Musa Balde, un altro morto di Cpr

Un’altra morte di Stato dentro al Cpr di Torino. Un’altra persona uccisa dalla brutalità delle prigioni etniche, dalla violenza dell’Europa, dall’indifferenza. A quasi un anno e mezzo di distanza dalla morte di Vakhtang Enukidze e a quasi un anno da quella di Orgest Turia dentro al Cpr di Gradisca, ieri, 23 maggio, Musa Balde, di ventitré anni, originario della Guinea, è stato trovato morto all’interno del Cpr di Torino.

L’ipotesi circolata sulla causa del decesso è quella del suicidio. Le cause della morte di Musa devono essere accertate, ma per quello che la storia ci ha insegnato sappiamo che sarà molto facile insabbiare qualsiasi prova sulle reali responsabilità di chi ha in gestione questi campi di concentramento; se anche si fosse trattato di suicidio, non ci sembra sbagliato dire che Musa è STATO suicidato.

Le testimonianze raccolte e che continuiamo a raccogliere da dentro il Cpr di Gradisca ci dicono che i casi di internati che hanno pensato molto seriamente al suicidio sono tantissimi, ma ancora più numerosi sono gli episodi di violenza quotidiana subita da chi è rinchiuso. Lo ribadiamo: qualsiasi morte all’interno di una struttura carceraria e securitaria come quella dei Cpr è una morta indotta e causata dal funzionamento della struttura stessa; è una morte di Stato, e ognuno di noi ne è testimone!

Riprendiamo dalla pagina di Nocpr Torino, un aggiornamento sulle testimonianze dei reclusi che si trovano all’interno di quella prigione razziale: a loro va tutta la nostra solidarietà.

DOMANI MARTEDÌ 25 MAGGIO ORE 18

PRESIDIO SOTTO LE MURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI A TORINO

CONTRO OGNI PRIGIONE, CONTRO OGNI FRONTIERA!

In solidarietà con i reclusi in sciopero della fame.

«24.5.2021 Abbiamo sentito la voce di alcuni reclusi che con coraggio hanno voluto raccontarci quello che sta accadendo dentro il CPR di Torino.

Il ragazzo deceduto nella notte tra sabato e domenica si chiamava Musa Balde, aveva 23 anni ed era originario della Guinea. Il 9 maggio scorso era stato aggredito a colpi di spranghe da tre ragazzi italiani a Ventimiglia, luogo di frontiera, al confine con la Francia. Dopo essere stato massacrato di botte era stato portato in ospedale a Bordighera (Imperia) e dimesso con prognosi di 10 giorni per gravi lesioni ed un trauma facciale. A causa della denuncia in Questura era emersa la sua irregolarità sul territorio nazionale ed era stato portato al CPR di corso Brunelleschi a Torino dove da subito è stato rinchiuso nell’area Rossa insieme ad altri detenuti e successivamente, durante la serata di sabato, portato in isolamento all’interno della sezione denominata “Ospedaletto”.

Secondo la testimonianza di un ragazzo, nonostante dimostrasse chiari segni di sofferenza causati dalle lesioni al corpo, Musa Balde non è stato mai visitato da nessun medico o membro del personale medico del CPR. Ci ha raccontato che dopo il trasferimento in isolamento, avvenuto senza una chiara motivazione, lo ha sentito urlare e chiedere l’intervento di un dottore senza mai ricevere una risposta.

Domenica mattina la versione del suicidio si è diffusa rapidamente in tutte le aree del centro provocando numerose proteste tra i reclusi a causa del fatto che nessuno di loro ha creduto possibile che Musa Balde si sia potuto suicidare, accusando fin da subito la polizia ed il personale medico del CPR di quanto accaduto. Cosa è accaduto realmente durante la notte non si sa con certezza e probabilmente non si saprà mai anche perché non c’erano altri compagni in cella con lui. E anche se ci fossero stati sarebbero stati rimpatriati rapidamente per eliminare scomodi testimoni come è già successo dopo la morte di Faisal nel 2019, avvenuto sempre all’interno del CPR di Torino nella stessa sezione di isolamento dove si trovava Musa Balde e nel 2020 dopo la morte di Vakhtang, avvenuto nel CPR di Gradisca di Isonzo. Una cosa però è certa. Ovvero che un altro ragazzo è entrato dentro un Centro di Permanenza per il Rimpatrio con le sue gambe ed è uscito dentro una bara. Ucciso dallo Stato che ha concepito e continua a giustificare questi luoghi infami.

I ragazzi reclusi all’interno dell’area Verde e dell’area Blu hanno intrapreso uno sciopero della fame rifiutando il cibo avariato che gli viene fornito per protestare contro la morte del loro compagno e contro le condizioni in cui sono costretti.

Ieri sera un gruppo di solidali si è presentato sotto le mura del CPR di corso Brunelleschi per urlare la propria rabbia e sostenere chi con coraggio lotta per distruggere la propria gabbia.

Nella notte le proteste dei reclusi hanno preso forma con diversi incendi che hanno danneggiato parte dell’area Verde e dell’area Bianca.

Seguiranno aggiornamenti.”
Con questa siamo a tre morti dentro ai Cpr, dall’inizio del 2020.

Queste morti hanno resposabili precisi!

Quante ancora ne vogliamo contare?

I Cpr devono chiudere! SUBITO!»