CPR DI GRADISCA: L’ITALIA DEPORTA PERSONE ARRIVATE IN BARCA A LAMPEDUSA DA GRADISCA + MANCATO SOCCORSO + MINACCIA DI TRASFERIMENTO A PONTE GALERIA

Alcuni detenuti ci raccontano di essere arrivati il 9 giugno a Lampedusa con 3 gommoni da 20 persone ciascuno. Ci raccontano che era la prima volta che arrivavano in Italia, e che, nonostante le loro richieste d’asilo politico, sono stati rimbalzati tra Taranto, Bari e Roma per poi essere spediti, in almeno 16, al CPR di Gradisca. Ci raccontano che dal loro arrivo al CPR di Gradisca non gli è mai stato assegnato un avvocato d’ufficio, nonostante le loro richieste, e quindi non gli è stata data la possibilità di richiedere asilo politico.

Ci comunicano che in queste ultime settimane ogni lunedì nel CPR di Gradisca avviene un ricambio di circa 20 persone, tra chi viene trasferito e chi viene deportato. Ci ripetono che trasferiscono le persone alle 5 di mattina ammanettandole e che non sanno dove le trasportino.

Ci raccontano che da quando hanno iniziato i trasferimenti a Ponte Galeria (di cui avevamo parlato qui) il clima è peggiorato: chiunque protesta viene portato via e, ci raccontano, in assenza di proteste i soprusi sono maggiori, ci dicono di essere trattati “come cani”.

La settimana scorsa, una di queste persone arrivate in barca dalla Tunisia ha iniziato una protesta poiché, ci dicono, non gli venivano dati i medicinali: ha ingoiato delle lamette e chiamato soccorso. Il video che alleghiamo rappresenta degli attimi un po’ dopo quest’avvenimento. Si vede del personale del CPR che alza per le braccia il ragazzo, trascinandolo a peso morto come un sacco per circa un metro. In seguito però si fermano, forse per gli sguardi indiscreti dei video, ed inizia un bisticcio tra i due membri del personale, in giacca rossa, su quale sia la procedura per alzare un corpo. I toni della discussione si alzano (“Non è questa la tecnica!”, “Servono due operatori!”, “vedere se risponde agli stimoli!” si sente) e il battibecco si conclude con l’allontanamento dei due membri del personale, lasciando quindi il ragazzo per terra, come se non si trattasse di un corpo umano in evidente difficoltà.

Altri detenuti ci tengono a riferire che, secondo loro, il personale medico del CPR, intervenuto in seguito, puzzava di alcool e che il giovane è stato inizialmente solo riportato in cella senza ricevere ulteriori aiuti.

Ad oggi, questa persona continua ad accusare malori e chiede aiuto all’esterno, dice che non lo aiutano e che lì è “proprio un inferno“.

Esistono almeno due tipi di deportazioni forzate in Italia: quelle di coloro che hanno una vita costruita qui e che perdono il permesso di soggiorno (i rimpatri) ed i respingimenti “a caldo”, non appena le persone, stremate da un viaggio atroce, spesso durato anni, mettono piede in Italia. Se i rimpatri sono orridi strumenti di ricatto legali dal ‘98 (Turco-Napolitano) i respingimenti continuano ad essere illegali se una persona richiede asilo politico. Tuttavia, sulla rotta Balcanica, da diversi mesi, l’Italia si è inserita nei respingimenti a caldo oltre le frontiere Europee di persone richiedenti asilo: da Trieste le persone vengono caricate su dei furgoni o pullman e spedite in uno snodo in Slovenia dove vengono trasbordate per poi essere respinte fino alla Bosnia e alla Serbia (quelle che qui chiamano, tentando di darvi parvenza normale, “riammissioni” in Slovenia). Ora anche i respingimenti a caldo che interessano la rotta del Mediterraneo centrale passano per questa regione !

Lo Stato che vuole il CPR, la cooperativa EDECO che lo gestisce, chi ci guadagna uno stipendio, chi ci guadagna un appalto sono tutti complici di quest’atrocità. Non essere complici significa reagire e non soccombere all’indifferenza:

NEL 2020 A GRADISCA C’ERA UN LAGER PER “PERSONE STRANIERE”, E TUTTI SAPEVANO.

Biciclettata contro tutti i CPR – 13 settembre 2020

Domenica 13 settembre, si è svolta una biciclettata contro il CPR di Gradisca d’Isonzo e tutti i lager di Stato, in solidarietà ai reclusi del centro di Gradisca. Alcune decine di antirazzist* hanno percorso in bici le vie di Gradisca e Sagrado con vari cartelli, distribuendo volantini e facendo brevi interventi ai passanti. Ci sono stati diversi passaggi davanti al CPR di Gradisca, dove le urla “freedom, hurriya, libertà!” hanno trovato subito eco nei reclusi che hanno risposto a loro volta con grida.

Il primo passaggio davanti al CPR è coinciso con l’entrata a sirene accese di un’ambulanza, un’auto medica e un’auto della Polizia, mentre dopo circa un’ora si aggiravano per Gradisca due camionette del reparto mobile della Polizia di Stato, dirette presumibilmente al CPR. Dei reclusi ci dicono che, forse, l’ambulanza era stata chiamata per un recluso della zona blu, per degli atti di autolesionismo.

Nella zona rossa, ci dicono, sono state rinchiuse nuove persone. Molte di queste persone non hanno al momento una scheda telefonica (sim card) e si vedono tagliati i contatti con l’esterno.

La vita nel CPR è la solita merda, e la biciclettata di ieri voleva solo ricordarlo anche ai gradiscani e alle gradiscane nella loro tranquillissima domenica pomeriggio. Come molte/i gridavano ieri: “A Gradisca c’è un lager, anche se i giornali non ne parlano, il silenzio è complicità, bisogna fare qualcosa per la chiusura del CPR!”.