La “nuova” coop sociale Tucso, ovvero nome nuovo e stesso schifo

È dei primi mesi di quest’anno la notizia, riportata da alcune testate locali, che la vecchia coop Edeco è stata sostituita con un’operazione di scissione d’impresa dalla “nuova” coop Tucso, a sua volta un ramo della coop Tuendelee. L’idea è la solita: rimescolare ogni tanto qualche carta per continuare indisturbati con le propre usuali attività, mantenendo ovviamente invariati i propri sporchi traffici, appalti pregressi compresi.

A inizio 2020, la ex-Edeco chiude l’attività, entra in liquidazione e viene cancellata dall’elenco regionale veneto delle cooperative sociali. Cambia nome, domicilio – Tucso si trova ora in via Pescheria 17, sempre a Battaglia Terme (Pd), per chi si trovasse a passare di là – e direttivo, con un bel giro di giostra che sembrerebbe vedere alla guida di Tucso non più Sara Felpati, moglie di Simone Borile, diventata consigliera, ma Gabriele Milani, prima amministratore delegato di Edeco.

Il sistema è comunque ben collaudato: ai tempi della morte di Sandrine Bakayoko e delle rivolte al campo di Cona (Ve), la coop si chiamava Ecofficina; poi, come noto, prende il nome di Edeco, collezionando due morti nel Cpr di Gradisca e due processi carico a Venezia e Padova per intrallazzi con alti funzionari delle locali Prefetture sull’affidamento e gestione dei sevizi di reclusione e sfruttamento di persone migranti; ora, appunto, è diventata Tucso.

Il Comune di Padova, dove Tucso oggi continua a gestire in tutta tranquillità lo Sprar locale, pare non essersi accorto di niente e la sua assessora al sociale Marta Nalin afferma: «Se la cooperativa Edeco, che è poi diventata Tuendelee–Tucso, ha continuato a gestire fino ad oggi lo Sprar vuol dire che ha potuto farlo perché non sono subentrate condizioni che lo impedivano. Dal punto di vista legale deve essere tutto a posto». Anche l’ex-prefetto di Padova (ora a Genova) Renato Franceschelli, come d’altronde a suo tempo i suoi ex-colleghi presi con le mani nel sacco, non trovava nulla di strano: «Fino a oggi con la nuova coop non c’è stato alcun problema».

Tutto a posto, nessun problema. Quando ci sono di mezzo affari per centinaia di migiaia di euro sulla vita e la morte degli/le ultimi/e degli/le sfruttati/e, non c’è processo che tenga.

Dietro le abituali facciate di “scuole dell’infanzia” – almeno 3 nel padovano, a Lozzo Atestino, Megliadino San Vitale e Villa Estense – “servizi a persone svantaggiate” e “turismo sociale” e le stesse baggianate di prima sui “valori fondamentali del benessere dell’individuo, della carità e della crescita individuale” e sui “legami sociali in contesti accoglienti”, i veri profitti derivano dalla gestione di campi di concentramento dove la gente viene imprigionata, annichilita, picchiata, lasciata morire e uccisa.

Insomma, diverso nome ma stesse facce e ancor più luridi affari.

Per Moussa Balde, Vakhtang Enukidze, Orgest Turia e tutti/e i/le morti/e per la complicità di Tucso, dei suoi affini e di ogni responsabile.

Che i CPR possano bruciare.

Che i profitti di chi si arricchisce su qualsiasi prigione possano andare in fumo.

Solidarietà ai rivoltosi.

Liubomyr libero, liberi tutti

Per chi suona la fisarmonica?

Liubomyr Bogoslavets è un musicista di origine ucraina che è solito suonare la fisarmonica in piazza Matteotti a Udine. Dall’11 giugno è rinchiuso nel Cpr di Gradisca d’Isonzo dove, dal dicembre 2019, sono passate centinaia di persone come lui: cioè persone senza documenti regolari.

Questa storia, a differenza delle storie delle centinaia di persone rinchiuse, è riuscita a bucare il muro della vera fortezza di Gradisca, il Cpr, e a far emergere la violenza della detenzione delle persone senza documenti. Per esempio, oggi (sabato 19 giugno 2021) a Udine si terrà un flashmob musicale in solidarietà a Liubomyr: musicisti e musiciste suoneranno insieme This land is your land di Woody Guthrie, ognuno con il proprio strumento. «Ma come? Liubomyr era un volto noto, uno che non faceva male a nessuno, come è possibile che rischi la deportazione?», ci si chiede.

Lo stiamo ripetendo da anni. Nessuno viene rinchiuso a Gradisca perché «ha fatto male a qualcuno»: si viene rinchiusi a Gradisca perché non si hanno documenti regolari. Sono state rinchiuse a Gradisca persone che erano in Italia da quasi tutta la vita, ci sono state persone che stavano per diventare padri, persone che hanno studiato in Italia, insieme a persone che erano appena sbarcate a Lampedusa
o che erano uscite dall’accoglienza con un negativo in commissione o che avevano finito di scontare una pena. Ci sono state persone di tutti i tipi e di tutte le provenienze: dalla Georgia all’Albania, dalla Russia al Pakistan, dall’Egitto al Venezuela. Ognuna di loro era il volto noto di qualcuno e aveva una propria storia, come Liubomyr. Solo che le loro storie non hanno avuto la forza di bucare quel muro, anche se in questi anni l’Assemblea ha provato a raccontarne alcune, che si trovano sul blog, a mo’ di archivio.

Liubomyr deve uscire dal Cpr non perché sa suonare la fisarmonica né perché è conosciuto alle cittadine e ai cittadine udinesi e nemmeno perché non è un soggetto socialmente pericoloso, come è stato scritto: Liubomyr Bogoslavets e con lui tutti gli altri devono uscire dal Cpr di Gradisca perché sono ingiustamente rinchiusi in un posto che non deve esistere.

Che Liubomyr sia libero, che lo siamo tutte e tutti.

Un testo di Divine sulla sua espulsione dall’Italia

Riceviamo e volentieri diffondiamo una testimonianza di Divine, compagno di origini nigeriane, sulla sua espulsione dall’Italia e sulla sua esperienza nel Cpr di Bari.

Un saluto a tutt*

La mattina del giorno 15/07/2019, mi ritrovai gli sbirri in casa che mi chiesero di seguirli per la firma di una notifica.

Arrivati in questura scoprii che la notifica riguardava la mia espulsione per il giorno seguente, così mi portarono e trattennero all’aereoporto di Malpensa.
Naturalmente lo stesso giorno del trattenimento ci fu un processo in stile medievale con tutto già deciso in partenza.

Il giorno seguente, a Malpensa, mi fu detto da uno sbirro che l’espusione era stata bloccata dalla CEDU (corte europea dei diritti umani), così che invece di liberarmi e basta, non soddisfatti degli esiti della corte europea, decisero di rinchiudermi nel CPR di Bari.

Se fino allora gli sbirri erano stati legalisti, nel CPR di Bari gli sbirri sono tutt’altro che sbirri “legalisti”. Vorrei soffermarmi su alcune precisazioni riguardanti il CPR;

1) All’interno del CPR è vietato introdurre telecamere o cose simili.

2) I telefoni vengono forniti dalla struttura stessa (a me personalmente non è mai stato dato…)

3) All’entrata del CPR vieni perquisito come all’entrata di un carcere (il carcere è decisamente meglio) i tuoi effetti personali vengono custoditi da loro, e nel caso tu abbia soldi verranno contati ed anche essi “custoditi” (o meglio incustoditi in tasca altrui dato che all’uscita mi sono quasi fatto menare per averli indietro).

4) La struttura è formata da bracci (spesso nei bracci vieni messo con i tuoi connazionali) ed io ero all’interno di un braccio con una prevalenza di Albanesi.

All’interno del braccio l’aria è nauseante (un mischio di urina e feci), i bagni sono di fronte alle camere, inoltre c’è un soggiorno con una tv dove si mangia
ed un campetto dove stare all’aperto.

-Le camere sono formate da semplici file di letti nei quali non ci sono nemmeno lenzuola.

-I bagni sono senza water e l’aria è irrespirabile, con pezzi di escrementi e urina decennali attaccati sulle pareti del bagno e delle docce (le docce sono di fianco al water) i lavandini anche essi di fianco ai water (ugualmente sporchi di escrementi).

5) Il cibo viene drogato di psicofarmaci  tranquillizzanti.

Ora, a distanza di quasi due anni, si è tenuta l’udienza definitiva della corte europea, la quale ha delegato la decisione sulla mia espulsione al governo italiano, che ovviamente mi ha espulso.

L’elenco è lungo  ma le cose principali sono queste. Io non sono sorpreso dal trattamento riservato ai senza documenti. Non sono sorpreso dal fatto che mi vogliano espellere; del resto lo stato è lo stato, e come tale vuole salvaguardare i suoi interessi!  Sappiamo tutti come si comporta lo stato con i suoi nemici. E nulla ci deve più sorprendere, ma al contrario prepararci a sferrare un pugno più potente cercando di schivare i colpi. Siamo noi che dobbiamo sorprendere loro e non viceversa.

Divine.