.com/events/3402904889751245/
–> A Torino:
https://www.facebook.com/events/457425381600044/
–> A Ponte Galeria:
https://roundrobin.info/wp-conte…/uploads/…/01/11gennaio.png

Veniteci!
Che i muri dei CPR cadano!

3/1/2020

Veniamo a sapere che alcune delle persone “trattenute” all’interno del Cpr di Gradisca (in realtà rinchiuse, senza libertà di movimento, con pochissimo spazio personale a disposizione e privi di servizi fondamentali) hanno commesso atti di autolesionismo e sono state ricoverate in ospedale. Purtroppo, non si tratta di una situazione nuova: da quando esistono i Cpt (poi Cie e ora Cpr), le persone al loro interno hanno fatto di tutto per evadere, denunciare la loro situazione, distruggere i lager in cui sono rinchiusi solo perché privi di un pezzo di carta.
Esattamente due anni fa, nel centro di “accoglienza” di Cona (Venezia) morì Sandrine Bakayoko, una ragazza ivoriana di 25 anni, chi gestiva il centro non chiamò i soccorsi in tempo. La risposta delle altre persone “accolte” a Cona fu una rivolta che durò molte ore, in seguito alla quale il campo di Cona venne chiuso. La gestione del campo era stata affidata alla cooperativa Edeco, poco dopo coinvolta anche in processi giudiziari per rivelazione del segreto d’ufficio, corruzione, turbativa d’asta e altri reati.
La famigerata cooperativa EDECO ha vinto anche la gara d’appalto per gestire il Cpr di Gradisca, che è stato aperto due settimane fa.

Tutta la nostra solidarietà va alle persone rinchiuse nel CPR di Gradisca ed in tutti i CPR. Il nostro impegno sarà continuare a fare uscire le loro voci al di fuori di quelle maledette mura.

Non vogliamo lager, né qui, né altrove!

https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2020/01/03/news/migranti-tentano-la-fuga-dal-cpr-di-gradisca-ingoiando-sapone-lamette-e-palline-da-ping-pong-1.38282324

Il corpo di Atif se l’è preso l’Isonzo, la sua vita gli è stata rubata da un confine assurdo e da una legge ingiusta

Mercoledì 18 dicembre Atif è caduto nell’Isonzo. Assieme ad altri ragazzi che come lui sono ospitati nel vicino CARA di Gradisca stava ingannando il tempo sulla riva del fiume.

Alcuni articoli giornalistici lasciano intendere che la colpa è di un gioco avventato, di una stupida scommessa tra amici.

Ma prima di lui l’Isonzo si è portato via Taimur nel 2015, e Zarzai nel 2016. Nel giugno di quest’anno Sajid nel fiume ha deciso di far finire la sua vita.

Tutti loro hanno avuto la sfortuna di nascere in quello che secondo le nostre leggi è il lato “sbagliato” del mondo. Chi vi nasce se vuole cercare fortuna altrove non può, come facciamo noi europei, semplicemente comprare un biglietto d’aereo. Deve affidarsi ai trafficanti, affrontare un viaggio lungo e massacrante, pagare cifre astronomiche, solamente per poter mettere un piede oltre al confine della fortezza Europa.

Atif vi era riuscito in ottobre, fermato nei pressi della frontiera con la Slovenia, e stava attendendo da allora l’esito della sua richiesta d’asilo.

Era quindi entrato nel gorgo della legge sull’immigrazione italiana, quella che costringe ad attendere per mesi e mesi e in alcuni casi anni un colloquio con una “commissione” il cui esito sembra più l’estrazione di una lotteria che il frutto di una qualche valutazione.

Nel frattempo la vita alienante al CARA di Gradisca, distante da tutto e tutti, nessun tipo di attività per far passare le giornate, nemmeno uno straccio di marciapiede per raggiungere il bar più vicino o le sponde dell’Isonzo.

Quelle sponde dove i ragazzi del CARA vanno a consumare o cucinare il cibo che si comperano, per sfuggire all’immangiabile pasta o riso che all’infinito ripropone il “menu” della mensa della struttura.

Quelle sponde dove a volte sono inseguiti dai solerti tutori delle forze dell’ordine pronti a comminare multe da 300€ a seguito dell’ordinanza della “democratica” amministrazione di Gradisca che vieta di bivaccarvi. La stessa amministrazione che non ha mai pensato di offrire nessuna alternativa degna per trascorrere il tempo, un posto al coperto dove poter stare assieme, magari leggere qualche libro, prepararsi il the o semplicemente stare in pace in un luogo sicuro.

Chi ha conosciuto Atif racconta di un ragazzo solare, che seguiva un corso d’italiano organizzato da volontari fuori dal CARA, che voleva aiutare la madre e le quattro sorelle rimaste sole in Pakistan dopo la morte del padre.

Atif non realizzerà i sui progetti: la sua vita gli è stata rubata da un confine assurdo e da una legge ingiusta.

APRE MARTEDÌ -Tutt* a Gradisca-

[English version below]

MARTEDÌ 17 APRIRÀ IL CPR DI GRADISCA

PRESIDIO DAVANTI AL CPR A PARTIRE DALLE 8:30 DI MATTINA

Martedì aprirà il CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) presso l’ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo (GO), ci stiamo mobilitando per portare la nostra solidarietà e il nostro sostegno alle persone che verranno rinchiuse al suo interno.

I CPR sono delle prigioni nelle quali le persone ‘trattenute’ (non detenute, perché l’internamento non è determinato da una sentenza penale) non possono uscire. Spesso la loro unica colpa è non essere in possesso di un documento valido: per chi non ha la cittadinanza italiana, questo può avvenire dopo la scadenza di un permesso per lavoro o per studio, o di un visto turistico, oppure se una richiesta di asilo politico viene rigettata. Queste persone – se vengono individuate – possono essere rinchiuse fino a 180 giorni nel CPR, nei quali possono essere deportate nel paese d’origine. Per la maggior parte ciò significa dover intraprendere un altra volta il viaggio in cui già si sono giocati la vita la volta precedente, le persone che vengono deportate hanno infatti già compiuto la decisione di scappare dal paese d’origine e si sono creati, vita e affetti in Italia.

Il CPR è un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia fra cittadine/i e non cittadine/i basata su etnia, classe e passaporto. Si tratta dell’ultimo anello di una catena che inizia con lo sfruttamento economico dei cosiddetti “Paesi del Terzo Mondo”. Come conseguenza, milioni di persone emigrano, ma sono quasi sempre impossibilitate ad ottenere i visti necessari per entrare nell’Unione Europea. Si vedono perciò costrette a muoversi illegalmente, pagando e affrontando viaggi pericolosissimi. I Paesi europei utilizzano la violenza – delegata ai gruppi armati libici, a Erdoğan, alle polizie di Croazia, Serbia e Ungheria – per trasformare questi viaggi in una sorta di selezione massacrante, finalizzata a rendere coloro che riescono a superarla dei soggetti socialmente ed economicamente ricattabili.

I CPR sono soprattutto uno strumento per poter garantire lo sfruttamento in Italia di tutte quelle persone che hanno il permesso di soggiorno vincolato al contratto di lavoro (dalla legge Bossi-Fini), Il caporalato spietato presente nei subappalti di fincantieri, spesso raccontato anche sulle testate locali, ne è un esempio.

Le condizioni di vita nei CPR, lager e non-luoghi, sono disumane, a riprova ne sono i numerosi scioperi della fame, episodi di autolesionismo spinto e rivolte che vi si sviluppano.

Vogliamo vivere in un territorio dove nessuna persona venga rinchiusa o respinta a causa della sua provenienza o condizione economica. Non saremo mai complici silenziosi di un lager al lato di casa nostra. I lager sono pilastri di un mondo ingiusto, pieno di odio e violentemente repressivo.

Dopo un anno di allerta, il CPR adesso apre davvero. Non lasciamo soli chi ci verrà internato, vi invitiamo numerose/i MARTEDÌ 17 DICEMBRE dicembre al presidio davanti al CPR DALLE ORE 8:30, per poter come minimo gridare a chi entra che non è solo, che in molte non vogliamo esista quella struttura che gli sta rubando la vita.

Alcune macchine partiranno da Piazza Oberdan (Trieste) alle 7:15. Vieni se non hai passaggio e porta l’auto se hai posti.

ASSEMBLEA NO CPR – NO FRONTIERE FVG





ON TUESDAY WILL OPEN A NEW DETENTION CENTER GRADISCA

MEETING IN FRONT OF THE CPR STARTING FROM 8:30 AM

On Tuesday will open a CPR (Center of Permanence for Repatriation) in Gradisca d’Isonzo (GO), we are mobilizing to bring our solidarity and our support to the people who are going to be locked up.

CPRs are actual prisons where people are “kept”: they don’t have a criminal sentence, and therefore we cannot speak of “detainment”. They are imprisoned because they lack documents. For those without Italian citizenship, this can happen after the expiration of a work or study permit, or a tourist visa, or if an asylum request is rejected. If you are identified as an undocumented person, you can be locked up for up to 180 days in a CPR, where you can be deported to your country of origin. For many, this implies rembarking again in a hard journey in order to reach Italy, or Europe, where they have built their life and often have their friends and family.

A CPR establishes a hierarchy between citizens and non-citizens based on ethnicity, class, and passport. It all begins with the economic exploitation of the so-called “Third World Countries”. As a result, millions of people emigrate, but are almost always unable to obtain the necessary visas to enter the European Union. So they are forced to move illegally, pay smugglers, and face dangerous journeys. European countries use violence, and they delegate it to Libyan armed groups, to Erdoğan, to the police of Croatia, Serbia, and Hungary: it does not aim to block migrants along the Balkan route, but they want to transform those borders into a meat grinder; a device of that kind can convert ‘those who crossed’ into weak subjects, willing to blackmail each other to keep the prize of a difficult journey.

CPRs are above all a tool to guarantee the exploitation of who has the residence permit bound by the employment contract (due to Bossi-Fini law) – as shown for example by illegal hiring in Fincantieri, as reported by local newspapers.

CPRs are lager and non-places: inside the, the living conditions are inhumane, as proven by are the numerous hunger strikes, self-harm episodes, and revolts.

We want to live in a community where no one is locked up or rejected because of their economic background. We will never be silent, with a lager in our backyard. These detention centers are like pillars of an unjust, hateful, and violently repressive world.

After a year, the CPR now is opening for real. We won’t leave alone those who will be interned, we invite you all on TUESDAY 17th OF DECEMBER IN FRONT OF THE CPR AT 8:30AM. We will stand in solidarity with those being interned. We will tell them that many people are against the existence of that life-stealing structure.

Some cars will leave from Piazza Oberdan (Trieste) at 7:15. Come if you don’t know how to go and bring the car if you have spare sits.

NO CPR ASSEMBLY – NO FRONTIERE FVG

12/12/2019

STA PER APRIRE

La notizia dell’apertura del Cpr di Gradisca d’Isonzo, là dove c’era il Cie peggiore d’Italia, circola da sempre, cioè da quando la Legge Minniti-Orlando ha stabilito l’istituzione di un campo di internamento per persone senza documenti in ogni regione. Nell’estate 2018 si è avuta la conferma che il Cpr sarebbe stato aperto: è allora che questa assemblea ha cominciato a mobilitarsi. Nei mesi successivi, le autorità hanno annunciato più volte l’apertura imminente: pareva sarebbe successo a novembre 2019, poi nella prima decade di dicembre. Non è ancora successo, ma succederà molto presto.

Da più di un anno stiamo ripetendo che i CPR sono di fatto delle prigioni nelle quali le persone ‘trattenute’ (non detenute, perché l’internamento non è determinato da una sentenza penale) non possono uscire. Abbiamo spiegato più volte perché si tratta di un lager etnico. Abbiamo riportato le testimonianze di chi è stato rinchiuso: dal 1998 a oggi, le condizioni dentro i centri di internamento sono sempre sotto la soglia di vivibilità, e sono spesso emersi scandali legati alla gestione da parte di cooperative e aziende.

La cooperativa che si si è aggiudicata l’appalto di gestione è EDECO di Padova, nota perché coinvolta in vari processi e perché aveva in gestione il campo di Cona (VE), un campo-lager, dove il 2 gennaio 2017, morì Sandrine Bakayoko, una donna ivoriana di 25 anni.

Da quando esistono i centri di internamento, le persone rinchiuse protestano sistematicamente, spesso determinando l’inagibilità – e quindi la chiusura – di intere sezioni. Lo stesso Cie di Gradisca venne chiuso dopo le proteste del 2013, che furono duramente represse, portando alla morte di Abdelmajid El Khodra. Tuttavia, negli anni, i Cpr sono stati progressivamente dotati di un arredo interno sempre più inutilizzabile ai fini di protestare. Stando ai giornali locali, la struttura rinnovata del Cpr di Gradisca è «di massima sicurezza, con tanto di sistema di videosorveglianza potenziato rispetto a quello dialcuni anni or sono, vasche esterne non più comunicanti tra loro ma divise per camerata, e l’impossibilità di accedere al tetto», cioè al luogo dal quale gli internati in rivolta tentavano la fuga e riuscivano a comunicare con l’esterno.

Nelle foto, si vede come il Cpr di Gradisca mostri anche al primo impatto visivo la sua natura di lager: fili spinati, videosorveglianza, muri che vogliono essere invalicabili, luci, una fitta copertura di reti.

Di fronte all’aspetto brutale di questi luoghi brutali, dichiariamo la nostra solidarietà a chiunque verrà rinchiusx e da quel luogo violento tenterà la fuga. Chiediamo invece a chi non rischia di essere rinchiusx là dentro di contattarci, partecipare alle assemblee e alle mobilitazioni: è una questione che riguarda tuttx.

6/12/2019

E’ stata decisa la chiusura del campo di Vucjak. Con colpevole ritardo e dopo un lungo braccio di ferro tra varie amministrazioni municipali, cantonali e governative. I nuovi fondi UE verranno investiti per spostare le persone dal nord ovest bosniaco vicino al confine croato, con destinazione Sarajevo, in una ex caserma. L’ennesimo luogo di concentramento di alti numeri, l’ennesimo spostamento coatto indietro nella rotta per chi magari già e’ stato più volte respinto. Ennesima soluzione che non risolve nulla. [da Along the Balcan Route]

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2019/12/06/bosnia-decisa-chiusura-campo-di-vucjak_70468f32-4256-4d46-9356-bf549c8ad766.html?fbclid=IwAR3sXvoQgpeZp5xqrpG3iO5bnwgRVQ_Yt4cWkJ2V2FVYDBGg7K-qV6qBSCk