DEPORTAZIONI DAL CPR E NUOVI VIDEO DA DENTRO – Aggiornamenti del 30.07.2020

Tra venerdì e domenica, nel CPR di Gradisca sono avvenute continue rivolte: le condizioni di vita dentro sono pesantissime, come abbiamo cercato di raccontare pubblicando testimonianze foto e video; la rabbia dopo la morte di Orgest Turia si intreccia alla paura di morire nello stesso modo. Ora sappiamo che quattordici persone sono state deportate; i loro posti sono stati subito occupati da altri internati. Il CPR è una macchina a ciclo continuo.

Abbiamo già raccontato di queste rivolte qui.

Pubblichiamo ora due video della repressione poliziesca delle rivolte. Dopo i diversi incendi e durante lo sciopero della fame, ci raccontano che le guardie hanno oscurato le telecamere prima di dedicarsi a pestaggi massicci; alcune persone, ci viene detto , sono state isolate dalle altre e pestate dalle guardie in assetto antisommossa. Un uomo è svenuto per le botte, ma è stato impedito agli altri reclusi di avvicinarglisi per soccorrerlo.

“Guardate, guardate, usano il flessibile per entrare. Ormai siamo arrivati alla fine, non ce la facciamo più”

“Stanno entrando con i bastoni, si stanno preparando” […]

“Ispettore, ispettore, ci mettete da un’altra parte? Non si può stare qua”

“Noi vogliamo andare via”

“Stanno togliendo i materassi a tutti, insomma dormiamo per terra.”

“Guarda che lo sta picchiando […] e per niente, per niente, i ragazzi non hanno fatto niente”

Quattordici persone, in seguito ai pestaggi delle guardie, sono state deportate in Tunisia. Le deportazioni, che si erano fermate durante l’emergenza sanitaria, sono quindi ripartite proprio in concomitanza con la visita della ministra Lamorgese in Tunisia. Un chiaro messaggio da spedire oltremare, proprio nei giorni in cui centinaia di persone sono in fuga dalla Tunisia al collasso e dai campi di concentramento libici, possibili grazie al sostegno economico e militare del governo italiano, giungono sulle nostre coste. I voli charter verso la Tunisia sono, storicamente, tra i più numerosi: nel 2018, l’Italia ha organizzato 66 voli charter di rimpatrio verso la Tunisia, su 77 voli charter totali. A Gradisca e negli altri CPR, le deportazioni di testimoni scomodi e soggetti ribelli è una pratica consolidata. Anche a gennaio, i testimoni della morte di Vakhtang Enukidze erano stati deportati in fretta e furia, anche nell’Egitto del dittatore al-Sisi.

Continuiamo a mantenere i contatti con l’interno e far uscire le voci da dietro quel muro. Sappiamo bene però che è importante anche portare solidarietà diretta, andando sotto a quel lager e facendo sentire le nostre voci: invitiamo tutte le persone solidali a essere pronte a tornare a Gradisca ogni volta che sarà necessario esprimere vicinanza concreta a chi questo lager lo subisce sulla propria pelle.

REPRESSIONE E BOTTE ORA AL CPR – AGGIORNAMENTI DEL 26 LUGLIO 2020

Al Cpr di Gradisca negli ultimi giorni ci sono stati altri incendi e molti dei reclusi hanno subito una repressione molto violenta. Uno di loro è stato allontanato per essere picchiato e ed è stato costretto a dormire su una rete di ferro senza materasso.

In seguito a questo ennesimo episodio di violenza da parte dei poliziotti, la quasi totalità dei reclusi delle zona Blu del Cpr, una cinquantina di persone, è entrata in sciopero della fame.

Ci raccontano che le f.d.o. hanno punito quasi tutti gli scioperanti con botte pesantissime: un ragazzo tunisino, in particolare, è stato portato all’ospedale e nel corso della mattinata sono arrivate almeno due ambulanze per altri detenuti a cui è toccata la stessa sorte.

Da quello che ci raccontano dall’interno del centro, le telecamere sono state oscurate, per non far rintracciare alcuna prova dei fatti, e le persone sono state portate in un luogo isolato prima di essere picchiate.

Riceviamo delle foto che testimoniano quanto accaduto, ma ci viene chiesto esplicitamente di non pubblicarle per non mettere in pericolo le persone coinvolte e per non far preoccupare ulteriormente le loro famiglie.

M., un ragazzo egiziano è stato picchiato dalle guardie in seguito agli incendi poi si è autolesionato per protesta.

Un altro ragazzo egiziano da due settimane soffre di un fortissimo mal di denti, ma non ha ancora ricevuto alcuna assistenza medica.

Ci raccontano poi che quando Orgest Turia è morto in CPR e H. è andato in terapia intensiva, i quattro compagni di cella e testimoni sono stati trattenuti in una stanza per 24 ore senza cibo. Uno di loro è stato buttato a terra e preso a calci perché aveva osato uscire dalla cella per andare in bagno senza chiedere permesso.

Recentemente, è diventato più pericoloso filmare quello che avviene dentro il CPR e inviarlo fuori.

In generale, i detenuti ci parlano di condizioni esasperanti e di trattamenti mai subiti, nemmeno in carcere, per chi di loro ci è stato. Molti di loro non riescono a dormire, né a mangiare. Gli incendi per protesta sono all’ordine del giorno e molti di loro finiscono per respirare molto fumo e stare male anche per questa ragione. Stando a quanto ci raccontano, le conseguenze per gli atti di protesta sono quasi sempre pestaggi da parte delle guardie del centro e vari atti intimidatori, tra cui denunce per resistenza a pubblico ufficiale o danneggiamento.

FINE DI UNA TRAGEDIA, CON UN ARRESTO E CON UN ESTINTORE APERTO SUL VOLTO DI UNA PERSONA

Scriviamo quest’articolo per spiegare la tragedia che sta dietro all’arresto di un recluso nel CPR di Gradisca, apparso ieri su un quotidiano sotto l’ignobile sottotitolo «Lì dentro delinquenti ex carcerati». Invitiamo a leggere fino in fondo e diffondere. Ci troviamo ormai senza parole per descrivere quanto la realtà dentro i CPR venga storpiata dai media, che, descrivendola attraverso la voce di poliziotti o altre persone di parte, assumono un ruolo essenziale nella costruzione di un immaginario falso attorno al lager e alle persone recluse, legittimando quindi la sua esistenza e concimando il razzismo più becero.

Cos’è successo?

I reclusi ci raccontano che da alcune settimane sono entrate molte persone nel CPR “appena arrivate in Italia” e che non parlano italiano. Da alcuni quotidiani locali leggiamo che si potrebbe trattare di persone in arrivo dalla rotta balcanica, da dentro invece ci dicono che vengono da Lampedusa.

Tra questi c’era R. un ragazzo egiziano, ora in arresto. Molti detenuti ci parlano di lui da giorni, preoccupati per la sua sorte. Finora non siamo riuscite a riportare le loro voci riguardo a questa storia, perché nel frattempo nel CPR è morto Orgest Turia e il suo compagno di cella, H., è stato salvato in extremis. H. ora si trova in ospedale, ma vogliono rinchiuderlo di nuovo dentro il CPR, contro la sua volontà e quella di tutti i familiari, che sono certi che non mangerebbe niente se entrasse, per lo shock e la paura che gli succeda un’altra volta la stessa cosa.

Torniamo a R. Da quello che ci raccontano, R. è uscito dalla zona di quarantena verso l’11 luglio, non parlava italiano, era appena riuscito ad arrivare in Italia ed era molto stressato per due ragioni: gli era stato tolto il cellulare e aveva un forte dolore ai denti ma, a quanto ci dicono, le sue richieste non venivano ascoltate.

Ci dicono che il 15 luglio R. inizia a protestare vivacemente e che per questo gli viene finalmente data attenzione, ci riferiscono che gli viene detto che verrà avvisato il capo e quindi lui aspetta questo colloquio.

Il colloquio però non sembra arrivare. Tra il 16 e il 18 luglio, ci raccontano che nella sua cella scoppiano dei piccoli incendi, in cui lui si brucia un braccio. Ci dicono che viene denunciato per danneggiamento e gli altri detenuti continuano a dire che lui non deve stare lì, che non ha senso perché è appena arrivato in Italia e che ha bisogno del suo cellulare.

Il 19, durante il giorno, la rabbia di R. esplode, ci raccontano che si trova nella cella con gli altri reclusi, mentre gli operatori e i militari si trovano protetti dall’altra parte delle sbarre. Nei video di quei momenti si sente chiaramente qualcuno tra questi ultimi che gli dice “Adesso ti arriva il telefono, va bene? […] se io ti prometto qualcosa la mantengo va bene?”; i reclusi vicini a R. invece cercano di tranquillizzarlo: “Non ti preoccupare, va bene”, sanno che R. è psicologicamente instabile per la situazione in cui si trova. Ripetono che R. sta impazzendo e che ha iniziato anche a dormire fuori, per terra.

Ci raccontano che nelle prime ore del 20 luglio nella stanza di R. scoppia un nuovo incendio. Altri reclusi si svegliano e qualcuno esce dalla cella per il fumo. A quel punto, da quello che ci raccontano, un operatore aziona l’estintore sul volto di M., un altro recluso, che perde i sensi e viene trasportato in Pronto soccorso assieme ad altri. Ora sono tutti arrabbiati: pensano che M. ha rischiato la vita e che R. non doveva stare lì, ormai non stava più psicologicamente bene. R. non deve stare nemmeno in galera, dove si trova ora.

Con la rabbia in corpo, perché abbiamo sentito un’altra storia ingiusta, perché vogliono riportare H. in CPR oggi, perché il CPR esiste, ma anche per la complicità più squallida dei media, ripetiamo: che i muri di quel lager possano crollare!

Quello che sappiamo del ragazzo morto a Gradisca – video

Ieri, nel CPR di Gradisca, un ragazzo di 28 anni è morto.

Ieri pomeriggio, siamo stati sotto quelle mura, eravamo circa sessanta. Volevamo parlare con chi sta chiuso dentro, per fargli sentire che sapevamo che uno di loro era morto e gli eravamo solidali, e per sapere com’era andata, secondo loro.

Gridando da una parte all’altra del muro, ci hanno detto che il ragazzo che è morto era stato imbottito di medicinali; tra gli altri, aveva assunto sicuramente il Rivotril – una benzodiazepina ad alta potenza con ansiolitiche, sedative, antiepilettiche – che viene spesso somministrato ai reclusi. L’abuso di psicofarmaci è una costante nei centri di internamento: le persone li assumono per evadere da quel quotidiano senza speranza e/o come sostitutivi legali di altre sostanze. Tuttavia, chi prescrive gli psicofarmaci ha una responsabilità clinica precisa: se veramente il ragazzo – del quale ancora non conosciamo il nome – fosse morto per overdose di psicofarmaci, i responsabili diretti della sua morte sono nel CPR. 

Da dentro, ci hanno gridato che non si trattava della prima morte lì dentro: che un’altra persona era già morta, all’apertura. Quella persona è Vakhtang Enukidze, e la sua memoria è viva dentro come è viva fuori.

“Avete qualche idea di quale sia la ragione della sua morte?” – “La ragione può essere solo una” – “Quale?” – “Che loro hanno buttato dentro senza motivo poi hanno dato un kilo di medicamenti per calmarlo.”

“La gente qua deve uscire se no finisce con la stessa maniera per tutti, fate girare a tutti social media, al giornale, a tutti.”

Alcuni detenuti, ieri 14 luglio alle 6 di mattina, hanno trovato il compagno di cella morto nel letto e un ragazzo marocchino in condizioni gravi. Poi lo hanno visto venir trasportato via, come nel video che ci hanno inviato, e che pubblichiamo.

I primi a parlarne sono stati i giornali, anche ieri, come dopo la morte di Vakhtang Enukidze che attribuivano a una rissa tra detenuti, la stampa ha alterato la realtà senza ritegno.

Fino a ieri i cellulari nella zona blu erano stati sequestrati, come dopo la morte di Vakhtang “per favorire le indagini”. In quel caso, i detenuti testimoni erano stati rimpatriati immediatamente.

Ieri, un compagno di cella del ragazzo morto era stato ricoverato, inizialmente in gravi condizioni. Si è risvegliato oggi, il suo ultimo ricordo è di lunedì notte, quando gli venivano somministrati i medicinali. Sembra che le cartelle cliniche non siano accessibili a causa delle indagini in corso, ma sembra certo che la causa del suo ricovero d’urgenza fosse un’overdose.

Durante tutta la giornata di ieri, i familiari del secondo recluso trasportato all’ospedale hanno chiamato costantemente la struttura per sapere cosa stesse succedendo. Non riuscivano a contattare il fratello, con cui si sentivano frequentemente, dalla sera prima. Nessuno li ha avvisati che il fratello si trovava in ospedale e neppure gli avvocati erano stati informati. Solo la sera hanno scoperto, con fatica, che il ricoverato in terapia intensiva era proprio lui, e non lo hanno scoperto dal CPR.

Seguiranno aggiornamenti. 

Violenza nel CPR: manganellate, autolesionismo e censura – video

Mi hanno picchiato, poi sono caduto giù e sono uscito fuori di testa, ho preso la lametta e mi sono tagliato. […] siamo la stessa carne, siamo lo stesso sangue, non va bene che mi trattano come un topo.”

A parlare è una persona rinchiusa nel CPR di Gradisca. Ci dicono che per quattro giorni è stato portato avanti e indietro dall’ospedale, dove non è stato ricoverato, perché “forse hanno paura che scappa”, dice qualcuno da dentro. Ci raccontano che ha avuto mancamenti per quattro giorni di fila, ci hanno parlato delle sue condizioni con preoccupazione per giorni poi sembrava stesse meglio “fisicamente ma non mentalmente”, ma ci riferiscono che venerdì 10 luglio gli usciva sangue dalla bocca e che sia svenuto un’altra volta.

Cos’è successo?

Ci raccontano che sabato 4 luglio, verso le 9 di mattina, le forze dell’ordine sono entrate nella cella di alcuni reclusi per sequestrare gli accendini. “Come facciamo a fumare se ci tolgono gli accendini?”, chiede qualcuno. Ci dicono che molti stavano ancora dormendo, perché i pensieri impediscono di prendere sonno se non quando è già mattina.

Ci raccontano che qualcuno ha chiesto “perché?”, ma che che sono stati comunque buttati fuori in malo modo, tanto che una persona è caduta sul pavimento bagnato, e ha avuto bisogno dell’assistenza medica della struttura. Ci raccontano che altri reclusi hanno protestato per questo comportamento gridando alle persone in divisa di spiegargli il perché dell’intervento e chiedendo di non essere trattati come animali, tirati fuori dal letto e buttati fuori dalle stanze in malo modo.

Ci raccontano che in questo momento un ragazzo che protestava in difesa degli altri è stato preso di mira venendo manganellato da due poliziotti, colpito alla schiena e sulla testa, mentre altri detenuti gli dicevano di uscire nel cortile, dove sarebbe stato protetto dal fatto che ci sono le telecamere.

Ma, una volta uscito, ci raccontano che preso dallo sconforto per quell’ingiustizia subita, ha preso una lametta e si è tagliato tutto il corpo. Il video che alleghiamo riguarda un momento appena successivo a questo avvenimento.

Ci raccontano che questa persona è svenuta diverse volte ogni giorno nei quattro giorni seguenti, in una di queste occasioni all’interno del CPR gli è stata fatta una rianimazione cardiopolmonare, ed è stata portata al Pronto soccorso di Gorizia. Gli svenimenti avvenivano secondo alcuni per il sangue perso, secondo altri per le botte prese in testa, secondo altri ancora perché nei giorni successivi non mangiava più.

Ci raccontano che questa persona, una volta tornata nel CPR, è stata privata di alcune delle sue lettere di dimissione dal Pronto soccorso e ci dicono che nonostante continui a richiederle non gli vengono consegnate, e quindi non conosce i risultati delle analisi che gli sono state fatte. “L’ha presa quello mafioso che comanda noi tutti in CPR [..] stiamo morendo noi qua”, ci dicono. L’ultimo video è di ieri, a terra c’è sangue.

Immaginiamo che non verrà mai fatta chiarezza legale su questa storia, come non lo è stata fatta per la morte di Vakhtang Enukidze, pestato dalle guardie del CPR, secondo quanto raccontano i testimoni. Ma sappiamo, perché lo vediamo in questi video, che ancora una volta una persona, sotto la pressione insostenibile di un’atroce ingiustizia, si è tagliata il corpo per esprimere il proprio dolore. Sappiamo che questa persona come tutte le altre persone detenute vuole uscire, e che ha tutta la legittimità di volerlo, che si sente in gabbia “come un topo”, che crede che lì dentro a nessuno freghi se è vivo o morto, che il CPR di Gradisca “è come una Guantanamo, non un centro come gli altri”.

I CPR: una macchina fatta per poter ricattare e creare ricattabili, sulla pelle e di tante persone, che hanno avuto l’unica sfortuna di non avere il documento adatto.

L’unica soluzione è che non esistano più: che crollino le mura dei CPR! Che tutti i reclusi siano liberati!

Abbiamo coperto i volti e cambiato le voci per tutelare le persone coinvolte.

CHIAMATA ALL’INVIO DI E-MAIL PER CHIEDERE LA CHIUSURA DEL CPR DE GRADISCA

I detenuti del CPR di Gradisca d’Isonzo ci hanno chiesto espressamente di fare pressione attraverso lettere ed e-mail su chi tiene in pugno la loro libertà e la loro salute per un’immediata liberazione e per poter tornare a casa, come per altro avvenuto in altri CPR in Europa.

Abbiamo scritto questa mail da inviare al giudice di pace di Gorizia (Giuseppe La Licata), al prefetto di Gorizia (Massimo Marchesiello), al questore di Gorizia (Paolo Gropuzzo) e alla sindaca di Gradisca (Linda Tomasinsig). Vi invitiamo ad inviare queste mail da oggi, 27 marzo, fino alla chiusura del CPR.

Prendetevi un minuto del vostro tempo: copiate e incollate il testo qui sotto ed inviate una mail per la chiusura dei CPR agli indirizzi qui sotto.

Indirizzi:

prefettura.gorizia@interno.it,                                  massimo.marchesiello@interno.it,                     gab.quest.go@pecps.poliziadistato.it,                               gdp.gorizia@giustizia.it,                           sindaco@comune.gradiscadisonzo.go.it

TESTO:

All’attenzione di Giuseppe La Licata, Massimo Marchesiello, Paolo Gropuzzo e Linda Tomasinsig.

Ad oggi, 27 marzo 2020, nel pieno delle misure restrittive contro la diffusione del Coronavirus, circa una cinquantina di persone si trova rinchiusa nel centro permanente per il rimpatrio (CPR) di Gradisca d’Isonzo (GO), costretta a vivere in spazi ridotti e senza la possibilità di autotutelare la propria salute.

Sappiamo dell’esistenza di almeno due casi di Coronavirus all’interno della struttura e ne sono a conoscenza anche i reclusi, che stanno mettendo in atto uno sciopero della fame, perché hanno paura per la propria vita.

Sappiamo che i rimpatri sono fortunatamente sospesi e che quindi quasi tutte le persone rinchiuse in un CPR usciranno per decorrenza dei termini. Il rilascio può essere anticipato, può avvenire ora.

Se da un lato i CPR sono strutture di internamento su base etnica che non dovrebbero esistere in alcun momento, dall’altro l’attuale situazione di emergenza sanitaria può trasformare il mantenimento delle persone in un CPR in pluriomicidio volontario, oltre che in un grande focolaio del CoVid 19.

Chiediamo quindi, dato l’altissimo rischio sanitario in cui si è costretti a vivere nel CPR di Gradisca, l’immediato rilascio di tutte le persone rinchiuse nel CPR così che possano tornare alle proprie case, come è già stato fatto altrove in Europa.

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI. ECCO COSA SUCCEDE NEL CPR DI GRADISCA.

CHIUDERE TUTTI I CPR SUBITO!

Ieri, giovedì 26 marzo 2020, proseguiva lo sciopero della fame all’interno del CPR di Gradisca. I detenuti sono venuti a sapere del caso di coronavirus all’interno; molti sostengono di aver sentito dal personale che le persone infette sono due, e che uno di loro è rimasto assieme alle altre persone fino a ieri. Ci dicono di non aver ricevuto alcun tipo di protezione, che sono spaventati e hanno paura che li stiano lasciando morire lì dentro; si dicono preoccupati per le loro compagne e famiglie lì fuori. Ci hanno espresso anche la loro rabbia, perchè sanno che dovrebbero essere liberati ma che nessuno sta facendo niente, lasciandoli morire.

Ci hanno poi inviato i video che vi alleghiamo chiedendo di diffonderli per far sapere a tutte le persone cosa sono i CPR, e per chiedere di essere liberati da quel lager. I video, dalle immagini molto forti, riportano un detenuto in probabile crisi respiratoria o epilettica portato via da personale dotato di protezioni contro il virus , mentre tutt’attorno le persone detenute ne sono prive. Il video risale a ieri mattina. Ci dicono essere un ragazzo arrivato il giorno anteriore e rinchiuso in una cella da solo.

I detenuti ci chiedono di far circolare queste immagini e queste voci consci dei rischi che si assumono, confidando che la la diffusione di informazioni con l’esterno possa contribuire alla loro liberazione.

Alla fine di un video vi è la dichiarazione di un detenuto, che riportiamo qui:

Ecco, ora sta arrivando il guardiano che viene perchè stanno muorendo persone. Ecco questo è CPR, questo è CPR, fa morire le persone. Ha lasciato chiuso come cane quasi più di 10 giorni, sempre lucchetto chiuso. Com’ è possibile? Com’è possibile? Vuole ammazzare le persone?

Questo CPR è diventato una prigione per ammazzare le persone. Come se è ritornato Hitler al mondo.

Riportiamo qui alcune altre frasi ascoltate durante la giornata di ieri:

The people that want the CPR are hartless people, we are human beings, why they do this? Why they keep us inside here?” [Le persone che vogliono i CPR sono senza cuore, siamo esseri umani, perchè ci fanno questo? Perchè ci tengono qui dentro?]

This is a crime of documents not a crime of criminals, how can people stay inside here [..] we need protesta” [Il nostro è un crimine documenti, non un crimine da criminali, come possono farci stare qui dentro [..] abbiamo bisogno di una protesta]

“Some has contracted sickness here in Gradisca centro. I don’t know why they still keep us here, it is not possible to deport us because the airports are closed” [Qualcuno ha preso il virus qui nel centro di Gradisca. Non so perchè ci continuano a tenere qui, non è possibile deportarci perchè gli aereoporti sono chiusi]

please this judge is very wicked he want people to die inside” [Perfavore, questo giudice (ndt: il giudice di pace di Gorizia) è molto malvagio, vuole che le persone muoiano qui dentro]

CORONAVIRUS NEL CPR DI GRADISCA

SCIOPERO DELLA FAME E ARRIVO DEL CORONAVIRUS ALL’INTERNO DEL CPR DI GRADISCA

Il veloce evolversi della situazione all’interno del lager di Gradisca ci riporta a stretto giro a dover riportare quanto succede dentro, essendo stato accertato il primo caso di contagio da Coronavirus nel campo. A confermare la notizia il Prefetto di Gorizia Massimo Marchesiello, lo stesso individuo che qualche settimana fa, in merito alle fughe – alcune fortunatamente andate a buon fine – di alcuni internati nell’ex-caserma Polonio, aveva parlato di “allontanamento volontario” da un semplice centro di “detenzione amministrativa”; lo stesso che da subito si era prodigato a dichiarare che Vakhtang Enukidze fosse morto in seguito ad una rissa fra detenuti.

Al momento alcuni dei reclusi lamentano tosse e dolori al petto, da giorni chiedono visite mediche ma non viene loro permesso di farsi visitare. Molti, come abbiamo già raccontato nelle ultime ore, sono al terzo giorno di sciopero della fame chiedendo la loro liberazione e per paura di ingerire cibo avariato e del contatto forzato con operatori e guardie potenzialmente infette.

Ma ancora più grave è il fatto che siano tenuti completamente all’oscuro della presenza di un internato risultato positivo al virus.

Nei campi di concentramento per senza-documenti lo Stato non ha nemmeno bisogno di sospendere i colloqui agli ultimi degli ultimi come ridicola misura di contenimento del contagio, visto che non ne hanno nemmeno diritto, come invece ha fatto nelle carceri (come se guardie e operatori non possano essere potenzialmente infetti, mentre i parenti sì). Qui prova a non far circolare la notizia all’interno del campo stesso, contando probabilmente sulla complicità di operatori-secondini (in questo caso quelli della coop Edeco, la cooperativa che gestisce il CPR di Gradisca).

Già diversi casi sono avvenuti all’interno dei carceri (Brescia, Milano, Pavia, Modena, Lecce…) e in una trentina di questi sono scoppiate vere e proprio rivolte, sedate con pestaggi e trasferimenti di massa e 15 morti, “per lo più” di overdose dice lo Stato. Questi e i loro compagni chiedevano di essere liberati per limitare la diffusione del contagio in carceri sovraffollate.

Lo stesso che chiedono anche i reclusi del CPR gradiscano in queste ore, costretti in 6 per gabbia, a mangiare cibo avariato, a vedersi costantemente negate le visite mediche, continuamente minacciati da guardie sempre pronte a pestarli ai fini del “mantenimento dell’ordine interno”. Il richio di diffusione repentina del virus all’interno è un rischio concreto, a Gradisca come in tutti i lager del paese. Non ci importa sapere nè discutere se i CPR sono attrezzati o meno per gestire eventuali contagi al loro interno, l’adeguatezza o meno di visite e cure mediche. Non li critichiamo per questo. Vorremmo vederli ridotti a cumuli di macerie per il fatto di essere luoghi di umiliazione e privazione della libertà di individui non in possesso di un “regolare” pezzo di carta, in attesa di essere riportati con la forza alle condizioni di sfruttamento e miseria da cui sono fuggiti, perchè all’italico sfruttamento non servono più.

TUTTI E TUTTE LIBER* SUBITO

URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

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URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

LO SCIOPERO DELLA FAME CONTINUA E SI ESTENDE NEL CPR DI GRADISCA.

Arriva la RICHIESTA DI AIUTO dal CPR di Gradisca di diffondere il più possibile le volontà dei reclusi in sciopero.

Chiediamo quindi aiuto a tutt* per una massima diffusione.

Oggi, 25 marzo, continua lo sciopero della fame nel CPR di Gradisca, alcuni detenuti sono al terzo giorno senza mangiare. Ieri sono stati raccolti i nominativi di alcuni di loro, ma per ora non hanno ricevuto alcuna visita medica.

Lo sciopero si è ora esteso, le stime attuali sono di circa 50 detenuti in sciopero. Rispetto ai motivi della protesta comunicati ieri (cibo avariato che crea problemi intestinali e assenza di saponi e ricambi di vestiti), oggi si fa più forte la richiesta di essere liberati.

I reclusi ribadiscono di non essere né animali né criminali, di essere stati messi nel CPR a causa di problemi con i documenti che non possono risolvere stando chiusi nel CPR. Dichiarano che il CPR è ancor peggio di una prigione e che, se il virus entra, si ammalano tutti. Hanno paura, nel caso si ammalassero, che nessuno li aiuterebbe e li lascerebbero morire lì. I reclusi inoltre hanno smesso di mangiare anche per la paura che il cibo sia infetto poiché sia le guardie della struttura sia i lavoratori, che consegnano il cibo sotto le sbarre delle gabbie, escono ed entrano dal centro e potrebbero essere portatori del virus.

I reclusi sanno che altrove ci sono CPR che hanno chiuso e chiedono di essere rilasciati anche loro per poter tornare nelle loro case.

La richiesta a chi è fuori è di aiutare a che le volontà della loro protesta siano ascoltate.

Come assemblea no cpr, chiediamo che tutt* facciano qualcosa.

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URGENT: HELP REQUEST FROM THE CPR

THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND EXTENDS IN THE CPR OF GRADISCA.

SOS: THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND MORE PEOPLE JOIN IT

The HELP REQUEST from the Gradisca CPR is to spread as much as possible the will of the detained people on strike.

Therefore we ask everyone for help for maximum diffusion of this message.

Today, March 25, the hunger strike continues in the Gradisca CPR, some of the people are on the third day without eating. Yesterday some of their names were collected but so far they have not received any medical examination.

The strike has now extended, current estimates are of roughly 50 people on strike. The demands to be freed are made stronger to the complaints declared yesterday (rotten food that creates intestinal problems and the absence of soaps and clothes).

The people in the CPR reiterate that they are neither animals nor criminals, that they have been placed in the CPR due to problems with the documents that they cannot resolve by being closed in the CPR. They declare that CPR is even worse than a prison and that if the virus enters they all get sick. They are afraid that nobody would help them and would let them die there. The detainees also stopped eating also for fear that the food would be infected as both the guards of the facility and the workers, who deliver the food to them under the bars of the cages, leave and enter the center and may be carriers of the virus.

The people inside the CPR know that in other parts there are CPRs that have closed and ask to be released as well in order to return to their homes.

The request to those outside is to help the wills of their protest be heard.

As a non-cpr assembly, we ask to everyone to do something to help them.

Passeggiata contro il CPR

SABATO 4 APRILE ORE 14:00

PASSEGGIATA CONTRO IL CPR

Sabato 4 aprile torneremo sotto le mura del CPR di Gradisca per ricordare alle persone recluse che non sono sole, che pensiamo che luoghi del genere non debbano esistere e che siamo solidali alla loro lotta per la libertà.

Ci torniamo per essere ancora una volta testimoni di quello che ci vogliono raccontare e che altrimenti nessuna/o potrebbe mai sapere.

Ci torniamo perché un mondo in cui esistono luoghi di morte come i CPR è un mondo in cui nessuna di noi può essere davvero libera.

DALL’APERTURA DEL CPR ALLA MORTE DI VAKHTANG

Il 17 dicembre 2019 ha aperto il CPR di Gradisca. Dopo circa una settimana sono avvenuti i primi ricoveri massivi di detenuti che avevano ingerito lamette e sapone per non essere deportati. A inizio gennaio 2020 sono scoppiate le prime rivolte: otto persone sono riuscite a liberarsi, tre sono state riprese. Il 18 gennaio è morto Vakhtang. Appresa la notizia della morte, alcune persone si sono radunate all’esterno della struttura per ascoltare la voce dei detenuti e diffondere le loro testimonianze. I detenuti hanno comunicato di aver visto Vakhtang brutalmente pestato delle guardie e trasportato via per i piedi. Hanno poi raccontato che, in quei giorni, chiunque provasse a parlare con l’esterno veniva picchiato; ci hanno detto di essere costretti a passare le giornate dentro piccole gabbie, di ricevere il cibo da sotto le sbarre, di avere reti elettrificate attorno.

Solo grazie al coraggio dei reclusi e alle loro testimonianze i media sono stati costretti a parlare di Vakhtang e della brutalità dei CPR. Da quel momento è iniziata una risposta diffusa, alcuni giornali parlarono di “un nuovo caso Cucchi”. Poi, il 27 gennaio, il consulente nominato dall’avvocato del Garante dei detenuti, a seguito dell’autopsia, prima del deposito dei risultati ufficiali – ad oggi non ancora avvenuto – ha dichiarato che Vakhtang non fosse morto a causa delle botte, ma a causa di un edema polmonare. La sua dichiarazione ha permesso di stroncare il fermento che si stava creando attorno al CPR di Gradisca e che lo voleva chiuso subito: “non è stato ucciso dal pestaggio” appariva sui media nazionali il giorno seguente alla dichiarazione. La famiglia di Vakhtang, subendo pressioni da varie parti, non si è costituita parte civile nel processo. La storia di Vakhtang probabilmente cadrà, a livello legale, nel nulla: come ci dimostrano gli stessi CPR, la legge non è fatta per essere uguale per tutti e non è attraverso quella che si otterrà giustizia per Vakhtang! Per chi non lo sapesse, edema polmonare è la stessa causa indicata nella perizia di parte sulla morte di Stefano Cucchi, ma questo il Garante non l’ha precisato ai giornali.

COSA È SUCCESSO NEL CPR DOPO LA MORTE DI VAKHTANG?

Subito dopo la morte di Vakhtang, all’interno del CPR sono stati sequestrati i cellulari, separati i detenuti e in moltissimi deportati verso il pease d’origine. La maggior parte delle persone che avevano avuto il coraggio di far uscire la loro voce fuori, che avevano fatto sapere del pestaggio a Vakhtang, è stata punita nel peggiore dei modi: con un rimpatrio nel paese di origine. Le deportazioni dal CPR di Gradisca sono avvenute in svariate forme, nessuna delle quali ha previsto il coinvolgimento dell’avvocato della persona in questione. A B.S. hanno comunicato che lo avrebbero spostato momentaneamente a Bologna, per poi metterlo su un volo per il Gambia; A M.A. è stato detto che lo avrebbero portato a Catania per curare la sua epatite C, per poi metterlo su un volo diretto in Tunisia.

Questo inferno continua ad esistere ogni giorno e solo continuando a tessere una rete con i reclusi sarà possibile riportare queste atrocità all’esterno.

La lotta contro i CPR è una lotta per la libertà di tutte: tutti i muri dei CPR devono cadere.

La passeggiata partirà alle ore 14:00 dal centro commerciale “La fortezza”.