La sicurezza è la solidarietà!

Da più di due anni, l’assemblea No Cpr-no frontiere si muove sul territorio per combattere concretamente il razzismo e solidarizzare attivamente con chi ne è colpito, nella tensione verso un mondo senza discriminazioni in cui tutte e tutti siano libere di muoversi. La nostra relazione con Linea d’Ombra e l’attività di aiuto in stazione, ancor prima che si creasse formalmente l’associazione di volontariato, è sempre stata stretta, di sinergico supporto e scambio. Dare una mano fraternamente attraverso la cura e l’ascolto a chi arriva stremato da settimane di fughe, molto spesso per ripartire verso altri Paesi, solidarizzare con le persone assicurandosi che le città ed i sentieri che attraversiamo non siano ostili a chi si trova in uno stato di vulnerabilità, lottare concretamente contro i campi di internamento per persone senza documenti (CPR) e diffondere le voci invisibili dei reclusi e dei sopravvissuti alle violenze delle polizie d’Europa sono tutte pratiche di sorellanza strettamente legate tra loro.

Sabato 24 ottobre, Linea d’Ombra e il gruppo di mediche/infermiere/attiviste La strada Si.Cura, che da mesi scendono regolarmente in piazza, saranno sotto attacco. La pagina facebook fascista Son Giusto ha chiamato una manifestazione alla stessa ora e nello stesso luogo dove ogni sera scendiamo in piazza, in solidarietà con chi è appena arrivato dalla Rotta balcanica, cioè persone debilitate e spesso giovanissime. Alla manifestazione hanno garantito la loro presenza i militanti di Veneto Fronte Skinhead, Avanguardia Nazionale e il gruppo Unione e Difesa. Come scrivono Linea d’Ombra e La strada si.cura, “La volontà di “Son Giusto Trieste” di appropriarsi della Piazza apre a possibili scenari violenti dei quali saranno ritenuti responsabili coloro che dovessero permettere che tale palese provocazione si realizzi.

Di fronte a questa minaccia fascista concreta, che si somma al controllo poliziesco costante, ci dichiariamo solidali con le persone che attraversano le frontiere balcaniche, fino a Trieste e oltre, e con chiunque combatta la violenza delle frontiere, delle polizie e degli Stati, attraverso la cura, come fanno le attiviste e gli attivisti di piazza Libertà, e con ogni altro mezzo.

Qui il comunicato di LDO e LaStradaSi.Cura https://www.lineadombra.org/2020/10/22/comunicato-inaccettabile-son-giusto/

Via i militari dal Carso!

Dalla rotta Balcanica arrivano a Trieste ogni giorno molte persone. Di queste, poche hanno interesse a fermarsi in Italia, la maggior parte invece prosegue per altri Paesi europei. Per arrivare, queste persone fanno un viaggio terribile, di durata variabile tra uno e i dieci anni, molti sono giovanissimi e giovanissime. Il viaggio ha il suo collo di bottiglia ai confini in Croazia, ai confini  con Bosnia e Serbia. Ormai da anni, infatti, sia la Croazia sia la Slovenia, con il supporto di tutti gli altri Paesi europei, hanno iniziato a violare gli stessi accordi europei, deportando chiunque riescano a scovare sul proprio territorio e negandogli il diritto d’asilo. Questi respingimenti sono brutali, le persone vengono picchiate, derubate, terrorizzate a scopo deterrente (molti racconti diretti di queste violenze si possono trovare qui). Quindi, ognuna di queste persone è costretta a provare più e più volte prima di riuscire finalmente ad arrivare a Trieste, dove purtroppo da quando sono iniziate le “riamissioni informali” in Slovenia non possono nemmeno più sentirsi al salvo. “Le riammissioni” da Trieste infatti, a differenza di quanto riportano i vari politici e prefetti, sono delle pratiche orride, le persone vengono sì “riammesse” in Slovenia, ma in una caserma, da dove poi vengono inserite in una catena di respingimenti, accordati tra gli Stati in modo informale, che in poche ore li riporta al collo di bottiglia da cui sono partiti. Non è ancora chiaro su che base a Trieste vengano eletti gli sfortunati richiedenti asilo da “riammettere” e quelli da tenere, sono stati infatti già “riammessi” sia ragazzini minorenni sia persone provenienti da qualsiasi nazione. Le persone che arrivano qui provengono infatti da Paesi da dove è molto difficile emigrare legalmente: l’Italia fornisce visti di ingresso solo per una minoranza della popolazione, spesso corrispondente alla parte ricca, privilegiata e con potere di quelle società.

Chi arriva a Trieste e non viene fermato prima spesso giunge alla stazione dei treni dove ogni sera da mesi trova la solidarietà, la sorellanza, il supporto e la cura delle attiviste e degli attivisti di Linea d’Ombra e della Strada Si.Cura.

Da qualche giorno però arrivano poche persone alla piazza della stazione di Trieste e abbiamo scoperto che sul “Sentiero dell’amicizia” che da Bagnoli (Boljunec) porta al confine martedì correvano militari armati (nella foto sotto), che perlustravano sulle camionette la piazza e i dintorni dei paesi, ma raramente si erano spinti sui sentieri. Ci siamo chiesti se gli amministratori regionali e locali volessero le strade “pulite” per la Barcolana e avessero per questo intensificato la presenza di cacciatori di uomini e donne sul confine. Non è ancora chiaro, forse si trattava di un’esercitazione di orienteering degli alpini di Banne, racconta qualcuno in paese, forse invece è giusto il nostro sospetto, pensa qualcun’altro.

Oggi a Bagnoli è stato volantinato alla scuola e distribuito nelle cassette delle lettere di gran parte del paese un volantino (Slo Ita), prodotto quando Salvini voleva riempire di filo spinato il Carso, ma che purtroppo rimane più che mai attuale con il PD al governo.

Pericoloso per noi è incontrare pattuglie armate nei boschi. I territori sicuri li fanno le persone che ci abitano attraverso la solidarietà e le persone che ci camminano, per qualsiasi ragione.

 

CONTINUANO ANGHERIE E DEPORTAZIONI

Dal CPR di Gradisca si continua a deportare: sappiamo per esempio che è stata deportata una persona tunisina, arrivata dal Mediterraneo a inizio giugno e che da allora non ha fatto altro che richiedere asilo, non sappiamo se gli è mai stata data la possibilità di farlo anche in modo ufficiale. Qualche giorno fa abbiamo raccontato che lo Stato italiano sta rimpatriando persone arrivate da poco attraverso la Rotta del Mediterraneo centrale, facendole passare coattamente dal CPR di Gradisca.

Tra inizio agosto e metà settembre la ministra dell’Interno Lamorgese si è recata personalmente in Tunisia e Algeria per intensificare, tramite accordi, i rimpatri di coloro che quei posti decidono di lasciarli assumendosi il rischio di un viaggio spesso letale. Dal dieci agosto, sono stati riattivati i voli di rimpatrio verso la Tunisia: dall’Italia alla Tunisia partono due voli charter di rimpatrio a settimana.

I rimpatri verso la Tunisia e l’Algeria sono effettivamente intensi dal CPR di Gradisca. Nel 2018, l’ex governatrice del Friuli-Venezia Giulia Serracchiani (PD) chiedeva all’allora ministro dell’Interno Salvini dove fossero i rimpatri di massa. Secondo quella logica, il Partito Democratico di Marco Minniti aveva una maggiore capacità di gestire i flussi migratori: cioè di rinchiudere e respingere le persone senza documenti regolari. La politica estera di Lamorgese, allo stesso modo, vanta un certo successo nel sottoscrivere accordi per i rimpatri di massa, una delle azioni più razziste e disumane promosse dallo Stato Italiano.

Nel frattempo, la cooperativa EDECO, che gestisce il CPR, sembra abbia iniziato a fare nuove angherie. Ora, ci raccontano da dentro, le persone che entrano non possono più avere una sim card con la quale comunicare con l’esterno. La settimana scorsa, ci dicono, almeno un coordinatore degli operatori della cooperativa ha intralciato la consegna dei pacchi ai reclusi. In generale, pacchi che contengono cibo, vestiti o altro possono essere inviati ai reclusi da famiglie, persone amiche o solidali; tuttavia, a quanto pare, la cooperativa EDECO si è rifiutata di consegnare dei pacchi, adducendo come scusa la necessità di un controllo preventivo da parte della Prefettura di Gorizia. In realtà, pare che questa norma non esista: non è chiaro se la cooperativa abbia ostacolato deliberatamente una delle pochissime possibilità di contatto con l’esterno per i reclusi. A quanto ci raccontano, da quando ha iniziato a gestire il CPR, EDECO si è contraddistinta per le sue prassi degradanti e violente: per esempio, nel CPR di Gradisca non è mai stata aperta la mensa, privando le persone di uno spazio di comunità e costringendole chiuse in gabbia tutto il giorno.

Un dispositivo come il CPR e una macchina organizzativa come quella delle deportazioni possono essere gestiti bene o gestiti male, in termini di efficienza: spesso, chi sa gestirli “meglio” è chi causa il maggior numero di reclusioni e deportazioni. Contro la retorica della gestione efficiente dei flussi migratori e contro l’umanizzazione dei campi di internamento, continuiamo a volere la distruzione dei lager e dei confini.