Aggiornamenti dal CPR di Gradisca – 13.03.2020

Cosa succede durante l’emergenza Corona virus?

AGGIORNAMENTI DAI DETENUTI NEL CPR DI GRADISCA:

Oggi sono stati bruciati dei materassi nella zona verde del Cpr di Gradisca. Un giovane ragazzo marocchino si è tagliato tutto il corpo, chiedeva di essere rilasciato o deportato ma non trattenuto nel Cpr; il giudice, invece, gli ha comminato un ulteriore mese di permanenza, come sta continuando ad avvenire abitualmente da quando è nel Cpr.

I reclusi hanno paura del Corona virus. Ci raccontano di condizioni igieniche pessime: le stanze semi-fatiscenti non sono riscaldate; le lenzuola non vengono mai cambiate; un’impresa di pulizia viene a ritirare la spazzatura circa ogni due settimane, ma le pulizie non vengono fatte se non dai reclusi; i pasti arrivano da Padova, dove ha sede la cooperativa Edeco; gli psicofarmaci vengono distribuiti su richiesta.

Nella situazione emergenziale che si sta vivendo in questo momento, a quanto ci raccontano, nel CPR di Gradisca, stanno continuando a entrare persone nuove di origine prevalentemente srilankese o pakistana, a nessuno è stato fatto un tampone o alcun esame.

AGGIORNAMENTI SULLE DICHIARAZIONI DEI GARANTI:

È della settimana scorsa l’elezione di Giovanna Corbatto a Garante comunale per i diritti delle persone detenute, figura istituita ed eletta dal Consiglio comunale di Gradisca, riunitosi il 5 marzo per vagliare le quattro candidature. Giovanna Corbatto, già a capo dell’area immigrazione della Caritas diocesana, oggi componente dell’Ufficio per le politiche migratorie e la protezione internazionale, ha dichiarato che la prima cosa che farà sarà «incontrare il prefetto e valutare le modalità di accesso al centro e fare una prima visita al centro per capire che tipo di lavoro dovrebbe essere impostato».

Ci chiediamo, a neanche due mesi di distanza dall’omicidio di Vakhtang Enukidze avvenuto all’interno del Cpr di Gradisca, dopo ripetute testimonianze di violenza da parte delle forze dell’ordine sui reclusi, e a fronte del dichiarato stato di pandemia che ha già messo in allarme i detenuti delle carceri, quali altre considerazioni debbano essere fatte e quale sia l’approccio da avere se non quello di pretendere la chiusura di questa prigione etnica.

Il garante nazionale, invece, ha chiesto alla Ministra dell’Interno la cessazione anticipata del trattenimento in Cpr di coloro che, non potendo essere rimpatriati perché i loro Paesi d’origine hanno bloccato i voli in arrivo dall’Italia, sono “illecitamente trattenuti” ai sensi della stessa Direttiva rimpatri del 2008.

Il trattenimento nei Cpr, tuttavia, per noi, è sempre illecito.

AGGIORNAMENTI DALLE CARCERI:

Nel frattempo, dall’8 marzo si sono scatenate delle rivolte contemporanee in 27 carceri italiane: una giornata senza precedenti storici. Nelle stesse ore le strutture penitenziarie sono state attaccate dai detenuti e, in diversi casi, sono state prese in ostaggio alcune delle guardie delle strutture. Fuori sono arrivate poche informazioni e le volontà dei detenuti, come accade per chi è rinchiuso nei Cpr, sono state omesse.

Ieri sono salite a 14 le morti avvenute durante quelle rivolte: secondo la stampa, i decessi sarebbero stati causati da overdose da psicofarmaci, ottenuti nell’assalto alle infermerie. A noi, ricordando Vakhtang, non può che sorgere qualche dubbio su una simile versione dei fatti, che si vuole, peraltro, omogenea per tutti i casi in questione.

Le ragioni delle sommosse sono state, in generale,la situazione disumana di degrado e sovraffollamento delle prigioni , ma sembra che le rivolte siano state scatenate anche dalle misure contenitive prese dal Governo per prevenire la diffusione del Corona virus. Tali misure hanno proibito le visite dei parenti ai detenuti, contribuendo all’esasperazione del clima di tensione e di disperazione dei reclusi, a seguito delle notizie sulla diffusione del virus in Italia e sulla presenza di un detenuto positivo al Covid-19 all’interno del carcere di Modena. Anche nelle carceri di Trieste e Udine ci sono state delle proteste e delle battiture nella giornata di martedì 10 marzo.

Si tratta di una strage su cui il governo non ha detto nulla né, contrariamente a quanto richiesto da più parti, ha deciso di adottare alcuna misura cautelativa per la salute dei detenuti come potevano essere amnistia, indulto o estensione della misure domiciliari.

E CHI UNA CASA NON CE L’HA?

Contemporaneamente, martedì 10 marzo il centro diurno di via Udine a Trieste ha chiuso e l’Help center ha sospeso temporaneamente la sua attività, lasciando per strada le persone che trovavano lì riparo.

Il dormitorio della Caritas di Gorizia non accetta più nuovi ingressi, per cui alle persone tornate per il rinnovo del permesso di soggiorno non resta che la Jungle. Alcune persone sono state rifiutate con l’esplicita motivazione che venivano dalla Lombardia, anche se in realtà nessuna di queste di fatto è mai stata in Lombardia ma proviene dall’estero; fino al 3 aprile almeno per queste persone l’ingresso al dormitorio è precluso. Ancora non si sa se e quali soluzioni si intendano trovare per chi, in questi giorni, non ha una casa.

Non dimentichiamoci, inoltre, che nel più grande hotspot d’Europa, a Lesbo, già dall’inizio della settimana era stato confermato un primo caso di persona positiva al Corona virus.

Per le persone rinchiuse in spazi di detenzione ristretti, spesso in condizioni igieniche pessime, il rischio di contagio è molto alto ed è ovvio che questo acuisca lo stato di tensione e di rabbia  tra i detenuti e in genere tra chi è abbandonato in luoghi di contenimento forzato.

Se è vero che uno stato d’eccezione come quello che stiamo vivendo non fa che esacerbare e mostrare la violenza e la crudeltà delle contraddizioni interne al sistema capitalistico neoliberale, noi vogliamo dire che insieme alle carceri e tutte le strutture detentive e ghettizzanti, i Cpr continuano ad esistere. Di carcere e di Cpr si muore, lo sappiamo, e con una pandemia in circolazione, ancora una volta, se tra i detenuti qualcuno dovesse morire per la contrazione del Corona virus, noi sapremo chi è Stato.

Contro tutte le prigioni, solidarietà alle detenute e ai detenuti!

 

Aggiornamenti da dentro il lager – 18.02.2020

La sopravvivenza nel Cpr prosegue uguale: si fanno i rimpatri, si libera per decorrenza dei termini, si aspettano gli avvocati coi quali alle volte è difficile parlare, si aspettano le udienze che vengono sempre comunicate all’ultimo momento.

Ogni mese avviene l’udienza di convalida del trattenimento: è durante questa udienza che il giudice decide se prolungare il trattenimento di un altro mese, fino al massimo dei sei previsti dalla legge. A ogni udienza viene aperto un nuovo fascicolo, cosa che – insieme ad altre – determina tempi lunghi e grande confusione.

Qualche giorno fa, M. A., il ragazzo con l’epatite C, è stato rimpatriato. La sua richiesta di asilo per motivi politici era stata rigettata. Aveva poi fatto richiesta di permesso di soggiorno per cure mediche. Il giorno stesso è stato rimpatriato con l’inganno: dopo che gli era stato comunicato che veniva trasferito a Catania per essere curato, è stato invece portato a Palermo e dove è stato imbarcato su un volo charter di rimpatrio per la Tunisia. Nel 2018, l’Italia ha organizzato 66 voli charter di rimpatrio verso la Tunisia, su 77 voli charter totali.

I fogli di via non ci fermeranno. Libere tutte, liberi tutti.

MISURE FASCISTE CONTRO LA SOLIDARIETÀ:

I FOGLI DI VIA NON CI FERMERANNO, LIBERE TUTTE, LIBERI TUTTI!

Nelle scorse settimane quattro militanti dell’assemblea NO CPR – NO Frontiere FVG sono stati raggiunti da altrettanti fogli di via dal territorio comunale di Gradisca d’Isonzo. La “scusa” ufficiale per un simile provvedimento risale al 9 dicembre scorso quando i carabinieri di Gradisca fermavano e trattenevano in caserma per oltre un’ora e mezza i quattro, per poi rilasciarli con copia della richiesta indirizzata al Questore di Gorizia del foglio di via per aver presuntamente tentato di scattare delle foto dall’esterno del CARA (allora il CPR non era aperto né era nota la data d’apertura).

Il foglio di via è una misura amministrativa che in base all’articolo 2 del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159 intitolato “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione” inibisce l’accesso al territorio comunale pena l’arresto da uno a sei mesi. Si tratta di una limitazione della libertà personale che viene imposta non per aver commesso un reato, ma per _prevenire_ che esso possa essere commesso da una persona che i rappresentanti dello Stato (questori) ritengono “pericolosa”.

La pretestuosità della misura è evidente dal momento che il CARA non è certo una struttura segreta: immagini e riprese della struttura sono continuamente pubblicate dai media. Ma l’evidenza diventa ancora maggiore se si tiene presente che la misura è stata comminata dal questore il 13 gennaio, cioè due giorni dopo il corteo indetto dall’assemblea No CPR – No Frontiere che, passando davanti il CPR ha instaurato il primo dialogo con i reclusi, i quali hanno così potuto rendere pubbliche le tremende condizioni in cui sono costretti e, la settimana seguente, i pestaggi.

Per questi motivi, l’intento di intimidire e dissuadere chi tenta di solidarizzare con i reclusi e svelare la disumanità di una prigione etnica quale è il CPR è del tutto evidente.

Peraltro l’utilizzo di misure amministrative per reprimere il dissenso in Italia è un fatto sempre più frequente. Sin dal cosiddetto “pacchetto sicurezza “, L125/2008, del Ministro Maroni che da ai Sindaci “sceriffi” la possibilità di legiferare in delega allo Stato su questioni di sicurezza, passando per il decreto Minniti sulla “sicurezza urbana” del 2017, nell’ordinamento italiano sono state progressivamente introdotte sempre maggiori possibilità per colpire con misure amministrative immediatamente esecutive ogni forma di resistenza e dissenso. Proprio per il loro carattere amministrativo si tratta di misure che sono impartite delle autorità senza un processo e un giudizio di merito, e molto spesso comportano sanzioni pecuniarie, che si rivelano più efficaci di quelle penali nel colpire soggetti a basso reddito, precari e studenti, cioè esattamente i principali protagonisti delle lotte sociali.

Crediamo vada sottolineato il legame tra l’utilizzo di queste misure e la legge Turco-Napolitano del 1998, che istituiva i centri per l’espulsione dei migranti (i quali nel corso del tempo hanno cambiato nome in CPT, CIE, CPR). Proprio l’aver introdotto nell’ordinamento giuridico la detenzione amministrativa per i cittadini stranieri, che possono venir privati della libertà personale e rinchiusi nei CPR con un semplice atto disposto dal Questore, convalidato poi da un Giudice di Pace senza un giudizio di merito da parte di una corte, ha creato il precedente utile per estendere progressivamente a tutti e tutte misure amministrative di limitazione della libertà.

Ma questo legame diviene ancora più inquietante se lo si guarda da un’altra ottica: il “foglio di via obbligatorio” è uno dei “rimasugli” che sono ancora in vigore nell’ordinamento italiano di quelle che erano le “misure di sicurezza” previste dal mussoliniano codice Rocco del 1930 per colpire gli oppositori politici del regime. Ecco quindi che a chi lotta contro l’esistenza di prigioni etniche nel nostro paese, cioè istituzioni che di fatto sono assimilabili ai lager del secolo scorso, vengono applicate norme fasciste che esattamente a quel periodo risalgono.

Allora diviene chiaro che costruire la solidarietà con i reclusi nel CPR così come con chi viene colpito dalla repressione significa difendere la libertà di tutti e tutte.

 

Aggiornamenti da dentro il lager – 13.02.2020

Nel Cpr di Gradisca il tempo non passa mai. Le persone restano in attesa, spesso senza riuscire a parlare con i loro avvocati d’ufficio, per settimane, per mesi, e si sentono come “sotto sequestro”. Aspettano settimane o mesi le udienze, le cui date non vengono comunicate se non all’ultimo.

Intanto, le persone che sono state deportate ci raccontano che si sentono completamente spaesate nel loro Paese d’origine, dal quale si sono allontanate da anni, chi da più di venti. Uno ci dice che non è abituato a vivere in quel posto, che tutto e tutti gli sembrano strani, e che vorrebbe solo rientrare in Italia, dove sta tutta la sua famiglia e tutta la sua vita. Passano il tempo a cercare di capire come tornare a casa loro, in Italia.

Da dentro ci ripetono che non ce la fanno più. Ci dicono: “qui è una merda proprio, più che vi immaginate, manco il più forte può resistere qui”.

“Siamo alla merda qua, siamo sequestrati. Sempre sdraiati nel letto, la mia schiena sta male. […] Niente, niente. Mangiare schifo, bruttissimo. Mi trattano male peggio di un animale. L’animale viene trattato bene, i gatti bene mangiano […] la cena arriva dopo le dieci [di sera], il pranzo dopo le tre [di pomeriggio] […] colazione arriva a mezzogiorno. Da qua esci complicato, questa non è una struttura per guarire persone […] due metri quadrati, ma non siamo gatti, non siamo topi. […] Non lo so perché fate le frontiere tutti quanti…”

Nel silenzio che sta seguendo l’attenzione mediatica dopo l’uccisione di Vakhtang Enukidze, il Cpr di Gradisca continua a essere “una merda proprio”.

5.02.2020-Deportazione oggi

Oggi è stato deportato B.S. È un ragazzo originario dal Gambia, gli mancavano pochi giorni per terminare il tempo massimo di permanenza in un CPR. Anche lui ci aveva raccontato di aver visto il pestaggio a Vakhtang. È, anche lui, un testimone. Era stato inizialmente portato al CPR di Bari, poi a quello di Gradisca. Prima viveva a Vicenza dove aveva molti amici e amiche, frequentava il Bocciodromo di Vicenza, ce ne parlava spesso nelle chiamate dei primi giorni, quando tutti avevano ancora i telefoni. È molto gentile, molto calmo, parla molto bene l’italiano. Era arrivato anni fa in Italia, dal mediterraneo, attraverso un viaggio terrificante in cui aveva visto morire molte delle persone che erano sulla sua stessa imbarcazione, ce ne aveva parlato, in uno di quei messaggi all’inizio, ci diceva che era impossibile dimenticarlo. Lo hanno portato via questa mattina dicendogli che lo spostavano per alcuni giorni in un altro CPR, si è ritrovato all’aeroporto di Bologna, con due guardie e in poco tempo su un volo, terrorizzato e rassegnato. Come cavolo ci torna ora qui dal Gambia B.S.? Qui dove ha tutta la sua vita? Di nuovo attraverso la Libia? Noi aspettavamo uscisse per andare a prenderlo alle porte del CPR e conoscerlo di persona.

Pagherete tutto!

Per Vakhtang, per B.S., per tutti i reclusi e le recluse nei CPR. Con tanta rabbia e tristezza lo ridiciamo: che ognuno faccia qualcosa perché questi abomini chiudano e perchè tutte le persone che ci sono rinchiuse vengano liberate.

5.02.2020 – AGGIORNAMENTI DAL C.P.R. DI GRADISCA-

AGGIORNAMENTI DAL CPR DI GRADISCA

Hanno deportato alcuni dal Marocco, dei nigeriani ieri, l’altro ieri dal Marocco.”, “Ho paura che mi mandano via” ci hanno detto sabato 1 febbraio alcune persone recluse dentro il CPR.

I detenuti del CPR rischiano la deportazione pur di raccontarci quello che succede lì dentro. Fuori ci ritroviamo con la responsabilità di aver ascoltato quelle voci. Vi riportiamo alcune informazioni che ci sono state dette.

Un ragazzo dentro il CPR ha l’epatite C, sabato in molti ci gridavano che non veniva medicato ed i suoi compagni chiedevano aiuto. Domenica sera ha iniziato a vomitare sangue ed è stato brevemente portato al pronto soccorso per poi essere riportato al CPR la notte. Ogni volta che qualcuno ha bisogno di qualcosa, anche se urgente come in quel caso, sono costretti a fare casino almeno per 15 minuti, battere sulle sbarre e urlare, prima che qualcuno li consideri.

La zona verde, quella vicino alla strada, è stata quasi completamente svuotata, così da limitare al massimo i contatti con l’esterno. La zona rossa, quella più lontana, è invece piena.

La doccia ha solo acqua bollente, una persona ha provato a entrare sotto la doccia, ne è uscita piena di bolle. Devono mescolare un secchio di acqua calda ed uno di acqua fredda per lavarsi.

Dopo la rivolta della scorsa settimana son rimasti 4 giorni senza riscaldamento.

Il cibo che gli viene dato viene sempre passato sotto le sbarre delle gabbie ed è composto da del riso con o senza sugo e delle carote lesse.

Ci ringraziano molto per la solidarietà mostrata da fuori e per andare a parlare lì sotto, non si capacitano di come possano esistere posti così.

Durante il corteo, sabato, i reclusi ci gridavano che la polizia li stava filmando e minacciando che avrebbe inviato i video al “magistrato”. I reclusi vivono nel terrore di essere deportati. Quando vengono portati dal giudice di pace ricevono o il prolungamento della permanenza senza ulteriori spiegazioni o, quando il tempo massimo si è esaurito, l’ordine di uscire dal CPR. Non vengono quasi mai informati di quando la scelta è la deportazione, le deportazioni arrivano infatti spesso all’alba e a sorpresa. Minacciare l’invio di informazioni su una “cattiva condotta” al “magistrato” significa minacciare di aumentare la probabilità che avvenga la deportazione. Anche fuori ci seguivano e filmavano dall’alto sabato, riguardo a ciò ne parleremo un’altra volta.

Ad alcune persone, la settimana scorsa, è stata rovinata la vita, le hanno deportate. Sono state deportate verso Paesi da cui, molto probabilmente, ripartiranno affrontando viaggi pericolosi e forse mortali. Sono state strappate da vita e affetti in Italia, per aver perso un pezzo di carta. Nel mentre, sui media, si legge solo la preoccupazione per i pochi giorni di prognosi dati ad alcune forze dell’ordine ferite nel sedare la rivolta dei reclusi nel CPR di Torino, i quali a loro volta stavano lottando per la loro libertà e per quella di tutte/i noi. Perché un mondo in cui esistono luoghi di morte, come i CPR, è un mondo in cui nessuno è davvero libera/o.

Perché tutti i muri dei CPR cadano e le persone rinchiuse vengano liberate. Per Vakhtang.

In solidarietà con tutti quei detenuti che stanno lottando perché i CPR chiudano. In solidarietà con tutte le persone rinchiuse nei CPR.

ESSERCI, DOMANI, SIGNIFICA RISPONDERE CHE A NOI SÌ, INTERESSA.

ESSERCI, DOMANI, SIGNIFICA RISPONDERE CHE A NOI SÌ INTERESSA.

Per la chiusura di tutti i CPR. Per Vakhtang.

La morte di del Sig. Stefano Cucchi è addebitabile ad un quadro di edema polmonare acuto […] intimamente correlata all’evento traumatico occorso” citava la perizia sull’autopsia di Stefano Cucchi. “Non è morto per le botte è morto per un’edema polmonare acuto” titolavano tutti i giornali riguardo alla morte di Vakhtang ad inizio settimana, dopo le indiscrezioni fatte uscire, con intelligenza, sull’autopsia. Queste indiscrezioni hanno permesso di chiudere l’interesse mediatico scoppiato la settimana scorsa per la morte di Vakhtang e per i lager CPR. “A chi volete che interessi il destino di un migrante morto?” ha commentato la sorella di Vakhtang nel dolore.

La risposta alla sua domanda sta in ognuna di noi.

Domani ci sarà un corteo a Gradisca che arriverà davanti al CPR. Da speriamo di riuscire a parlare con i detenuti, poi mangeremo e cercheremo di inviare della musica dall’altra parte delle mura. Nei presidi delle ultime settimane siamo riuscite a comunicare con chi era rinchiuso nel CPR e a farci raccontare la situazione al suo interno. È grazie a quelle comunicazioni che sono uscite le testimonianze sulla morte di Vakhtang e che si è iniziato a parlare di CPR. Se siamo in tante, domani, riusciremo anche questa volta. Se siamo in poche, forse, ci manderanno via.

I CPR sono i luoghi più razzisti che esistono sul territorio italiano. Il CPR di Gradisca, come tutti gli altri, deve chiudere.

I reclusi al suo interno hanno rischiato e (molti) ottenuto la deportazione pur di far uscire le loro voci sulla morte di Vakhtang, essere li fuori domani è la responsabilità minima che ognuno di noi deve prendersi, dopo averle sentite.

Sarà una giornata di pioggia in cui nessuno avrà voglia di uscire di casa. Beh, fatelo lo stesso, non sarà un giorno normale. Non troviamoci in poche in strada.

Per Vakhtang, che chiudano tutti i CPR e che vengano liberate le persone che vi sono rinchiuse.

Chiediamo aiuto per una massima diffusione del corteo.

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2020/01/28/799/

https://www.facebook.com/events/186242409116317/

Vakhtang Enukidze è un morto di Stato – comunicato dopo l’autopsia

Ieri moltissimi mezzi d’informazione davano grande risalto alla notizia che sono escluse le percosse dalle cause della morte di Vakhtang Enukidze. Questo sulla base di indiscrezioni fatte trapelare da avvocati e medici prima degli esiti ufficiali dell’autopsia sul corpo. Si tratta degli stessi mezzi d’informazione che il 15 gennaio titolavano che la causa della morte era da imputare a una rissa tra detenuti. A detta dell’avvocato che sta seguendo il caso, l’autopsia ha rilevato che la causa della morte è stato un edema polmonare. Ma quali sono state le cause di quell’edema? Davvero non c’entrano niente le botte ricevute qualche giorno prima?

Noi sappiamo, perché ce l’hanno detto i suoi compagni di prigionia rischiando di essere puniti e deportati, che Vakhtang è stato picchiato duramente, che ha battuto la testa nell’ultimo pestaggio e che è stato trascinato via per i piedi «come un animale». Sappiamo che ha chiesto aiuto «con la bava alla bocca» per più di un giorno, senza essere soccorso, per poi morire. Sappiamo, dalla testimonianza della sorella, che Vakhtang era stato sovraccaricato di medicine dal giorno del suo arrivo. Sappiamo che almeno cinque testimoni del pestaggio sono stati frettolosamente deportati nei loro Paesi d’origine nei giorni immediatamente successivi alla morte. Sappiamo che dentro il Cpr, dopo la morte di Vakhtang, è avvenuta un’operazione di “bonifica”: sono stati sequestrati i telefoni dei detenuti tramite i quali erano filtrate le prime testimonianze sul pestaggio di Vakhtang; sappiamo anche che dentro i Cpr le telecamere dei cellulari vengono sistematicamente distrutte all’entrata. Sappiamo che dentro i Cpr le violenze delle guardie sono quotidiane.

Sappiamo tutto questo, e per questo non accettiamo questa ultima versione riportata dai giornali, che non considera le circostanze della morte di Vakhtang. Se una persona muore mentre è nelle mani dello Stato, in un luogo già in sé violento e oppressivo, sedata da un sovraccarico di farmaci, dopo aver subito un pestaggio da parte delle cosiddette forze dell’ordine, dopo aver atteso i soccorsi per più di 24 ore, lo Stato e le guardie del Cpr sono responsabili di quella morte. A fronte dello sforzo mediatico per oscurare le circostanze della morte di Vakhtang e risolvere il caso appellandosi a un problema dell’apparato respiratorio, noi ripetiamo che Vakhtang è un morto di Stato.

Tuttavia, noi non siamo contro i Cpr perché sono strutture gestite male o perché i reclusi hanno pochi diritti, e nemmeno perché sono luoghi dove si può morire senza ricevere cure mediche, com’è successo a Vakhtang. Siamo contro i Cpr in sé, perché sono luoghi di morte anche quando non muore nessuno, perché fanno parte di un sistema massacrante che crea gerarchie tra le persone a seconda di dove sono nate.

1 febbraio: corteo + pranzo + concerto in solidarietà ai reclusi

Il 18 gennaio è morto Vakhtang Enukidze, cittadino georgiano di 37 anni. Era recluso nel CPR di Gradisca e il CPR l’ha ucciso.
Mentre la stampa ufficiale e la procura hanno ricondotto sbrigativamente le cause del decesso a una rissa tra detenuti, i suoi compagni di prigionia raccontano come invece Vakhtang sia morto ammazzato di botte da parte delle forze dell’ordine all’interno della struttura.

Il CPR di Gradisca ha riaperto il 17 dicembre, dopo l’aggiudicazione dell’appalto alla cooperativa veneta Edeco, già nota per la gestione del “campo-lager” di Cona (VE). La stessa cooperativa è anche al centro di indagini giudiziarie per maltrattamenti, corruzione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta e falso, frode nelle pubbliche forniture. In questo primo mese, a Gradisca si sono già verificati rivolte, tentativi di fuga, fughe, violenze, atti di autolesionismo e tentati suicidi. Fino alla morte di Vakhtang Enukidze, a poche ore dal suo previsto rimpatrio in Georgia.

Come Assemblea No Cpr No Frontiere siamo in contatto diretto con alcuni dei reclusi e ne stiamo raccogliendo le testimonianze dirette, che parlano di continue violenze e pestaggi da parte della polizia, rivolte in particolare a chi cerca di rendere note le condizioni all’interno del centro e gli eventi che hanno portato alla morte di Vakhtang. Diversi testimoni oculari sono stati rimpatriati in questi ultimi giorni, con una solerzia che è difficile ritenere casuale.
È fondamentale spezzare l’isolamento e contribuire a far sentire la voce delle persone recluse, perché siano chiare le responsabilità istituzionali nella morte di Vakhtang Enukidze, perché il silenzio non avvolga le violenze e i soprusi quotidiani all’interno del lager.
Rifiutiamo l’esistenza di una struttura che, essendo fondata sulla violenza repressiva, non può che generare altra violenza, oppressione e morte. Perché ognun@ possa essere liber@ di essere chi vuole e dove vuole, è necessario che tutti i muri contenitivi cadano. Trovate le testimonianze dei reclusi nel blog nofrontierefvg.noblogs.org e sulla pagina fb “no cpr e no frontiere – fvg”. [nofrontiere.noblogs.org]

PROGRAMMA DELLA GIORNATA
h. 11:00 Ritrovo davanti al centro commerciale La Fortezza
corteo davanti al Cpr
pranzo sociale (porta qualcosa!)
concerto dei Minoranza di uno (punk hc), in solidarietà con le persone recluse.

Tutta la giornata a Gradisca sarà contro il Cpr e per Vakhtang. Seguiranno info su altre attività.

Per la chiusura di tutti i Cpr e la liberazione di tutti i reclusi e le recluse!

Aggiornamenti

???? Giovedì 30 dicembre: presidio seguito da corteo a Trieste
???? Sabato 1 dicembre: intera giornata di azioni e mobilitazioni davanti al CPR di Gradisca.
Ieri notte vi sono state delle rivolte e tentativi di fuga dal CPR, oggi dovevano riconsegnare i cellulari e non lo hanno fatto. Qualcuno ha cercato di comunicare oltre le mura, ma sembra la polizia non permettesse alle persone di parlare. La settimana di azioni e mobilitazioni per
????la chiusura di tutti i CPR
????la libertà immediata di tutti coloro che vi sono rinchiusi
???? per Vakhtang
sarà ricca e presto pubblicheremo aggiornamenti.