IERI PESTAGGIO, FUOCO E CORONAVIRUS AL CPR DI GRADISCA.

???? I detenuti all’interno del CPR di Gradisca ci informano che uno di loro ieri è stato picchiato dalla polizia e di seguito portato all’ospedale. Ci chiedono di diffondere il video e la richiesta d’aiuto che alleghiamo. Il ragazzo è stato riportato nel Cpr e ora si lamenta ancora per le botte subite. Ci informano che non sta ricevendo alcuna cura.

???? I detenuti ci raccontano che hanno cercato di nascondere per diversi giorni che all’interno del CPR vi era un ragazzo con Coronavirus e che, anche se a seguito del suo trasporto a Cattinara la stanza dove si trovava è stata ripulita, vi hanno rinchiuso altri detenuti.

???? Ci riferiscono inoltre che non è stata presa nessun’altra misura di prevenzione al contagio e per questo, ieri, 29 marzo, durante la notte, i detenuti hanno iniziato una protesta bruciando diversi materassi: chiedono di poter uscire dal centro al più presto.

Come Assemblea No CPR no frontiere ribadiamo che il CPR è un lager, ora più che mai, e va chiuso subito. Le persone rinchiuse nel CPR devono essere liberate immediatamente in modo da poter tornare alle loro case e accedere alle cure sanitarie adeguate.

GIÙ LE MURA DI TUTTI I CPR!

CHIAMATA ALL’INVIO DI E-MAIL PER CHIEDERE LA CHIUSURA DEL CPR DE GRADISCA

I detenuti del CPR di Gradisca d’Isonzo ci hanno chiesto espressamente di fare pressione attraverso lettere ed e-mail su chi tiene in pugno la loro libertà e la loro salute per un’immediata liberazione e per poter tornare a casa, come per altro avvenuto in altri CPR in Europa.

Abbiamo scritto questa mail da inviare al giudice di pace di Gorizia (Giuseppe La Licata), al prefetto di Gorizia (Massimo Marchesiello), al questore di Gorizia (Paolo Gropuzzo) e alla sindaca di Gradisca (Linda Tomasinsig). Vi invitiamo ad inviare queste mail da oggi, 27 marzo, fino alla chiusura del CPR.

Prendetevi un minuto del vostro tempo: copiate e incollate il testo qui sotto ed inviate una mail per la chiusura dei CPR agli indirizzi qui sotto.

Indirizzi:

prefettura.gorizia@interno.it,                                  massimo.marchesiello@interno.it,                     gab.quest.go@pecps.poliziadistato.it,                               gdp.gorizia@giustizia.it,                           sindaco@comune.gradiscadisonzo.go.it

TESTO:

All’attenzione di Giuseppe La Licata, Massimo Marchesiello, Paolo Gropuzzo e Linda Tomasinsig.

Ad oggi, 27 marzo 2020, nel pieno delle misure restrittive contro la diffusione del Coronavirus, circa una cinquantina di persone si trova rinchiusa nel centro permanente per il rimpatrio (CPR) di Gradisca d’Isonzo (GO), costretta a vivere in spazi ridotti e senza la possibilità di autotutelare la propria salute.

Sappiamo dell’esistenza di almeno due casi di Coronavirus all’interno della struttura e ne sono a conoscenza anche i reclusi, che stanno mettendo in atto uno sciopero della fame, perché hanno paura per la propria vita.

Sappiamo che i rimpatri sono fortunatamente sospesi e che quindi quasi tutte le persone rinchiuse in un CPR usciranno per decorrenza dei termini. Il rilascio può essere anticipato, può avvenire ora.

Se da un lato i CPR sono strutture di internamento su base etnica che non dovrebbero esistere in alcun momento, dall’altro l’attuale situazione di emergenza sanitaria può trasformare il mantenimento delle persone in un CPR in pluriomicidio volontario, oltre che in un grande focolaio del CoVid 19.

Chiediamo quindi, dato l’altissimo rischio sanitario in cui si è costretti a vivere nel CPR di Gradisca, l’immediato rilascio di tutte le persone rinchiuse nel CPR così che possano tornare alle proprie case, come è già stato fatto altrove in Europa.

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI. ECCO COSA SUCCEDE NEL CPR DI GRADISCA.

CHIUDERE TUTTI I CPR SUBITO!

Ieri, giovedì 26 marzo 2020, proseguiva lo sciopero della fame all’interno del CPR di Gradisca. I detenuti sono venuti a sapere del caso di coronavirus all’interno; molti sostengono di aver sentito dal personale che le persone infette sono due, e che uno di loro è rimasto assieme alle altre persone fino a ieri. Ci dicono di non aver ricevuto alcun tipo di protezione, che sono spaventati e hanno paura che li stiano lasciando morire lì dentro; si dicono preoccupati per le loro compagne e famiglie lì fuori. Ci hanno espresso anche la loro rabbia, perchè sanno che dovrebbero essere liberati ma che nessuno sta facendo niente, lasciandoli morire.

Ci hanno poi inviato i video che vi alleghiamo chiedendo di diffonderli per far sapere a tutte le persone cosa sono i CPR, e per chiedere di essere liberati da quel lager. I video, dalle immagini molto forti, riportano un detenuto in probabile crisi respiratoria o epilettica portato via da personale dotato di protezioni contro il virus , mentre tutt’attorno le persone detenute ne sono prive. Il video risale a ieri mattina. Ci dicono essere un ragazzo arrivato il giorno anteriore e rinchiuso in una cella da solo.

I detenuti ci chiedono di far circolare queste immagini e queste voci consci dei rischi che si assumono, confidando che la la diffusione di informazioni con l’esterno possa contribuire alla loro liberazione.

Alla fine di un video vi è la dichiarazione di un detenuto, che riportiamo qui:

Ecco, ora sta arrivando il guardiano che viene perchè stanno muorendo persone. Ecco questo è CPR, questo è CPR, fa morire le persone. Ha lasciato chiuso come cane quasi più di 10 giorni, sempre lucchetto chiuso. Com’ è possibile? Com’è possibile? Vuole ammazzare le persone?

Questo CPR è diventato una prigione per ammazzare le persone. Come se è ritornato Hitler al mondo.

Riportiamo qui alcune altre frasi ascoltate durante la giornata di ieri:

The people that want the CPR are hartless people, we are human beings, why they do this? Why they keep us inside here?” [Le persone che vogliono i CPR sono senza cuore, siamo esseri umani, perchè ci fanno questo? Perchè ci tengono qui dentro?]

This is a crime of documents not a crime of criminals, how can people stay inside here [..] we need protesta” [Il nostro è un crimine documenti, non un crimine da criminali, come possono farci stare qui dentro [..] abbiamo bisogno di una protesta]

“Some has contracted sickness here in Gradisca centro. I don’t know why they still keep us here, it is not possible to deport us because the airports are closed” [Qualcuno ha preso il virus qui nel centro di Gradisca. Non so perchè ci continuano a tenere qui, non è possibile deportarci perchè gli aereoporti sono chiusi]

please this judge is very wicked he want people to die inside” [Perfavore, questo giudice (ndt: il giudice di pace di Gorizia) è molto malvagio, vuole che le persone muoiano qui dentro]

CORONAVIRUS NEL CPR DI GRADISCA

SCIOPERO DELLA FAME E ARRIVO DEL CORONAVIRUS ALL’INTERNO DEL CPR DI GRADISCA

Il veloce evolversi della situazione all’interno del lager di Gradisca ci riporta a stretto giro a dover riportare quanto succede dentro, essendo stato accertato il primo caso di contagio da Coronavirus nel campo. A confermare la notizia il Prefetto di Gorizia Massimo Marchesiello, lo stesso individuo che qualche settimana fa, in merito alle fughe – alcune fortunatamente andate a buon fine – di alcuni internati nell’ex-caserma Polonio, aveva parlato di “allontanamento volontario” da un semplice centro di “detenzione amministrativa”; lo stesso che da subito si era prodigato a dichiarare che Vakhtang Enukidze fosse morto in seguito ad una rissa fra detenuti.

Al momento alcuni dei reclusi lamentano tosse e dolori al petto, da giorni chiedono visite mediche ma non viene loro permesso di farsi visitare. Molti, come abbiamo già raccontato nelle ultime ore, sono al terzo giorno di sciopero della fame chiedendo la loro liberazione e per paura di ingerire cibo avariato e del contatto forzato con operatori e guardie potenzialmente infette.

Ma ancora più grave è il fatto che siano tenuti completamente all’oscuro della presenza di un internato risultato positivo al virus.

Nei campi di concentramento per senza-documenti lo Stato non ha nemmeno bisogno di sospendere i colloqui agli ultimi degli ultimi come ridicola misura di contenimento del contagio, visto che non ne hanno nemmeno diritto, come invece ha fatto nelle carceri (come se guardie e operatori non possano essere potenzialmente infetti, mentre i parenti sì). Qui prova a non far circolare la notizia all’interno del campo stesso, contando probabilmente sulla complicità di operatori-secondini (in questo caso quelli della coop Edeco, la cooperativa che gestisce il CPR di Gradisca).

Già diversi casi sono avvenuti all’interno dei carceri (Brescia, Milano, Pavia, Modena, Lecce…) e in una trentina di questi sono scoppiate vere e proprio rivolte, sedate con pestaggi e trasferimenti di massa e 15 morti, “per lo più” di overdose dice lo Stato. Questi e i loro compagni chiedevano di essere liberati per limitare la diffusione del contagio in carceri sovraffollate.

Lo stesso che chiedono anche i reclusi del CPR gradiscano in queste ore, costretti in 6 per gabbia, a mangiare cibo avariato, a vedersi costantemente negate le visite mediche, continuamente minacciati da guardie sempre pronte a pestarli ai fini del “mantenimento dell’ordine interno”. Il richio di diffusione repentina del virus all’interno è un rischio concreto, a Gradisca come in tutti i lager del paese. Non ci importa sapere nè discutere se i CPR sono attrezzati o meno per gestire eventuali contagi al loro interno, l’adeguatezza o meno di visite e cure mediche. Non li critichiamo per questo. Vorremmo vederli ridotti a cumuli di macerie per il fatto di essere luoghi di umiliazione e privazione della libertà di individui non in possesso di un “regolare” pezzo di carta, in attesa di essere riportati con la forza alle condizioni di sfruttamento e miseria da cui sono fuggiti, perchè all’italico sfruttamento non servono più.

TUTTI E TUTTE LIBER* SUBITO

URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

ENGLISH BELOW

URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

LO SCIOPERO DELLA FAME CONTINUA E SI ESTENDE NEL CPR DI GRADISCA.

Arriva la RICHIESTA DI AIUTO dal CPR di Gradisca di diffondere il più possibile le volontà dei reclusi in sciopero.

Chiediamo quindi aiuto a tutt* per una massima diffusione.

Oggi, 25 marzo, continua lo sciopero della fame nel CPR di Gradisca, alcuni detenuti sono al terzo giorno senza mangiare. Ieri sono stati raccolti i nominativi di alcuni di loro, ma per ora non hanno ricevuto alcuna visita medica.

Lo sciopero si è ora esteso, le stime attuali sono di circa 50 detenuti in sciopero. Rispetto ai motivi della protesta comunicati ieri (cibo avariato che crea problemi intestinali e assenza di saponi e ricambi di vestiti), oggi si fa più forte la richiesta di essere liberati.

I reclusi ribadiscono di non essere né animali né criminali, di essere stati messi nel CPR a causa di problemi con i documenti che non possono risolvere stando chiusi nel CPR. Dichiarano che il CPR è ancor peggio di una prigione e che, se il virus entra, si ammalano tutti. Hanno paura, nel caso si ammalassero, che nessuno li aiuterebbe e li lascerebbero morire lì. I reclusi inoltre hanno smesso di mangiare anche per la paura che il cibo sia infetto poiché sia le guardie della struttura sia i lavoratori, che consegnano il cibo sotto le sbarre delle gabbie, escono ed entrano dal centro e potrebbero essere portatori del virus.

I reclusi sanno che altrove ci sono CPR che hanno chiuso e chiedono di essere rilasciati anche loro per poter tornare nelle loro case.

La richiesta a chi è fuori è di aiutare a che le volontà della loro protesta siano ascoltate.

Come assemblea no cpr, chiediamo che tutt* facciano qualcosa.

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URGENT: HELP REQUEST FROM THE CPR

THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND EXTENDS IN THE CPR OF GRADISCA.

SOS: THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND MORE PEOPLE JOIN IT

The HELP REQUEST from the Gradisca CPR is to spread as much as possible the will of the detained people on strike.

Therefore we ask everyone for help for maximum diffusion of this message.

Today, March 25, the hunger strike continues in the Gradisca CPR, some of the people are on the third day without eating. Yesterday some of their names were collected but so far they have not received any medical examination.

The strike has now extended, current estimates are of roughly 50 people on strike. The demands to be freed are made stronger to the complaints declared yesterday (rotten food that creates intestinal problems and the absence of soaps and clothes).

The people in the CPR reiterate that they are neither animals nor criminals, that they have been placed in the CPR due to problems with the documents that they cannot resolve by being closed in the CPR. They declare that CPR is even worse than a prison and that if the virus enters they all get sick. They are afraid that nobody would help them and would let them die there. The detainees also stopped eating also for fear that the food would be infected as both the guards of the facility and the workers, who deliver the food to them under the bars of the cages, leave and enter the center and may be carriers of the virus.

The people inside the CPR know that in other parts there are CPRs that have closed and ask to be released as well in order to return to their homes.

The request to those outside is to help the wills of their protest be heard.

As a non-cpr assembly, we ask to everyone to do something to help them.

Sciopero della fame!

Ci arriva la notizia che diverse persone nella zona rossa del CPR di Gradisca sono in sciopero della fame da ieri, 23 marzo 2020.
Le motivazioni della protesta sono:
    
  1. La pessima qualità del cibo, probabilmente scaduto, che sta provocando a tutti i detenuti problemi intestinali da giorni ;
  2. Le condizioni igieniche del Cpr e l’impossibilità di avere vestiti e lenzuola pulite e prodotti per l’igiene personale (come uno shampoo);
  3. La paura per la diffusione, all’interno del centro, del Coronavirus: fino a 5 giorni fa, hanno continuato a portare dentro persone nuove, nonostante si fosse raggiunto il limite di capienza. Chiunque entri nel centro, compresi gli operatori e chi distribuisce il cibo, potrebbe essere portatore del virus.  
  4. La volontà di uscire dal CPR per poter tornare alle loro case
Per noi dell’Assemblea no CPR – no frontiere FVG, l’emergenza Coronavirus rende ancora più evidente come vivere dentro i centri di internamento, come anche all’interno di tutte le altre carceri,  sia insostenibile. Di fronte al rischio per la vita di centinaia di persone, di trattenute/i e di prigionieri/e, chiediamo la liberazione immediata di tutti i reclusi e le recluse nei CPR e nelle carceri.

Passeggiata contro il CPR

SABATO 4 APRILE ORE 14:00

PASSEGGIATA CONTRO IL CPR

Sabato 4 aprile torneremo sotto le mura del CPR di Gradisca per ricordare alle persone recluse che non sono sole, che pensiamo che luoghi del genere non debbano esistere e che siamo solidali alla loro lotta per la libertà.

Ci torniamo per essere ancora una volta testimoni di quello che ci vogliono raccontare e che altrimenti nessuna/o potrebbe mai sapere.

Ci torniamo perché un mondo in cui esistono luoghi di morte come i CPR è un mondo in cui nessuna di noi può essere davvero libera.

DALL’APERTURA DEL CPR ALLA MORTE DI VAKHTANG

Il 17 dicembre 2019 ha aperto il CPR di Gradisca. Dopo circa una settimana sono avvenuti i primi ricoveri massivi di detenuti che avevano ingerito lamette e sapone per non essere deportati. A inizio gennaio 2020 sono scoppiate le prime rivolte: otto persone sono riuscite a liberarsi, tre sono state riprese. Il 18 gennaio è morto Vakhtang. Appresa la notizia della morte, alcune persone si sono radunate all’esterno della struttura per ascoltare la voce dei detenuti e diffondere le loro testimonianze. I detenuti hanno comunicato di aver visto Vakhtang brutalmente pestato delle guardie e trasportato via per i piedi. Hanno poi raccontato che, in quei giorni, chiunque provasse a parlare con l’esterno veniva picchiato; ci hanno detto di essere costretti a passare le giornate dentro piccole gabbie, di ricevere il cibo da sotto le sbarre, di avere reti elettrificate attorno.

Solo grazie al coraggio dei reclusi e alle loro testimonianze i media sono stati costretti a parlare di Vakhtang e della brutalità dei CPR. Da quel momento è iniziata una risposta diffusa, alcuni giornali parlarono di “un nuovo caso Cucchi”. Poi, il 27 gennaio, il consulente nominato dall’avvocato del Garante dei detenuti, a seguito dell’autopsia, prima del deposito dei risultati ufficiali – ad oggi non ancora avvenuto – ha dichiarato che Vakhtang non fosse morto a causa delle botte, ma a causa di un edema polmonare. La sua dichiarazione ha permesso di stroncare il fermento che si stava creando attorno al CPR di Gradisca e che lo voleva chiuso subito: “non è stato ucciso dal pestaggio” appariva sui media nazionali il giorno seguente alla dichiarazione. La famiglia di Vakhtang, subendo pressioni da varie parti, non si è costituita parte civile nel processo. La storia di Vakhtang probabilmente cadrà, a livello legale, nel nulla: come ci dimostrano gli stessi CPR, la legge non è fatta per essere uguale per tutti e non è attraverso quella che si otterrà giustizia per Vakhtang! Per chi non lo sapesse, edema polmonare è la stessa causa indicata nella perizia di parte sulla morte di Stefano Cucchi, ma questo il Garante non l’ha precisato ai giornali.

COSA È SUCCESSO NEL CPR DOPO LA MORTE DI VAKHTANG?

Subito dopo la morte di Vakhtang, all’interno del CPR sono stati sequestrati i cellulari, separati i detenuti e in moltissimi deportati verso il pease d’origine. La maggior parte delle persone che avevano avuto il coraggio di far uscire la loro voce fuori, che avevano fatto sapere del pestaggio a Vakhtang, è stata punita nel peggiore dei modi: con un rimpatrio nel paese di origine. Le deportazioni dal CPR di Gradisca sono avvenute in svariate forme, nessuna delle quali ha previsto il coinvolgimento dell’avvocato della persona in questione. A B.S. hanno comunicato che lo avrebbero spostato momentaneamente a Bologna, per poi metterlo su un volo per il Gambia; A M.A. è stato detto che lo avrebbero portato a Catania per curare la sua epatite C, per poi metterlo su un volo diretto in Tunisia.

Questo inferno continua ad esistere ogni giorno e solo continuando a tessere una rete con i reclusi sarà possibile riportare queste atrocità all’esterno.

La lotta contro i CPR è una lotta per la libertà di tutte: tutti i muri dei CPR devono cadere.

La passeggiata partirà alle ore 14:00 dal centro commerciale “La fortezza”.

Aggiornamenti dal CPR di Gradisca – 13.03.2020

Cosa succede durante l’emergenza Corona virus?

AGGIORNAMENTI DAI DETENUTI NEL CPR DI GRADISCA:

Oggi sono stati bruciati dei materassi nella zona verde del Cpr di Gradisca. Un giovane ragazzo marocchino si è tagliato tutto il corpo, chiedeva di essere rilasciato o deportato ma non trattenuto nel Cpr; il giudice, invece, gli ha comminato un ulteriore mese di permanenza, come sta continuando ad avvenire abitualmente da quando è nel Cpr.

I reclusi hanno paura del Corona virus. Ci raccontano di condizioni igieniche pessime: le stanze semi-fatiscenti non sono riscaldate; le lenzuola non vengono mai cambiate; un’impresa di pulizia viene a ritirare la spazzatura circa ogni due settimane, ma le pulizie non vengono fatte se non dai reclusi; i pasti arrivano da Padova, dove ha sede la cooperativa Edeco; gli psicofarmaci vengono distribuiti su richiesta.

Nella situazione emergenziale che si sta vivendo in questo momento, a quanto ci raccontano, nel CPR di Gradisca, stanno continuando a entrare persone nuove di origine prevalentemente srilankese o pakistana, a nessuno è stato fatto un tampone o alcun esame.

AGGIORNAMENTI SULLE DICHIARAZIONI DEI GARANTI:

È della settimana scorsa l’elezione di Giovanna Corbatto a Garante comunale per i diritti delle persone detenute, figura istituita ed eletta dal Consiglio comunale di Gradisca, riunitosi il 5 marzo per vagliare le quattro candidature. Giovanna Corbatto, già a capo dell’area immigrazione della Caritas diocesana, oggi componente dell’Ufficio per le politiche migratorie e la protezione internazionale, ha dichiarato che la prima cosa che farà sarà «incontrare il prefetto e valutare le modalità di accesso al centro e fare una prima visita al centro per capire che tipo di lavoro dovrebbe essere impostato».

Ci chiediamo, a neanche due mesi di distanza dall’omicidio di Vakhtang Enukidze avvenuto all’interno del Cpr di Gradisca, dopo ripetute testimonianze di violenza da parte delle forze dell’ordine sui reclusi, e a fronte del dichiarato stato di pandemia che ha già messo in allarme i detenuti delle carceri, quali altre considerazioni debbano essere fatte e quale sia l’approccio da avere se non quello di pretendere la chiusura di questa prigione etnica.

Il garante nazionale, invece, ha chiesto alla Ministra dell’Interno la cessazione anticipata del trattenimento in Cpr di coloro che, non potendo essere rimpatriati perché i loro Paesi d’origine hanno bloccato i voli in arrivo dall’Italia, sono “illecitamente trattenuti” ai sensi della stessa Direttiva rimpatri del 2008.

Il trattenimento nei Cpr, tuttavia, per noi, è sempre illecito.

AGGIORNAMENTI DALLE CARCERI:

Nel frattempo, dall’8 marzo si sono scatenate delle rivolte contemporanee in 27 carceri italiane: una giornata senza precedenti storici. Nelle stesse ore le strutture penitenziarie sono state attaccate dai detenuti e, in diversi casi, sono state prese in ostaggio alcune delle guardie delle strutture. Fuori sono arrivate poche informazioni e le volontà dei detenuti, come accade per chi è rinchiuso nei Cpr, sono state omesse.

Ieri sono salite a 14 le morti avvenute durante quelle rivolte: secondo la stampa, i decessi sarebbero stati causati da overdose da psicofarmaci, ottenuti nell’assalto alle infermerie. A noi, ricordando Vakhtang, non può che sorgere qualche dubbio su una simile versione dei fatti, che si vuole, peraltro, omogenea per tutti i casi in questione.

Le ragioni delle sommosse sono state, in generale,la situazione disumana di degrado e sovraffollamento delle prigioni , ma sembra che le rivolte siano state scatenate anche dalle misure contenitive prese dal Governo per prevenire la diffusione del Corona virus. Tali misure hanno proibito le visite dei parenti ai detenuti, contribuendo all’esasperazione del clima di tensione e di disperazione dei reclusi, a seguito delle notizie sulla diffusione del virus in Italia e sulla presenza di un detenuto positivo al Covid-19 all’interno del carcere di Modena. Anche nelle carceri di Trieste e Udine ci sono state delle proteste e delle battiture nella giornata di martedì 10 marzo.

Si tratta di una strage su cui il governo non ha detto nulla né, contrariamente a quanto richiesto da più parti, ha deciso di adottare alcuna misura cautelativa per la salute dei detenuti come potevano essere amnistia, indulto o estensione della misure domiciliari.

E CHI UNA CASA NON CE L’HA?

Contemporaneamente, martedì 10 marzo il centro diurno di via Udine a Trieste ha chiuso e l’Help center ha sospeso temporaneamente la sua attività, lasciando per strada le persone che trovavano lì riparo.

Il dormitorio della Caritas di Gorizia non accetta più nuovi ingressi, per cui alle persone tornate per il rinnovo del permesso di soggiorno non resta che la Jungle. Alcune persone sono state rifiutate con l’esplicita motivazione che venivano dalla Lombardia, anche se in realtà nessuna di queste di fatto è mai stata in Lombardia ma proviene dall’estero; fino al 3 aprile almeno per queste persone l’ingresso al dormitorio è precluso. Ancora non si sa se e quali soluzioni si intendano trovare per chi, in questi giorni, non ha una casa.

Non dimentichiamoci, inoltre, che nel più grande hotspot d’Europa, a Lesbo, già dall’inizio della settimana era stato confermato un primo caso di persona positiva al Corona virus.

Per le persone rinchiuse in spazi di detenzione ristretti, spesso in condizioni igieniche pessime, il rischio di contagio è molto alto ed è ovvio che questo acuisca lo stato di tensione e di rabbia  tra i detenuti e in genere tra chi è abbandonato in luoghi di contenimento forzato.

Se è vero che uno stato d’eccezione come quello che stiamo vivendo non fa che esacerbare e mostrare la violenza e la crudeltà delle contraddizioni interne al sistema capitalistico neoliberale, noi vogliamo dire che insieme alle carceri e tutte le strutture detentive e ghettizzanti, i Cpr continuano ad esistere. Di carcere e di Cpr si muore, lo sappiamo, e con una pandemia in circolazione, ancora una volta, se tra i detenuti qualcuno dovesse morire per la contrazione del Corona virus, noi sapremo chi è Stato.

Contro tutte le prigioni, solidarietà alle detenute e ai detenuti!