1 febbraio: corteo + pranzo + concerto in solidarietà ai reclusi

Il 18 gennaio è morto Vakhtang Enukidze, cittadino georgiano di 37 anni. Era recluso nel CPR di Gradisca e il CPR l’ha ucciso.
Mentre la stampa ufficiale e la procura hanno ricondotto sbrigativamente le cause del decesso a una rissa tra detenuti, i suoi compagni di prigionia raccontano come invece Vakhtang sia morto ammazzato di botte da parte delle forze dell’ordine all’interno della struttura.

Il CPR di Gradisca ha riaperto il 17 dicembre, dopo l’aggiudicazione dell’appalto alla cooperativa veneta Edeco, già nota per la gestione del “campo-lager” di Cona (VE). La stessa cooperativa è anche al centro di indagini giudiziarie per maltrattamenti, corruzione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta e falso, frode nelle pubbliche forniture. In questo primo mese, a Gradisca si sono già verificati rivolte, tentativi di fuga, fughe, violenze, atti di autolesionismo e tentati suicidi. Fino alla morte di Vakhtang Enukidze, a poche ore dal suo previsto rimpatrio in Georgia.

Come Assemblea No Cpr No Frontiere siamo in contatto diretto con alcuni dei reclusi e ne stiamo raccogliendo le testimonianze dirette, che parlano di continue violenze e pestaggi da parte della polizia, rivolte in particolare a chi cerca di rendere note le condizioni all’interno del centro e gli eventi che hanno portato alla morte di Vakhtang. Diversi testimoni oculari sono stati rimpatriati in questi ultimi giorni, con una solerzia che è difficile ritenere casuale.
È fondamentale spezzare l’isolamento e contribuire a far sentire la voce delle persone recluse, perché siano chiare le responsabilità istituzionali nella morte di Vakhtang Enukidze, perché il silenzio non avvolga le violenze e i soprusi quotidiani all’interno del lager.
Rifiutiamo l’esistenza di una struttura che, essendo fondata sulla violenza repressiva, non può che generare altra violenza, oppressione e morte. Perché ognun@ possa essere liber@ di essere chi vuole e dove vuole, è necessario che tutti i muri contenitivi cadano. Trovate le testimonianze dei reclusi nel blog nofrontierefvg.noblogs.org e sulla pagina fb “no cpr e no frontiere – fvg”. [nofrontiere.noblogs.org]

PROGRAMMA DELLA GIORNATA
h. 11:00 Ritrovo davanti al centro commerciale La Fortezza
corteo davanti al Cpr
pranzo sociale (porta qualcosa!)
concerto dei Minoranza di uno (punk hc), in solidarietà con le persone recluse.

Tutta la giornata a Gradisca sarà contro il Cpr e per Vakhtang. Seguiranno info su altre attività.

Per la chiusura di tutti i Cpr e la liberazione di tutti i reclusi e le recluse!

Il corpo di Atif se l’è preso l’Isonzo, la sua vita gli è stata rubata da un confine assurdo e da una legge ingiusta

Mercoledì 18 dicembre Atif è caduto nell’Isonzo. Assieme ad altri ragazzi che come lui sono ospitati nel vicino CARA di Gradisca stava ingannando il tempo sulla riva del fiume.

Alcuni articoli giornalistici lasciano intendere che la colpa è di un gioco avventato, di una stupida scommessa tra amici.

Ma prima di lui l’Isonzo si è portato via Taimur nel 2015, e Zarzai nel 2016. Nel giugno di quest’anno Sajid nel fiume ha deciso di far finire la sua vita.

Tutti loro hanno avuto la sfortuna di nascere in quello che secondo le nostre leggi è il lato “sbagliato” del mondo. Chi vi nasce se vuole cercare fortuna altrove non può, come facciamo noi europei, semplicemente comprare un biglietto d’aereo. Deve affidarsi ai trafficanti, affrontare un viaggio lungo e massacrante, pagare cifre astronomiche, solamente per poter mettere un piede oltre al confine della fortezza Europa.

Atif vi era riuscito in ottobre, fermato nei pressi della frontiera con la Slovenia, e stava attendendo da allora l’esito della sua richiesta d’asilo.

Era quindi entrato nel gorgo della legge sull’immigrazione italiana, quella che costringe ad attendere per mesi e mesi e in alcuni casi anni un colloquio con una “commissione” il cui esito sembra più l’estrazione di una lotteria che il frutto di una qualche valutazione.

Nel frattempo la vita alienante al CARA di Gradisca, distante da tutto e tutti, nessun tipo di attività per far passare le giornate, nemmeno uno straccio di marciapiede per raggiungere il bar più vicino o le sponde dell’Isonzo.

Quelle sponde dove i ragazzi del CARA vanno a consumare o cucinare il cibo che si comperano, per sfuggire all’immangiabile pasta o riso che all’infinito ripropone il “menu” della mensa della struttura.

Quelle sponde dove a volte sono inseguiti dai solerti tutori delle forze dell’ordine pronti a comminare multe da 300€ a seguito dell’ordinanza della “democratica” amministrazione di Gradisca che vieta di bivaccarvi. La stessa amministrazione che non ha mai pensato di offrire nessuna alternativa degna per trascorrere il tempo, un posto al coperto dove poter stare assieme, magari leggere qualche libro, prepararsi il the o semplicemente stare in pace in un luogo sicuro.

Chi ha conosciuto Atif racconta di un ragazzo solare, che seguiva un corso d’italiano organizzato da volontari fuori dal CARA, che voleva aiutare la madre e le quattro sorelle rimaste sole in Pakistan dopo la morte del padre.

Atif non realizzerà i sui progetti: la sua vita gli è stata rubata da un confine assurdo e da una legge ingiusta.

APRE MARTEDÌ -Tutt* a Gradisca-

[English version below]

MARTEDÌ 17 APRIRÀ IL CPR DI GRADISCA

PRESIDIO DAVANTI AL CPR A PARTIRE DALLE 8:30 DI MATTINA

Martedì aprirà il CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) presso l’ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo (GO), ci stiamo mobilitando per portare la nostra solidarietà e il nostro sostegno alle persone che verranno rinchiuse al suo interno.

I CPR sono delle prigioni nelle quali le persone ‘trattenute’ (non detenute, perché l’internamento non è determinato da una sentenza penale) non possono uscire. Spesso la loro unica colpa è non essere in possesso di un documento valido: per chi non ha la cittadinanza italiana, questo può avvenire dopo la scadenza di un permesso per lavoro o per studio, o di un visto turistico, oppure se una richiesta di asilo politico viene rigettata. Queste persone – se vengono individuate – possono essere rinchiuse fino a 180 giorni nel CPR, nei quali possono essere deportate nel paese d’origine. Per la maggior parte ciò significa dover intraprendere un altra volta il viaggio in cui già si sono giocati la vita la volta precedente, le persone che vengono deportate hanno infatti già compiuto la decisione di scappare dal paese d’origine e si sono creati, vita e affetti in Italia.

Il CPR è un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia fra cittadine/i e non cittadine/i basata su etnia, classe e passaporto. Si tratta dell’ultimo anello di una catena che inizia con lo sfruttamento economico dei cosiddetti “Paesi del Terzo Mondo”. Come conseguenza, milioni di persone emigrano, ma sono quasi sempre impossibilitate ad ottenere i visti necessari per entrare nell’Unione Europea. Si vedono perciò costrette a muoversi illegalmente, pagando e affrontando viaggi pericolosissimi. I Paesi europei utilizzano la violenza – delegata ai gruppi armati libici, a Erdoğan, alle polizie di Croazia, Serbia e Ungheria – per trasformare questi viaggi in una sorta di selezione massacrante, finalizzata a rendere coloro che riescono a superarla dei soggetti socialmente ed economicamente ricattabili.

I CPR sono soprattutto uno strumento per poter garantire lo sfruttamento in Italia di tutte quelle persone che hanno il permesso di soggiorno vincolato al contratto di lavoro (dalla legge Bossi-Fini), Il caporalato spietato presente nei subappalti di fincantieri, spesso raccontato anche sulle testate locali, ne è un esempio.

Le condizioni di vita nei CPR, lager e non-luoghi, sono disumane, a riprova ne sono i numerosi scioperi della fame, episodi di autolesionismo spinto e rivolte che vi si sviluppano.

Vogliamo vivere in un territorio dove nessuna persona venga rinchiusa o respinta a causa della sua provenienza o condizione economica. Non saremo mai complici silenziosi di un lager al lato di casa nostra. I lager sono pilastri di un mondo ingiusto, pieno di odio e violentemente repressivo.

Dopo un anno di allerta, il CPR adesso apre davvero. Non lasciamo soli chi ci verrà internato, vi invitiamo numerose/i MARTEDÌ 17 DICEMBRE dicembre al presidio davanti al CPR DALLE ORE 8:30, per poter come minimo gridare a chi entra che non è solo, che in molte non vogliamo esista quella struttura che gli sta rubando la vita.

Alcune macchine partiranno da Piazza Oberdan (Trieste) alle 7:15. Vieni se non hai passaggio e porta l’auto se hai posti.

ASSEMBLEA NO CPR – NO FRONTIERE FVG





ON TUESDAY WILL OPEN A NEW DETENTION CENTER GRADISCA

MEETING IN FRONT OF THE CPR STARTING FROM 8:30 AM

On Tuesday will open a CPR (Center of Permanence for Repatriation) in Gradisca d’Isonzo (GO), we are mobilizing to bring our solidarity and our support to the people who are going to be locked up.

CPRs are actual prisons where people are “kept”: they don’t have a criminal sentence, and therefore we cannot speak of “detainment”. They are imprisoned because they lack documents. For those without Italian citizenship, this can happen after the expiration of a work or study permit, or a tourist visa, or if an asylum request is rejected. If you are identified as an undocumented person, you can be locked up for up to 180 days in a CPR, where you can be deported to your country of origin. For many, this implies rembarking again in a hard journey in order to reach Italy, or Europe, where they have built their life and often have their friends and family.

A CPR establishes a hierarchy between citizens and non-citizens based on ethnicity, class, and passport. It all begins with the economic exploitation of the so-called “Third World Countries”. As a result, millions of people emigrate, but are almost always unable to obtain the necessary visas to enter the European Union. So they are forced to move illegally, pay smugglers, and face dangerous journeys. European countries use violence, and they delegate it to Libyan armed groups, to Erdoğan, to the police of Croatia, Serbia, and Hungary: it does not aim to block migrants along the Balkan route, but they want to transform those borders into a meat grinder; a device of that kind can convert ‘those who crossed’ into weak subjects, willing to blackmail each other to keep the prize of a difficult journey.

CPRs are above all a tool to guarantee the exploitation of who has the residence permit bound by the employment contract (due to Bossi-Fini law) – as shown for example by illegal hiring in Fincantieri, as reported by local newspapers.

CPRs are lager and non-places: inside the, the living conditions are inhumane, as proven by are the numerous hunger strikes, self-harm episodes, and revolts.

We want to live in a community where no one is locked up or rejected because of their economic background. We will never be silent, with a lager in our backyard. These detention centers are like pillars of an unjust, hateful, and violently repressive world.

After a year, the CPR now is opening for real. We won’t leave alone those who will be interned, we invite you all on TUESDAY 17th OF DECEMBER IN FRONT OF THE CPR AT 8:30AM. We will stand in solidarity with those being interned. We will tell them that many people are against the existence of that life-stealing structure.

Some cars will leave from Piazza Oberdan (Trieste) at 7:15. Come if you don’t know how to go and bring the car if you have spare sits.

NO CPR ASSEMBLY – NO FRONTIERE FVG

30/11/2019

Nella notte tra mercoledì e giovedì verso l’1.30 c’è stato un grave incidente vicino a Lubiana, tra Brezovica e Vrhnika, in direzione Trieste. L’incidente ha coinvolto un’auto con guidatore bosniaco e otto persone di nazionalità siriana, delle quali cinque erano sui sedili posteriori e due nel bagagliaio. Due persone siriane sono morte e una sembra in condizioni critiche. Sembra che l’auto sia sbandata mentre superava un camion ed è andata a sbattere. Quel tratto di autostrada è rimasto chiuso fino alle 6.30 di mattina. I sopravvissuti hanno chiesto asilo.

La notizia non è ancora circolata in Italia.

Sulla rotta balcanica si continua a morire, i confini continuano a uccidere.

https://siol.net/…/huda-nesreca-na-primorski-avtocesti-dva-…

26/11/2019

????Tutte le persone recluse nel CPR di Torino sono in sciopero della fame a partire da oggi. L’area viola già da 5 giorni. Ieri diverse parti della struttura sono state bruciate. ????
I CPR sono non-luoghi terrificanti, l’unico strumento che rimane a disposizione delle persone, una volta recluse, per non essere deportate, è distruggerli.
Noi oggi ci troviamo alle 20:30 in assemblea, se vuoi venire contattaci!

Qui il comunicato di inizio sciopero: https://www.facebook.com/notes/macerie/comunicato-dei-reclusi-dellarea-viola-nel-cpr-di-corso-brunelleschi/2436184746503516/?__tn__=H-R

21/11/2019

«Consideriamo l’intensificazione dei rimpatri una priorità. Dall’inizio dell’anno al 14 novembre sono stati effettuati 5940 rimpatri a fronte dei 5395 dello stesso periodo del 2018. In particolare, dal 5 settembre di quest’anno – data di insediamento del governo – sono ben 1304 rimpatri portati a compimento. Le procedure accelerate […] stanno effettivamente dando degli ottimi risultati. […] Sempre sul piano interno, anche al fine di intensificare l’azione tesa a rendere effettivi i rimpatri coattivi, conto nei prossimi mesi di poter aggiungere ai sette Centri di permanenza per il rimpatrio attualmente [in funzione] una disponibilità di ulteriori posti, pari a trecento, attivando ulteriori strutture. […] Nei lavori parlamentari relativi al disegno di legge di bilancio, auspico che possano essere destinate ulteriori risorse per l’ampliamento della capienza dei centri».

Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, audizione alla Camera del 20.11.2019

Tutti i governi italiani, dal 1998 a oggi, sono stati a favore dei lager di Stato. Noi siamo contro tutti i lager, a Gradisca e altrove! Ci vediamo domenica qui: Nessun lager a Gradisca! presidio sotto il CARA

Oggi Assemblea

Martedì 26 novermbre:  assemblea No CPR no frontiere.

Alle ore 20:30 in via del bosco 52/a. vi aspettiamo!

APERITIVO DI AUTOFINANZIAMENTO

PER LE COMPAGNE E I COMPAGNI ARRESTATE/I NELLE OPERAZIONI SCINTILLA E RENATA

Venerdì 12 aprile, dalle ore 18:30, ci incontreremo al Germinal (Via delBosco 52/a) per un aperitivo di autofinanziamento. I soldi raccolti sarannoinviati per le spese legali delle compagne e compagni di Torino e Trento,recentemente arrestate/i per la lotta contro le frontiere, la guerra e i centridi detenzione per persone senza documenti.Rifletteremo sulle differenza tra le forme di lotta di ieri e oggi e sullemodalità di repressione attuate, sulla violenza di quei non-luoghi di cui iCPR rappresentano l’esempio più tangibile, sulle attuali politichemigratorie e la chiusura dei confini, su politiche securitarie e decoro. Lasuperiorità della violenza del potere del governo può durare se la suastruttura rimane intatta. Come ricostruire una consapevolezza collettiva,basata sulla forza della condivisione e della coesione tra chi lotta?

– Introduce: Gian Andrea Franchi

Daremo inoltre informazioni sulle operazioni Scintilla e Renata edaggiornamenti.

Accorrete, ci sarà un goloso buffet!

Qui il volantino stampabile

Comunicato di solidarietà

SOLIDARIETÀ ALLE ARRESTATE E AGLI ARRESTATI A TORINO e TRENTO/ROVERETO

Ogni persona che lotta contro i CPR, la guerra, il militarismo e le frontiere è senza dubbio una nostra compagna.

Tutta la nostra solidarietà va a chi è stata/o repressa/o, nelle due ultime settimane, dalle operazioni “antiterroristiche” Scintilla e Renata, svoltesi a Torino e Trento/Rovereto. In totale le operazioni hanno portato all’arresto di 13 compagne/i e ad indagarne molte/i altre/i; le accuse sono di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (articoli 270bis e 280 solo per Trento). Questi reati prevedono pene decennali e reclusione preventiva in attesa di processo – attesa che può durare molto tempo e che ora molti stanno scontando, lontani dalle loro città, in isolamento, nelle spietate carceri ad alta sicurezza italiane. Con l’operazione Scintilla viene messa sotto accusa, in particolare, la lotta contro i CPR; con l’operazione Renata, la lotta contro l’industria delle guerre e delle frontiere. Ciò che permette la reclusione preventiva è il pretestuoso reato associativo, usato già più volte in Italia e poi caduto in sede di giudizio. Queste compagne e questi compagni sono prigionieri politici.

Ciò che colpisce dell’intera vicenda non è solo la morsa repressiva sempre più stringente, ma la manipolazione mediatica orchestrata da tutti i giornali, anche quelli con facciata più alternativa. Nessuno racconta che le persone incarcerate erano conosciute sui propri territori per la sensibilità all’ingiustizia e che proprio per questa sensibilità erano attive nella solidarietà ai migranti, alle popolazioni colpite da progetti di devastazione ambientale, ai lavoratori sfruttati: si dice che erano terroristi. Se qualcuno prova a dichiarare pubblicamente che li conosceva come persone sensibili (come il prete che affittava la casa agli arrestati di Trento, o come i colleghi di lavoro), allora la stampa dice che avevano una doppia vita, che mentivano. Non si parla mai delle rivendicazioni politiche, pubbliche, alle azioni concrete incriminate, ma di atti folli che avrebbero potuto colpire chiunque o addirittura persone innocenti; le case occupate o in affitto diventano covi e i media si riempiono di foto di poliziotti in passamontagna. Non si parla di fatti ma di deduzioni e interpretazioni: “la cellula era pronta ad ammazzare” scrivono i giornali riguardo agli arrestati di Trento. “Sono delinquenti, animali da covo sovversivo, mostri, anarchici folli, non sono come gli altri, vogliono abbattere l’ordine democratico” dichiara il vicesindaco di Torino. Che poi, chi non lo vorrebbe abbattere l’ordine democratico di Salvini! Infine, mettono sotto scorta la sindaca di Torino a causa di una scritta su un muro e lo esaltano mediaticamente, cercando di fomentare un sentimento di paura e incomprensione. Ma i terroristi a noi sembrano proprio loro, che inducono terrore nella società per nascondere i loro crimini e giustificare la repressione.

La manipolazione mediatica è fondamentale: perché se venissero raccontati i fatti e le rivendicazioni, se venisse raccontato che l’unica possibile conseguenza delle azioni incriminate erano danni economici a obiettivi specifici, gli stessi danni economici che causano gli scioperi e i picchetti, se si spiegassero le ragioni, diffuse nei comunicati rivendicativi, per cui quegli obiettivi erano stati colpiti, allora tutte/i coloro che oggi siamo unite/i dallo schifo, dalla paura, dalla rabbia e talvolta dall’impotenza davanti alle politiche assassine che stanno venendo fatte, ci solleveremmo per distruggere le carceri dove hanno rinchiuso le/i nostre/i compagne/i. La lotta è la stessa, i nemici pure, ma cercano di dimostrarci che siamo diverse/i e divise/i, perché abbiamo usato l’uno o l’altro strumento a seconda del caso.

La manipolazione mediatica, che non è nuova, ha come fine più evidente la risignificazione di concetti chiave mantenendone però le emozioni connesse: come per esempio il concetto di violenza il quale suscita sentimenti profondi come paura, fragilità, protezione. Una volta risignificato il concetto per definire tutte quelle attività non legali volte a scardinare l’ordine costituito, allora l’opinione pubblica, impaurita, viene utilizzata per legittimare la repressione. Perché il silenzio, il non reagire, il non manifestare solidarietà con chi è stato preso, significa complicità con la scelta di arrestarli.

Oggi, più che mai, è importante invece tirarsi un secchio d’acqua fredda, svegliarsi, chiarire che sono loro le nostre/i compagne/i, che le vogliamo libere; che chi lotta contro il razzismo di stato, il militarismo, lo sfruttamento, il patriarcato e le frontiere è nostra compagna. È importante dire che non abbiamo dubbi su chi siamo: siamo chi ci mette testa e cuore per cambiare questo mondo bellico, basato sullo sfruttamento umano ed ambientale, siamo chi cerca strade e spacca confini per creare un mondo più bello e giusto per tutte/i. Il perbenismo interessato, legalista e moralizzatore di “sinistra”, è oggi più pericoloso che mai. Oggi che molte persone le abbiamo già perse, trascinate nel fascismo per la bocca dello stomaco con la paura dello straniero, indotta a suon di tweet, reti sociali e disinformazione mediatica.

Ricominciamo quindi riprendendoci la chiarezza mentale, parliamo senza paura delle pratiche criminalizzate, se ci sembra il caso riappropriamocene oppure no. Riflettiamo su quanti sgomberi ci sarebbero in Italia se la risposta ad ognuno fosse quella che si è manifestata a Torino poche settimane fa. Riappropriamoci dei termini, identifichiamo che la violenza, il terrore, la morte, stanno nei CPR, nelle politiche migratorie e di chiusura di porti e confini, nelle armi, nella guerra, nei decreti antiabortisti e femminicidi, nel controllo onnipresente, nelle politiche securitarie e di decoro, nelle leggi sul lavoro sempre più precario.

Manifestiamo apertamente la nostra solidarietà alle compagne ed i compagni arrestate/i. L’ultimo pezzo di campo che stanno cercando di conquistare ora è la solidarietà, criminalizzandola, cercando di intimorirci a manifestarla. Cercano di creare dei banditi per rendersi più sceriffi. Sceriffi che dichiarano ormai pubblicamente “Ci vuole un po’ di scuola Diaz” per i manifestanti di Torino [cit: Alessandro Ciro Sciretti, consigliere leghista, 10/02/2019], ossia un po’ di tortura e di teste rotte o che augurano più volte trattamenti disumani, ma possibili e già accaduti nella storia, come “marcire in galera” [cit: Salvini, ministro dell’interno, 13/01/2019].

BASTA PERSONE CHIUSE DENTRO PRIGIONI, DENTRO CPR, DENTRO CONFINI!

LIBERE/I TUTTE/I E LIBERE/I SUBITO !

SABATO 2 MARZO, ALLE h. 14 DAVANTI AL CARCERE DI ALTA SICUREZZA DI TOLMEZZO CI SARÀ UN PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ A DUE DEI RAGAZZI DETENUTI A TRENTO, RINCHIUSI LI. Invitiamo ad una partecipazione numerosa.

Le persone dell’Assemblea NoCPR-NoFrontiere e del Collettivo Tilt di Trieste

Qui la versione stampabile