Voci dal Cpr: siamo in sciopero della fame!

Ieri, 19 dicembre 2021, ci siamo ritrovate assieme a compagni e compagne da tutta la regione sotto il lager di Gradisca. La morte di B.H.R. pochi giorni fa, la terza da quando il CPR ha riaperto il 17 dicembre di due anni fa, non poteva rimanere sotto silenzio.

Come sempre uno degli obiettivi dell’iniziativa era farsi sentire dai reclusi per comunicare loro la nostra solidarietà e vicinanza. Nonostante la questura avesse come sempre relegato il presidio al lato opposto della strada, un cospicuo gruppo di partecipanti al presidio si è spontaneamente spostato davanti al lager urlando slogan e ricevendo una risposta da dentro. Le voci gridavano: libertà!

Mentre cercavano di comunicare con l’esterno, alcune persone recluse sono state minacciate di venir denunciate se avessero continuato a comunicare con i solidali.

Oggi abbiamo scoperto che dentro al CPR, ci sono diverse persone in sciopero della fame, almeno tre in zona verde e qualcuno in zona rossa. Uno non mangia da tre giorni, altri hanno iniziato tra ieri e oggi. Da dentro, chiedono di condividere fuori la notizia del loro sciopero; la rivendicazione è la libertà, tutti vogliono uscire da lì.

Nel frattempo, la rete No Cpr di Milano ha riportato nuove notizie sul suicidio avvenuto nel Cpr di Gradisca, che riportiamo qui sotto anche se non abbiamo ancora avuto modo di confermarle:

La notte tra il 5 ed il 6 dicembre 2021 avevamo diffuso la notizia di un giovane suicidatosi nel CPR di Gradisca di Isonzo. Si pensava inizialmente si trattasse di un marocchino. Si tratta invece di un cittadino tunisino di 44 anni. Il suo nome è Anani Ezzeddine. La famiglia è stata informata prontamente dalle autorità competenti; anche loro chiedono di comprendere le ragioni del suicidio. In questi giorni sempre nel CPR di Gradisca diverse sono state le segnalazioni di persone che hanno tentato il suicidio, che sono state salvate e sostenute dai compagni di cella. Nel caso di Anani non c’è stato nulla da fare.

Ieri, mentre noi eravamo a Gradisca, altre persone si sono mobilitate sia contro il CPR di Milano sia contro il CPR di Ponte Galeria, vicino a Roma.

Contro tutti i lager, contro tutti i confini.

[L’immagine rappresenta una scritta sull’asfalto, che dice: “Vakhtang, Orgest, BHR, morti di Stato”. La scritta è apparsa ieri al termine del presidio, davanti al CPR.]

 

Un’altra morte di Stato nel CPR di Gradisca

Due settimane fa, Abdel Latif, ventiseienne tunisino, è stato trovato morto, legato al letto, all’Ospedale san Camillo di Roma, dopo essere stato relegato su una nave quarantena e rinchiuso nel CPR di Ponte Galeria, a Roma. Ieri, il sistema delle prigioni su base etnica ha fatto un altro morto: non sappiamo come si chiami, sappiamo solo che era rinchiuso nel CPR di Gradisca d’Isonzo e che ieri mattina era già morto.

Dopo Majid el Khodra, Vakhtang Enukidze e Orgest Turia, aggiungiamo un ennesimo nome ai morti di Stato del lager della nostra regione. Non dobbiamo smettere di far arrivare la nostra solidarietà a chi è rinchiuso e non dobbiamo smettere di dire che i CPR vanno distrutti.

Contro tutti i Cpr: presidio a Gradisca

Il Cpr di Gradisca – precedentemente noto come Cpt e Cie – ha riaperto il 17 dicembre 2019. Un mese dopo, colpito dalle botte di otto membri delle forze dell’ordine, lì dentro è morto Vakhtang Enukidze, che era nato in Georgia e aveva 38 anni. Tra le varie versioni di quello che è successo nelle ore che hanno preceduto la morte di Vakhtang, noi abbiamo subito creduto e diffuso quella dei suoi compagni di prigionia, che, in cambio della loro testimonianza, hanno ricevuto dallo Stato italiano un decreto di espulsione e sono stati immediatamente deportati nei Paesi di provenienza.

Dopo altri due mesi, a Gradisca e nei territori circostanti cominciava un confinamento sociale per ragioni sociosanitarie, che – tra le altre cose – ha trasformato de facto il centro di accoglienza (Cara) a fianco del Cpr in un altro Cpr, o campo d’internamento.

Nella primavera del 2020, il lockdown ha ridotto brutalmente la presenza solidale sotto le mura del Cpr di Gradisca: le voci delle persone rinchiuse, che per la prima volta avevano valicato il muro di cinta raccontando all’esterno la violenza dell’istituzione, per mesi non hanno avuto, lì sotto, nessun orecchio che le ascoltasse. Nel frattempo, le deportazioni si erano fermate, ma i Cpr non hanno mai chiuso: nemmeno il rischio di un collasso sanitario e di una strage di esseri umani intrappolati hanno potuto incrinarne l’esistenza.

Durante l’estate, il Cpr di Gradisca ha ammazzato un’altra persona. Il suo nome era Orgest Turia ed è morto dopo un’overdose di farmaci: la verità sulla sua morte, come su quelle di Vakhtang e dei morti delle carceri di marzo, sta subendo un processo di insabbiamento con molti responsabili.

Come si è detto più volte in questo ultimo anno, la pandemia ha esacerbato le differenze sociali, pur non avendo innescato il conflitto. Tra i gruppi subalterni che hanno subito più forte la crisi sociosanitaria e la costrizione al lavoro in condizioni più pericolose del solito, ci sono le persone senza cittadinanza italiana, senza documenti regolari oppure appese al ricatto del rinnovo del permesso di soggiorno.

Le migrazioni sono un fenomeno antropologico connaturato all’essere umano, ma nella storia sono avvenute in varie forme e per varie ragioni. Il sistema globale neoliberista prevede lo sfruttamento di molte aree della terra e di popolazioni per il benessere di alcune specifiche aree, popolazioni e classi sociali. A causa di questo sistema, molte persone sono costrette a spostarsi contro la loro volontà; altre sono costrette a fuggire dalle bombe e dalla repressione; altre scelgono di muoversi per altre ragioni. L’esistenza delle frontiere, la gestione razzista e classista dei passaporti e dei visti e la militarizzazione dei confini europei di terra e di mare rendono i viaggi migratori una scommessa di vita o di morte per migliaia di persone. Per chi approda in Europa, si apre un altro viaggio tra minaccia dell’irregolarità, lavoro nero e razzismo sistemico.

Come scrive la rete Mai più lager, che il 24 aprile si mobiliterà contro i Cpr in varie città italiane, «I CPR, di tale percorso, sono l’epilogo, la fase terminale espulsiva di un sistema respingente e repressivo, lì dove alla negazione del diritto e dell’accoglienza si aggiungono la privazione della libertà e l’offesa della dignità personale, prima della rispedizione al mittente».

Sabato 24 aprile saremo a Gradisca per ricordare a quella città che sta ospitando un lager e per far sapere a chi è dentro che qualcuno è loro solidale e crede che quel posto non vada reso migliore ma raso al suolo.

Nel frattempo, a Trieste, chi agisce in solidarietà alle persone in arrivo dalla Rotta balcanica subisce sta subendo viene accusato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Da Gradisca a Trieste, siamo solidali con l’associazione Linea d’ombra: per noi, gli unici che favoriscono l’immigrazione clandestina sono gli Stati e i governi che impediscono l’immigrazione cosiddetta legale.

Volantinaggio contro la coop Edeco a Battaglia Terme (PD)

Mentre la Cooperativa Edeco si macchia le mani del sangue delle persone senza documenti gestendo” il CPR di Gradisca d’Isonzo, poco lontano, in provincia di Padova, si aggiudica innocentemente appalti per la conduzione di nidi e scuole per l’infanzia.

C’è chi ha deciso di rendere noto il ruolo di Edeco nella gestione di uno di quelli che sono i moderni campi di concentramento italiani, attraverso un volantinaggio massivo nella città sede della cooperativa stessa, Battaglia Terme (PD).

Il CPR esiste per le ragioni sistemiche che non smettiamo mai di ricordare, ma esiste anche perché c’è chi lo mantiene in vita lavorandoci e traendo profitto sulla pelle di chi vi è rinchiuso.

È  per questo che non è affatto marginale il ruolo di Edeco, come di qualsiasi altro ente che grazie ai suoi servizi permette il suo funzionamento.

È  per questo che bisogna sempre ricordare chi è complice dell’esistenza di questi lager.

Pubblichiamo qui il volantino che è stato distribuito a Battaglia Terme.

PESTAGGI E FERITI NEL CPR DI GRADISCA – notte 14/08

Questa sera alcuni detenuti raccontano che ci sono stati degli incendi a seguito del pestaggio di alcuni altri detenuti nella zona rossa. Il fuoco, nel CPR di Gradisca, ci raccontano che c’è ogni sera! Ogni sera, a seguito di una giornata di pesanti soprusi, nel CPR di Gradisca avvengono piccole rivolte. Ma oggi la repressione sembra essere stata più violenta ed i fuochi un po’ più grandi: nel video che alleghiamo si vede un ragazzo che uscendo un po’ dalla cella viene preso di mira da due forze dell’ordine una in seguito all’altra, una volta rientrato in cella ci rimane insanguinato e richiedendo il suo zainetto. Condividiamo anche le foto di un altro detenuto a terra con la bava alla bocca. Per tutelare la sua identità non metteremo i video da cui sono stati estratte queste immagini, ma questa persona sembra avere urgente bisogno d’aiuto. Non sappiamo né come stia ora né dove sia! Chiunque possa faccia qualcosa!

Sappiamo che è possibile che abbiano ritirato i cellulari ad alcuni detenuti. Alle 2 la situazione sembrava essere più calma ma fino a dopo la mezzanotte non sembrava essere finita. Stavano venendo tagliate delle inferriate con una flex e pompieri e f.d.o. sono entrate in alcune stanze. I media locali, per l’ennesima volta, hanno prontamente diffuso una narrazione della vicenda parziale che, in questo caso, vedeva come vittima un carabiniere e come carnefici i detenuti.

Senza il coraggio dei detenuti che, rischiando la loro incolumità, diffondono le notizie con l’esterno, non sapremmo mai le atrocità quotidiane del lager, e la storia dei CPR la scriverebbero solo le loro guardie.

I CPR sono luoghi di morte e oppressione anche quando non ci muore nessuno, ma a Gradisca sono già morte due persone. Oggi è passato un mese dalla morte di Orgest Turia. La violenza nei CPR è costante, ad un trattenimento ingiusto e al terrore di essere deportati, si aggiungono costanti soprusi (secondo quanto ci raccontano nel CPR di Gradisca il cibo viene passato sotto le sbarre, le persone sono costrette tutto il giorno in gabbie, non vengono forniti cambi vestiti o lenzuola, l’attenzione medica è scadente e difficilmente accessibile, il cibo causa problemi intestinali e molto altro).

Negli ultimi giorni sembra siano state trasportate nel CPR, direttamente da Lampedusa, diverse persone appena arrivate.

I CPR sono dei lager letali. Che i muri dei cpr possano cadere e tutti i detenuti siano liberati!

AGGIORNAMENTO 15/08 MATTINA: Verso le 4 di notte sembra siano entrati in CPR ad arrestare almeno un detenuto tra i testimoni dei pestaggi avvenuti ieri notte in un’area dell’ala rossa. La situazione ci sembra strana: La maggior parte dei detenuti sostiene che la rivolta di ieri fosse come quelle che accadono molto spesso.

(Attenzione : video ed immagini con contenuti forti)

 

 

Qui ci sono i responsabili! Presidio sotto la prefettura di Gorizia

QUI CI SONO I RESPONSABILI DEL CPR! NON VOGLIAMO IL CPR, GIÙ LE MURA DEL CPR SUBITO!

Lunedì 20 luglio, ore 19: presidio sotto la Prefettura in Piazza Vittoria a Gorizia.

17 dicembre 2019: apre il CPR, l’appalto è affidato a EDECO di Padova, la cooperativa plurindagata che gestiva la struttura dove era morta Sandrine Bakayoko nel 2017.

17 gennaio 2020: nel CPR muore Vakhtang Enukidze, un uomo georgiano di trentotto anni. I testimoni sostengono sia stato ammazzato di botte dalla polizia nel CPR e che le violenze siano una costante nel centro, la sorella sostiene che non avesse problemi di salute e che la sera prima della morte stava molto male e chiedeva aiuto. Vengono sequestrati i cellulari ai testimoni che poi vengono rapidamente rimpatriati. L’avvocato del Garante dei diritti delle persone detenute fa una dichiarazione strategica ai media: a ridosso dell’autopsia, sostiene che sia morto per edema polmonare acuto e non per le percosse subite. Nonostante si tratti della stessa ragione clinica della morte di Cucchi, la dichiarazione permette di far calare il silenzio sulla morte di Vakhtang e sulla chiusura del CPR. L’esito degli esami istologici e tossicologici non è mai stato comunicato.

Lockdown, marzo-maggio 2020: Il CPR rimane aperto nonostante i voli di rimpatrio siano bloccati. Nel CPR ci sono dei casi di Covid-19, i detenuti positivi al virus vengono tenuti in cella con i compagni negativi, ci rivelano i reclusi. Ci dicono: “è come se Hitler fosse tornato alla terra”. Viene aperta l’ala ancora inagibile (!) del CPR, dove viene creata una struttura di quarantena, non sappiamo quante persone siano state portate via, quante si siano ammalate e quante siano morte.

14 luglio 2020: muore un ragazzo albanese, del quale ancora non si sa il nome. I testimoni raccontano di averlo trovato la mattina alle 6 morto, dicono che gli sono stati somministrati troppi psicofarmaci ed è morto nel sonno. Sembra che anche in questo caso, dalle prime ore della mattina, siano stati tolti i cellulari ai reclusi per le indagini. La reazione è agghiacciante: vari media parlano inizialmente di rissa tra detenuti e la Garante comunale, una delle poche figure che può entrare a sorpresa, “prenota” una visita con largo anticipo e garantisce che si sta informando.

14 luglio 2020: Un ragazzo viene trovato in fin di vita nel CPR, vari media, senza ritegno, sostengono sia colui che ha ucciso il ragazzo albanese e che poi ha tentato di suicidarsi (!). In realtà, si tratta di un giovane dal Marocco, finito nel CPR, come la maggior parte delle persone, per errore e cattiveria, e come il compagno di stanza albanese, non si è risvegliato la mattina ed è finito in terapia intensiva per overdose di psicofarmaci ricevuti e assunti la sera prima. Le sorelle passano la giornata a chiamare la struttura, gli avvocati e qualsiasi numero trovino, non hanno notizie del fratello dalla sera prima. La struttura non le informerà mai, solo attraverso altre vie scoprono la notte del fratello in terapia intensiva e si catapultano a Gorizia.

15 luglio 2020: Si sviluppa un nauseante dibattito mediatico che coinvolge sia le figure istituzionali, dalla sindaca alla garante, sia le forze dell’ordine (ma non i detenuti, sia chiaro) sull’abuso e traffico di psicofarmaci nel centro. Nessuno parla di chiusura a seguito del secondo morto. Con la complicità dei media, il dibattito cerca di creare l’immaginario dei detenuti-tossici (a priori), dello smercio di sostanze (che, se esistesse, vorrebbe dire che è alimentato da qualcuno che dentro il CPR può accedere) e delle difficoltà di chi lavora nella struttura. Il tutto lascia intravedere la volontà di far scivolare le responsabilità della morte sugli altri detenuti.

Noi sappiamo invece che il CPR è una struttura che produce morte di per sé, sappiamo che può chiudere e sappiamo che alcuni dei responsabili della sua apertura stanno nella prefettura di Gorizia, la stessa che ha confermato il foglio di via a persone dell’Assemblea per essere state incrociate da una pattuglia a Gradisca prima dell’apertura del centro.

Invitiamo chiunque vuole che crollino le mura del CPR a venire a dirlo nel luogo dove ci sono i responsabili. I reclusi saranno avvisati di quest’iniziativa.

Per Vakhtang, per il ragazzo albanese, perché non ci sia nessun altro morto da ricordare!

PRESIDIO DAVANTI AL CPR-CARA

Domenica 14 giugno dalle 17:00 andremo in presidio davanti al CARA e al CPR di Gradisca, per:

  • esprimere solidarietà e vicinanza a tutti i reclusi del cpr che hanno dovuto passare gli ultimi mesi, oltre che reclusi, anche con l’angoscia di ammalarsi e di essere lasciati morire;

  • essere testimoni di quello che, ancora una volta e nonostante le minacce di ripercussioni, chi è costretto nel CPR vorrà raccontarci;

  • esprimere solidarietà a chi è stato segregato nel CARA e nel vicino centro di quarantena. Persone che hanno visto la propria libertà ulteriormente limitata in questo periodo e che vengono trattate dai media e dalla politica istituzionale come oggetti;

  • tornare fisicamente a continuare la lotta. Farlo ci sembra il modo migliore per esprimere solidarietà anche alle compagne e i compagni che, come noi, si oppongono a frontiere e CPR e che lo scorso 13 maggio sono state colpite dalla repressione a Bologna;

  • Ribadire che tutti i muri dei CPR devono cadere

In questi mesi il CPR ha dimostrato tutta la sua funzione: uno degli ingranaggi fondamentali di quella macchina del ricatto che pemette ci siano interessi da tutelare e vite sacrificabili per la causa. Lo dimostra il fatto i CPR sono stati aperti,nonostante l’emergenza sanitaria in corso e nonostante i rimpatri fossero bloccati. I CPR erano lì, solo a dimostrare che il ricatto di essere deportati era sempre reale. Un ricatto di cui Confindustria e Coldiretti hanno bisogno, come avevano bisogno che le industrie non chiudessero durante l’emergenza, assumendo che le persone potevano ammalarsi, ma i loro profitti non potevano calare. Lottare per la chiusura di tutti i CPR e la libertà di tutti i rinchiusi è un passo per la libertà di tutte e tutti noi. Nella tregua di quest’emergenza sanitaria, ri-torniamo in piazza, con la consapevolezza che non è come se nulla fosse successo in questi mesi.

Al fine di costruire uno spazio che garantisca la tutela di tutte e tutti, chiediamo di arrivare munite di mascherina e di mantenere adeguate distanze.

Passeggiata contro il CPR

SABATO 4 APRILE ORE 14:00

PASSEGGIATA CONTRO IL CPR

Sabato 4 aprile torneremo sotto le mura del CPR di Gradisca per ricordare alle persone recluse che non sono sole, che pensiamo che luoghi del genere non debbano esistere e che siamo solidali alla loro lotta per la libertà.

Ci torniamo per essere ancora una volta testimoni di quello che ci vogliono raccontare e che altrimenti nessuna/o potrebbe mai sapere.

Ci torniamo perché un mondo in cui esistono luoghi di morte come i CPR è un mondo in cui nessuna di noi può essere davvero libera.

DALL’APERTURA DEL CPR ALLA MORTE DI VAKHTANG

Il 17 dicembre 2019 ha aperto il CPR di Gradisca. Dopo circa una settimana sono avvenuti i primi ricoveri massivi di detenuti che avevano ingerito lamette e sapone per non essere deportati. A inizio gennaio 2020 sono scoppiate le prime rivolte: otto persone sono riuscite a liberarsi, tre sono state riprese. Il 18 gennaio è morto Vakhtang. Appresa la notizia della morte, alcune persone si sono radunate all’esterno della struttura per ascoltare la voce dei detenuti e diffondere le loro testimonianze. I detenuti hanno comunicato di aver visto Vakhtang brutalmente pestato delle guardie e trasportato via per i piedi. Hanno poi raccontato che, in quei giorni, chiunque provasse a parlare con l’esterno veniva picchiato; ci hanno detto di essere costretti a passare le giornate dentro piccole gabbie, di ricevere il cibo da sotto le sbarre, di avere reti elettrificate attorno.

Solo grazie al coraggio dei reclusi e alle loro testimonianze i media sono stati costretti a parlare di Vakhtang e della brutalità dei CPR. Da quel momento è iniziata una risposta diffusa, alcuni giornali parlarono di “un nuovo caso Cucchi”. Poi, il 27 gennaio, il consulente nominato dall’avvocato del Garante dei detenuti, a seguito dell’autopsia, prima del deposito dei risultati ufficiali – ad oggi non ancora avvenuto – ha dichiarato che Vakhtang non fosse morto a causa delle botte, ma a causa di un edema polmonare. La sua dichiarazione ha permesso di stroncare il fermento che si stava creando attorno al CPR di Gradisca e che lo voleva chiuso subito: “non è stato ucciso dal pestaggio” appariva sui media nazionali il giorno seguente alla dichiarazione. La famiglia di Vakhtang, subendo pressioni da varie parti, non si è costituita parte civile nel processo. La storia di Vakhtang probabilmente cadrà, a livello legale, nel nulla: come ci dimostrano gli stessi CPR, la legge non è fatta per essere uguale per tutti e non è attraverso quella che si otterrà giustizia per Vakhtang! Per chi non lo sapesse, edema polmonare è la stessa causa indicata nella perizia di parte sulla morte di Stefano Cucchi, ma questo il Garante non l’ha precisato ai giornali.

COSA È SUCCESSO NEL CPR DOPO LA MORTE DI VAKHTANG?

Subito dopo la morte di Vakhtang, all’interno del CPR sono stati sequestrati i cellulari, separati i detenuti e in moltissimi deportati verso il pease d’origine. La maggior parte delle persone che avevano avuto il coraggio di far uscire la loro voce fuori, che avevano fatto sapere del pestaggio a Vakhtang, è stata punita nel peggiore dei modi: con un rimpatrio nel paese di origine. Le deportazioni dal CPR di Gradisca sono avvenute in svariate forme, nessuna delle quali ha previsto il coinvolgimento dell’avvocato della persona in questione. A B.S. hanno comunicato che lo avrebbero spostato momentaneamente a Bologna, per poi metterlo su un volo per il Gambia; A M.A. è stato detto che lo avrebbero portato a Catania per curare la sua epatite C, per poi metterlo su un volo diretto in Tunisia.

Questo inferno continua ad esistere ogni giorno e solo continuando a tessere una rete con i reclusi sarà possibile riportare queste atrocità all’esterno.

La lotta contro i CPR è una lotta per la libertà di tutte: tutti i muri dei CPR devono cadere.

La passeggiata partirà alle ore 14:00 dal centro commerciale “La fortezza”.

SOLIDARIETÀ CONTRO TUTTI I CPR

SOLIDARIETÀ CONTRO TUTTI I CPR

V.E., di trentasette anni, georgiano, è stato ammazzato di botte delle forze dell’ordine nel Cpr di Gradisca d’Isonzo (GO) gestito dalla cooperativa EDECO di Padova.

Le voci dei suoi compagni reclusi ci dicono che ieri otto poliziotti in tenuta antisommossa l’avevano raggiunto nella sua cella e l’avevano accerchiato e picchiato. Lui era caduto, sbattendo la testa. A quel punto, dei poliziotti gli avevano messo i piedi sul collo e sulla schiena e l’avevano portato via ammanettato.

Poi è morto. La sua morte non è stata comunicata ai compagni reclusi, che ne sono comunque venuti a conoscenza e che ora ripetono che V.M. ha subito violenze da parte delle forze dell’ordine. NON È MORTO PER UNA RISSA CON GLI ALTRI RECLUSI.

Il Cpr, aperto da un mese, ha già ucciso.

Domani ci troviamo, alle 14.30 puntuali, a Gradisca, sulla SR305, all’altezza del centro commerciale La Fortezza, perché è terribile quello che hanno fatto. Per mostrare la nostra solidarietà a chi è rinchiuso nel lager di Gradisca e sta subendo la violenza della repressione mista al dolore della morte di un compagno.

Prima di quanto ci aspettassimo, una persona è morta in quel luogo di morte.
Come sempre, e più che mai: libere tutte, liberi tutti!

[diffondete il più possibile!]

 

SABATO 11 GENNAIO h 14:00 MANIFESTAZIONE

HA APERTO UN LAGER A GRADISCA

PORTIAMO LA NOSTRA SOLIDARIETÀ AI RECLUSI

SABATO 11 GENNAIO h 14:00 MANIFESTAZIONE

ritrovo nei pressi del centro commerciale la fortezza (SR305 prima CPR venendo dal ponte) Gradisca

Martedì 17 dicembre, dopo un anno di allerta, il CPR di Gradisca D’Isonzo ha aperto davvero. Noi abbiamo portato la nostra solidarietà e il nostro sostegno alle persone che sono state e che, nei prossimi giorni, vi saranno rinchiuse.

Ribadiamo che i CPR sono delle prigioni nelle quali le persone rinchiuse (non detenute, perché l’internamento non è determinato da una sentenza penale) sono private della propria libertà e dignità. Spesso la loro unica colpa è non essere in possesso di un documento valido: per chi non ha la cittadinanza italiana, questo può avvenire dopo la scadenza di un permesso per lavoro o per studio, o di un visto turistico, oppure se una richiesta di asilo politico viene rigettata.

Violenze, abusi, ricatti, assenza di cure mediche adeguate, somministrazione farmacologica involontaria, condizioni igieniche carenti sono fatti di cronaca che quotidianamente ci giungono dagli altri CPR aperti in Italia. Altrettanto frequenti sono le notizie di scioperi della fame, episodi di autolesionismo, fughe, vere e proprie rivolte che in alcuni casi hanno reso inagibili queste strutture. Si tratta della inevitabile ribellione di chi è ingiustamente privato della libertà.

Vogliamo vivere in un territorio dove nessuna persona possa essere rinchiusa o respinta a causa di provenienza geografica, tratti somatici o condizione economica. Non saremo mai complici silenziosi di questi lager, strumenti di ricatto per ottenere una forza lavoro più economica e obbediente. Espressioni di un mondo ingiusto, repressivo e pieno di odio.

Non vogliamo e non possiamo accettare che l’esistenza di questa struttura di coercizione passi nell’indifferenza. Non possiamo lasciare solo chi ci verrà internato.
Vi invitiamo numerose/i a Gradisca SABATO 11 GENNAIO a manifestare la nostra solidarietà ai reclusi nel CPR per affermare il diritto di libertà e di autodeterminazione di tutte e tutti.

GIÙ LE MURA DEL CPR ! TUTTI LIBERI! TUTTE LIBERE !