NESSUN CPR NÉ A GRADISCA NÉ ALTROVE!

L’apertura del CPR di Gradisca si fa imminente: i bandi parlano della prossima estate, le dichiarazioni dei politici locali del prossimo autunno.

L’assemblea no CPR – no frontiere ripropone un presidio davanti all’ex CIE di Gradisca, ora per metà CARA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) e per metà CPR in costruzione. Sarà un pomeriggio di incontro e protesta, per mantenere alta la tensione sul procedere dei lavori per la “riconversione” del CARA in lager di Stato, ma anche per riprendere il filo del lungo dialogo nato in questi mesi fra chi è statx in presidio lì davanti e le persone costrette nel CARA.

Di fronte all’apertura di un lager di Stato vicino a ‘casa nostra’, sceglieremo tuttx insieme da che parte stare: contro i CPR, contro ogni confine, contro il “decreto Salvini” – in solidarietà a chi subisce il regime delle frontiere e ci lotta contro ogni giorno.

Ci vediamo a Gradisca, per un pomeriggio di incontro, rivendicazione e lotta per un mondo più giusto, un mondo senza frontiere e senza galere.

qui una nostra fanzine che spiega perché i CPR sono dei lager e perché non si può non lottarci contro: https://nofrontierefvg.noblogs.org/files/2019/03/fanzineNoCPR.pdf

https://www.facebook.com/events/811873305851460/

 

Comunicato di solidarietà

SOLIDARIETÀ ALLE ARRESTATE E AGLI ARRESTATI A TORINO e TRENTO/ROVERETO

Ogni persona che lotta contro i CPR, la guerra, il militarismo e le frontiere è senza dubbio una nostra compagna.

Tutta la nostra solidarietà va a chi è stata/o repressa/o, nelle due ultime settimane, dalle operazioni “antiterroristiche” Scintilla e Renata, svoltesi a Torino e Trento/Rovereto. In totale le operazioni hanno portato all’arresto di 13 compagne/i e ad indagarne molte/i altre/i; le accuse sono di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (articoli 270bis e 280 solo per Trento). Questi reati prevedono pene decennali e reclusione preventiva in attesa di processo – attesa che può durare molto tempo e che ora molti stanno scontando, lontani dalle loro città, in isolamento, nelle spietate carceri ad alta sicurezza italiane. Con l’operazione Scintilla viene messa sotto accusa, in particolare, la lotta contro i CPR; con l’operazione Renata, la lotta contro l’industria delle guerre e delle frontiere. Ciò che permette la reclusione preventiva è il pretestuoso reato associativo, usato già più volte in Italia e poi caduto in sede di giudizio. Queste compagne e questi compagni sono prigionieri politici.

Ciò che colpisce dell’intera vicenda non è solo la morsa repressiva sempre più stringente, ma la manipolazione mediatica orchestrata da tutti i giornali, anche quelli con facciata più alternativa. Nessuno racconta che le persone incarcerate erano conosciute sui propri territori per la sensibilità all’ingiustizia e che proprio per questa sensibilità erano attive nella solidarietà ai migranti, alle popolazioni colpite da progetti di devastazione ambientale, ai lavoratori sfruttati: si dice che erano terroristi. Se qualcuno prova a dichiarare pubblicamente che li conosceva come persone sensibili (come il prete che affittava la casa agli arrestati di Trento, o come i colleghi di lavoro), allora la stampa dice che avevano una doppia vita, che mentivano. Non si parla mai delle rivendicazioni politiche, pubbliche, alle azioni concrete incriminate, ma di atti folli che avrebbero potuto colpire chiunque o addirittura persone innocenti; le case occupate o in affitto diventano covi e i media si riempiono di foto di poliziotti in passamontagna. Non si parla di fatti ma di deduzioni e interpretazioni: “la cellula era pronta ad ammazzare” scrivono i giornali riguardo agli arrestati di Trento. “Sono delinquenti, animali da covo sovversivo, mostri, anarchici folli, non sono come gli altri, vogliono abbattere l’ordine democratico” dichiara il vicesindaco di Torino. Che poi, chi non lo vorrebbe abbattere l’ordine democratico di Salvini! Infine, mettono sotto scorta la sindaca di Torino a causa di una scritta su un muro e lo esaltano mediaticamente, cercando di fomentare un sentimento di paura e incomprensione. Ma i terroristi a noi sembrano proprio loro, che inducono terrore nella società per nascondere i loro crimini e giustificare la repressione.

La manipolazione mediatica è fondamentale: perché se venissero raccontati i fatti e le rivendicazioni, se venisse raccontato che l’unica possibile conseguenza delle azioni incriminate erano danni economici a obiettivi specifici, gli stessi danni economici che causano gli scioperi e i picchetti, se si spiegassero le ragioni, diffuse nei comunicati rivendicativi, per cui quegli obiettivi erano stati colpiti, allora tutte/i coloro che oggi siamo unite/i dallo schifo, dalla paura, dalla rabbia e talvolta dall’impotenza davanti alle politiche assassine che stanno venendo fatte, ci solleveremmo per distruggere le carceri dove hanno rinchiuso le/i nostre/i compagne/i. La lotta è la stessa, i nemici pure, ma cercano di dimostrarci che siamo diverse/i e divise/i, perché abbiamo usato l’uno o l’altro strumento a seconda del caso.

La manipolazione mediatica, che non è nuova, ha come fine più evidente la risignificazione di concetti chiave mantenendone però le emozioni connesse: come per esempio il concetto di violenza il quale suscita sentimenti profondi come paura, fragilità, protezione. Una volta risignificato il concetto per definire tutte quelle attività non legali volte a scardinare l’ordine costituito, allora l’opinione pubblica, impaurita, viene utilizzata per legittimare la repressione. Perché il silenzio, il non reagire, il non manifestare solidarietà con chi è stato preso, significa complicità con la scelta di arrestarli.

Oggi, più che mai, è importante invece tirarsi un secchio d’acqua fredda, svegliarsi, chiarire che sono loro le nostre/i compagne/i, che le vogliamo libere; che chi lotta contro il razzismo di stato, il militarismo, lo sfruttamento, il patriarcato e le frontiere è nostra compagna. È importante dire che non abbiamo dubbi su chi siamo: siamo chi ci mette testa e cuore per cambiare questo mondo bellico, basato sullo sfruttamento umano ed ambientale, siamo chi cerca strade e spacca confini per creare un mondo più bello e giusto per tutte/i. Il perbenismo interessato, legalista e moralizzatore di “sinistra”, è oggi più pericoloso che mai. Oggi che molte persone le abbiamo già perse, trascinate nel fascismo per la bocca dello stomaco con la paura dello straniero, indotta a suon di tweet, reti sociali e disinformazione mediatica.

Ricominciamo quindi riprendendoci la chiarezza mentale, parliamo senza paura delle pratiche criminalizzate, se ci sembra il caso riappropriamocene oppure no. Riflettiamo su quanti sgomberi ci sarebbero in Italia se la risposta ad ognuno fosse quella che si è manifestata a Torino poche settimane fa. Riappropriamoci dei termini, identifichiamo che la violenza, il terrore, la morte, stanno nei CPR, nelle politiche migratorie e di chiusura di porti e confini, nelle armi, nella guerra, nei decreti antiabortisti e femminicidi, nel controllo onnipresente, nelle politiche securitarie e di decoro, nelle leggi sul lavoro sempre più precario.

Manifestiamo apertamente la nostra solidarietà alle compagne ed i compagni arrestate/i. L’ultimo pezzo di campo che stanno cercando di conquistare ora è la solidarietà, criminalizzandola, cercando di intimorirci a manifestarla. Cercano di creare dei banditi per rendersi più sceriffi. Sceriffi che dichiarano ormai pubblicamente “Ci vuole un po’ di scuola Diaz” per i manifestanti di Torino [cit: Alessandro Ciro Sciretti, consigliere leghista, 10/02/2019], ossia un po’ di tortura e di teste rotte o che augurano più volte trattamenti disumani, ma possibili e già accaduti nella storia, come “marcire in galera” [cit: Salvini, ministro dell’interno, 13/01/2019].

BASTA PERSONE CHIUSE DENTRO PRIGIONI, DENTRO CPR, DENTRO CONFINI!

LIBERE/I TUTTE/I E LIBERE/I SUBITO !

SABATO 2 MARZO, ALLE h. 14 DAVANTI AL CARCERE DI ALTA SICUREZZA DI TOLMEZZO CI SARÀ UN PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ A DUE DEI RAGAZZI DETENUTI A TRENTO, RINCHIUSI LI. Invitiamo ad una partecipazione numerosa.

Le persone dell’Assemblea NoCPR-NoFrontiere e del Collettivo Tilt di Trieste

Qui la versione stampabile

Domenica 3 Marzo h. 17:00 Bar Knulp

PRESESENTAZIONE E MOSTRA SUGLI INTERESSI ITALIANI IN LIBIA

La Libia è stata colonia italiana dal 1911 alla Seconda guerra mondiale: un territorio che ha resistito ininterrottamente al tentativo di penetrazione e soggiogamento dei colonialisti liberali e poi fascisti. Oggi è il punto di convergenza delle rotte migratorie africane ed è anche la terra più ricca di petrolio (38% del petrolio africano) e più politicamente instabile dell’Africa mediterranea. Capire cosa succede lì è fondamentale per affrontare il discorso migratorio da un punto di vista strutturale e anti-retorico.

In questo incontro, ricostruiremo la storia della «cooperazione» tra Italia e Libia nel contrasto dei movimenti migratori irregolari (ad es., attraverso la cessione di mezzi di pattugliamento, la costruzione di lager detentivi e il progetto della costruzione di un muro alla frontiera meridionale), ripercorrendo tutti gli accordi ufficiali, non ufficializzati e segreti firmati a partire dal 2003. Faremo una mappatura delle aziende italiane presenti sul territorio libico, che muovono miliardi di dollari con l’estrazione del petrolio e del gas e con la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali, e parleremo in particolare del ruolo geopolitico dell’ENI. Racconteremo come le stesse milizie che presidiano i pozzi petroliferi e che si sono arricchite per mesi con il «traffico illegale» di persone siano ora pagate dall’Italia per impedirlo.

La storia e il presente della Libia mostrano con violenza come la questione migratoria contemporanea sia all’incrocio di equilibri economici e geopolitici e muova capitali e guerre di potere e di influenza. La destabilizzazione politica e sociale portata avanti dai Paesi a capitalismo avanzato nei Paesi dai quali provengono i flussi migratori è la causa fondante della necessità delle persone di spostarsi.

L’atteggiamento di umanitarismo pietista verso le persone migranti è allora pericoloso quasi quanto la chiusura razzista, perché allo stesso modo non ne riconosce la piena capacità di decidere per sé stesse e le pone a un livello inferiore della gerarchia degli esseri umani.

Al contrario, partiamo dalla presa di coscienza delle responsabilità dirette del modello «di sviluppo» italiano, e non solo, nella devastazione neocoloniale di una parte del mondo – la parte da dove si è costrette/i a partire. E iniziamo a muoverci di conseguenza.

Qui il volantino

Solidarietà a Torino

A Torino, si sta sgomberando l’Asilo di via Alessandria (occupato dal 1995). Si stanno cercando 5 persone per “associazione con finalità sovversive” (art. 270bis) per eventi del 2016 legati alla lotta contro il CIE. La resistenza alla costruzione dei lager di Stato diventa così – per lo Stato – una forma di terrorismo. Mandiamo la nostra solidarietà a chi viene perseguitato dalla legge per aver scelto di stare dalla parte giusta.

Info live su Radio Blackout 105.250: https://radioblackout.org/…/sgomberi-e-arresti-a-torino-ag…/

I CPR sono lager di Stato: no ai CPR né a Gradisca né a Torino né altrove!

ASSIEME DAVANTI AL CARA DI GRADISCA!

Dopo la riuscita manifestazione a Gradisca dello scorso 20 ottobre, ritorniamo davanti al CARA per un pomeriggio di incontro e protesta.
Un presidio per mantenere alta la tensione sul procedere dei lavori per la “riconversione” del CARA in lager di Stato (quei CPR previsti dall’ultimo governo PD, ora potenziati dall’attuale maggioranza penta-leghista), ma anche per riprendere il filo del lungo dialogo nato il 20 fra i partecipanti alla manifestazione e le persone costrette nel CARA.

Ci vediamo sabato 10, dalle 14.30 davanti al CARA di Gradisca.
Contro i CPR, contro ogni confine, contro le aberrazioni del “decreto Salvini”, per affrontare collettivamente i problemi di chi sta dentro e fuori da quelle mura!
Nessun lager aprirà, né a Gradisca né Altrove!

EMERGENZA FREDDO SULLA ROTTA BALCANICA: RACCOLTA COPERTE, SACCHI A PELO E CALZINI tg40-42!
La difficile situazione dei campi profughi nei Balcani precipita all’abbassarsi delle temperature; alcun* di noi porteranno rifornimenti nei prossimi giorni: porta al presidio i sacchi a pelo, le coperte e i calzini tg 40-42 che non usi.
IMPORTANTE: se non hai nulla da donare, ma vuoi contribuire alla raccolta, NON ACQUISTARE COSE NUOVE!; porta piuttosto il denaro: acquisteremo il materiale in prossimità dei campi (è molto più economico e non si corre il rischio dell’arbitrario sequestro da parte della polizia di frontiera).

INFORMAZIONI TECNICHE

  • Partenza alle ore 13, da piazza Oberdan, per chi si muove da Trieste; se hai bisogno/hai a disposizione un passaggio, contattaci!
  • In caso di pioggia il presidio si svolgerà comunque (salvo clima del tutto incompatibile con l’iniziativa): info e aggiornamenti sull’evento!

VOLANTINO IN DIVERSE LINGUE


Siamo l’assemblea No Cpr e no frontiere-Fvg, un gruppo con base a Trieste che lotta contro i confini e le pratiche a loro connesse.
Siamo state e stati a Gradisca sotto il Cara il 20 ottobre costruendo assieme a chi Là ci deve stare dentro un momento di confronto, protesta e festa.
Vorremmo continuare questo percorso assieme trovandoci sabato 10 novembre alle 14:30 accanto al Cara.
L’obiettivo è condividere informazioni, trovare assieme modi e pratiche per contrastare le strutture di prigionia attuali e future e stare assieme.


We are the No CPR and no frontiere-FVG assembly, a group based in Trieste that fights borders and the practices related to them, including CPRs. On 20 October we were in Gradisca in front of the CARA, discussing, protesting and celebrating alongside those who are detained inside. We would like to continue this journey together and will meet on Saturday 10 November at 2.30 pm next to the CARA. Our goal is to share information, explore ways and practices of countering current and future prison structures, and be together. [the event will be held in the case of light rain, but will be cancelled if it is raining heavily]


Nous sommes l’assemblée No CPR et no frontiere-FVG, un groupe basé à Trieste qui combat les frontières et les pratiques qui leur sont liées. Le 20 Octobre, nous étions devant le CARA de Gradisca pour construire avec les détenuEs un moment de réflexion, de protestation et de fête. Nous souhaitons poursuivre ces actions ensemble samedi 10 Novembre à 14h30 devant le CARA. L’objectif est de partager des informations, de définir ensemble des moyens et des pratiques pour lutter contre les structures carcérales actuelles et futures, et finalement pour être ensemble. [nous serons présents même en cas de pluie, sauf très forte.]

NO CPR! CORTEO 20 OTTOBRE

NO CPR – CORTEO REGIONALE

SABATO 20 OTTOBRE – ORE 15:00

PIAZZALE DELL’UNITÀ (GRADISCA d’ISONZO)

 

Il 18 ottobre 1938, il governo fascista promulgava le leggi razziali. Nel 2018, i governi democratici ne hanno ereditato il mandato, segregando in centri di detenzione le persone senza documenti.

A Gradisca, vogliono iniziare i lavori per la trasformazione del CARA (ex-CIE) in CPR, Centro di Permanenza per il Rimpatrio. I CPR – come già CIE e CPT – sono dei lager. Le persone vengono imprigionate per il solo fatto di non possedere un permesso di soggiorno. Le condizioni di vita dentro i CPR sono pessime. Il loro mantenimento (costosissimo!) arricchisce cooperative e imprese speculatrici.

Formalmente, le persone vengono rinchiuse per essere rimpatriate: opzione inaccettabile per chi ha rischiato la vita per attraversare frontiere. La finalità effettiva dei CPR è però quella di rafforzare il mantenimento di tutta la comunità di non cittadine/i in una condizione di inferiorità legale, di terrore, ricattabilità e sfruttabilità.

Il decreto Minniti-Orlando prevede l’attivazione di un CPR per regione e addirittura, in Friuli-Venezia Giulia, il presidente Fedriga ha dichiarato di volerne aprire uno per provincia. Con il decreto sicurezza Salvini, per perdere il permesso di soggiorno, ed essere quindi potenzialmente internate/i, basta essere dichiarate/i pericolose/i socialmente o essere condannate/i in primo grado per oltraggio a pubblico ufficiale. Inoltre, nelle zone di frontiera, come la nostra, sarà possibile internare anche solo per identificare la provenienza della persona sprovvista di documenti e/o richiedente asilo, senza la necessaria presenza di un provvedimento di espulsione attivo.

In questi mesi sono iniziati trasferimenti di persone dal CARA di Gradisca e stanno per cominciare i lavori per adibirlo a CPR; il contratto con la cooperativa Minerva – nota per i maltrattamenti delle persone costrette nel CARA – scadrà a fine 2018. Il cantiere – che vale quasi 3 milioni di euro – è stato affidato al genio militare, saltando la gara d’appalto, come si trattasse di un’emergenza.

Il silenzio sull’apertura di un CPR è inevitabilmente complicità con la sua esistenza: significa aver interiorizzato la divisione razziale, cioè razzista, imposta dall’attuale discorso dominante; significa accettare che delle persone vengano internate, perché comunque non capiterà a noi.

Noi ci opponiamo e ci opporremo totalmente alla creazione e all’apertura di un CPR e sappiamo che unendoci, organizzandoci e coordinandoci tra tutte/i le antirazziste/i e le/i solidali della regione possiamo impedirne l’apertura.

Per bloccare l’apertura di un CPR ci vogliono molte teste, molte mani e poche deleghe del lavoro a qualcun’altra/o.

Sabato 20 ottobre diamo appuntamento per un primo CORTEO DI OPPOSIZIONE ALLA COSTRUZIONE DEL CPR. Per un momento di mobilitazione, di confronto e di organizzazione fra le varie individualità e gruppi di tutta la regione.

NO CPR E NO FRONTIERE NE’ IN FVG NE’ ALTROVE!

Assemblea NO CPR e no frontiere

nofrontierefvg.noblogs.org

Corteo-A4, corteo A5, Locandina20Ottobre , CPR LAGER DI STATO

CORTEO REGIONALE 20 OTTOBRE

NO CPR – CORTEO REGIONALE

SABATO 20 OTTOBRE – ORE 15:00 PIAZZALE DELL’UNITÀ (GRADISCA d’ISONZO)

Il 18 ottobre 1938, il governo fascista promulgava le leggi razziali. Nel 2018, i governi democratici ne hanno ereditato il mandato, segregando in centri di detenzione le persone senza documenti.

A Gradisca, vogliono iniziare i lavori per la trasformazione del CARA (ex-CIE) in CPR, Centro di Permanenza per il Rimpatrio. I CPR – come già CIE e CPT – sono dei lager. Le persone vengono imprigionate per il solo fatto di non possedere un permesso di soggiorno. Le condizioni di vita dentro i CPR sono pessime. Il loro mantenimento (costosissimo!) arricchisce cooperative e imprese speculatrici.

Formalmente, le persone vengono rinchiuse per essere rimpatriate: opzione inaccettabile per chi ha rischiato la vita per attraversare frontiere. La finalità effettiva dei CPR è però quella di rafforzare il mantenimento di tutta la comunità di non cittadine/i in una condizione di inferiorità legale, di terrore, ricattabilità e sfruttabilità.

Il decreto Minniti-Orlando prevede l’attivazione di un CPR per regione e addirittura, in Friuli-Venezia Giulia, il presidente Fedriga ha dichiarato di volerne aprire uno per provincia. Con il decreto sicurezza Salvini, per perdere il permesso di soggiorno, ed essere quindi potenzialmente internate/i, basta essere dichiarate/i pericolose/i socialmente o essere condannate/i in primo grado per oltraggio a pubblico ufficiale. Inoltre, nelle zone di frontiera, come la nostra, sarà possibile internare anche solo per identificare la provenienza della persona sprovvista di documenti e/o richiedente asilo, senza la necessaria presenza di un provvedimento di espulsione attivo.

In questi mesi sono iniziati trasferimenti di persone dal CARA di Gradisca e stanno per cominciare i lavori per adibirlo a CPR; il contratto con la cooperativa Minerva – nota per i maltrattamenti delle persone costrette nel CARA – scadrà a fine 2018. Il cantiere – che vale quasi 3 milioni di euro – è stato affidato al genio militare, saltando la gara d’appalto, come si trattasse di un’emergenza.

Il silenzio sull’apertura di un CPR è inevitabilmente complicità con la sua esistenza: significa aver interiorizzato la divisione razziale, cioè razzista, imposta dall’attuale discorso dominante; significa accettare che delle persone vengano internate, perché comunque non capiterà a noi.

Noi ci opponiamo e ci opporremo totalmente alla creazione e all’apertura di un CPR e sappiamo che unendoci, organizzandoci e coordinandoci tra tutte/i le antirazziste/i e le/i solidali della regione possiamo impedirne l’apertura.

Per bloccare l’apertura di un CPR ci vogliono molte teste, molte mani e poche deleghe del lavoro a qualcun’altra/o.

Sabato 20 ottobre diamo appuntamento per un primo CORTEO DI OPPOSIZIONE ALLA COSTRUZIONE DEL CPR. Per un momento di mobilitazione, di confronto e di organizzazione fra le varie individualità e gruppi di tutta la regione.

NO CPR E NO FRONTIERE NE’ IN FVG NE’ ALTROVE!

Assemblea NO CPR e no frontiere

nofrontierefvg.noblogs.org

NO CPR

CHE COS’È UN CPR?

CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) è l’ultimo dei tanti nomi (CPTA, CPT, CIE) dati alle strutture detentive per migranti irregolari istituite nel 1998 dalla Legge Turco-Napolitano.

Il decreto Minniti-Orlando 13/2017 (poi Legge 46/2017) prevede l’apertura di un CPR per regione. In FVG, dovrebbe essere riaperta la struttura di Gradisca d’Isonzo, ex caserma convertita in CIE nel 2006 e chiusa nel 2013, grazie alle rivolte di chi vi era rinchiuso.

Ufficialmente, il CPR è un luogo di detenzione amministrativa in cui sono costrette in stato di reclusione persone non comunitarie che vengono ritrovate prive di documenti regolari di soggiorno oppure già destinatarie di un provvedimento di espulsione, in quanto prive di permesso di soggiorno, perché scaduto o perso. Spesso le persone diventano irregolari perché scade il visto turistico o di studio, perché perdendo il lavoro perdono anche il permesso di soggiorno o perché si sono viste rigettare la richiesta di asilo politico. Con il decreto sicurezza appena approvato, per perdere il permesso di soggiorno basta essere condannate/i in primo grado per alcuni reati penali tra cui rapina e oltraggio a pubblico ufficiale (accusa nota per essere mossa senza prove o testimoni, a libero arbitrio della polizia) o per essere valutate/i pericolosi socialmente senza essere imputabili di delitti (a seguito per esempio di partecipazione in manifestazioni o di ribellione al razzismo subito sul posto di lavoro o sull’autobus per arrivarci).

Il trattenimento, secondo la Minniti-Orlando, doveva durare fino a 90 giorni, che diventavano 120 giorni se la persona era già stata detenuta in carcere o 12 mesi nel caso la persona detenuta in CPR inoltrasse una domanda di asilo. Con il decreto sicurezza appena approvato il trattenimento diventa 180 giorni.

FUNZIONE UFFICIALE

In teoria, lo scopo dei CPR è trattenere una persona ai fini dell’esecuzione del provvedimento di espulsione, cioè del rimpatrio nel Paese d’origine. I centri dovrebbero quindi garantire l’effettiva espulsione di chi, secondo la legge, non ha diritto a stare in Italia. Di fatto, nel corso dei vent’anni di esistenza di queste strutture, il tasso di rimpatrio si è sempre attestato attorno al 50% dei/delle reclusi/e. Nel complesso, si parla di numeri che non hanno nessuna incidenza reale sul fenomeno del soggiorno irregolare in Italia. Tuttavia, rappresentano un considerevole business per le cooperative e aziende che speculano sulla loro esistenza.

Nonostante la loro inefficienza rispetto allo scopo che si prefiggono (il rimpatrio delle persone “irregolari”), la loro funzione rimane assolutamente inaccettabile per coloro che, dopo essersi giocate/i la vita per attraversare frontiere, si ritrovano rinchiuse/i e respinte/i. Ne sono prova i numerosi casi di scioperi della fame e autolesionismo – nei CPR ad oggi aperti – per evitare il momento del rimpatrio.

FUNZIONE EFFETTIVA

I CPR, come già i CIE e i CPT, servono per rafforzare il mantenimento di tutta la comunità di non cittadine/i in una condizione di inferiorità legale, terrore, ricattabilità e sfruttabilità, con un duplice risultato: da un lato impedire qualsiasi tipo di rivendicazione da parte di chi potrebbe potenzialmente essere rinchiusa/o; dall’altro, potenziare una segregazione razziale nelle leggi, con conseguenze sull’immaginario collettivo. I CPR si configurano infatti come un non-luogo dove alcune persone possono essere private della libertà senza che abbiano commesso alcun tipo di reato penale (contrariamente all’ordinamento costituzionale italiano) a causa principalmente del loro luogo di nascita. Sono dispositivi di controllo che instaurano una differenza tra cittadini/e dotati/e di diritti e garanzie, e non cittadini/e che di tali diritti e garanzie possono essere privati/e, potenziando e contribuendo a mantenere operativa tra gli esseri umani una gerarchia globale basata su razzializzazione, classe e passaporto, con le tragiche conseguenze a cui questo sta portando e ha già portato nella storia.

I CPR, ad oggi, sono innanzitutto un elemento di propaganda, un prodotto della logica che fa dell’immigrazione un problema di sicurezza e ordine pubblico. Servono a fare credere ai cittadini italiani che “abbiamo un problema e lo stiamo risolvendo”. Tutto ciò sulla pelle delle persone che ci finiscono dentro.

I CPR creano una zona grigia in cui trovano spazio arbitrarietà, abusi e violenze di tutti i tipi, come ampiamente testimoniato nel corso degli anni da chi ci è passato/a e da chi si è opposto/a alla loro esistenza.

LE CONDIZIONI DI ESISTENZA DEI CPR

In Italia oggi quasi non esistono canali d’ingresso legali e sicuri sul territorio da parte dei migranti. Ciò avviene per una precisa volontà politica trasversale, che da vent’anni definisce e affronta l’immigrazione come un problema da cui difendersi, negando la libertà di muoversi per cambiare le proprie condizioni di vita alle persone considerate indesiderabili.

Oggi la richiesta di asilo politico è praticamente l’unico modo per poter soggiornare legalmente sul territorio italiano, se si proviene dalla fascia non ricca di un Paese d’origine economicamente indesiderato. Non è possibile ottenere permessi per ricerca di lavoro, e anche i permessi per studio o ricongiungimento familiare vengono concessi col contagocce. Al tempo stesso, anche il diritto d’asilo subisce pesanti attacchi, sotto forma di respingimenti illegali alle frontiere.

Ma è proprio l’esistenza di confini chiusi che genera incessantemente i problemi che in teoria dice di prevenire: la mancanza di canali d’ingresso costringe le persone a migrare illegalmente.

Dovremmo chiederci in caso cosa sta portando molte persone a migrare e riconoscere e le enormi responsabilità delle potenze occidentali nelle politiche e condizioni di vita dei Paesi sfruttati economicamente ed energeticamente.

RIBELLIAMOCI AL RAZZISMO

È necessario uscire dalla logica razzista che tratta l’immigrazione come un’emergenza da risolvere e abbattere l’immaginario che ammette lo/la straniero/a solo in quanto profugo/a.

L’attuale sistema ha come principale risultato la costruzione di soggetti fragili, marginali, detentori di diritti precari e di serie B. A trarne vantaggio è prima di tutto chi sfrutta i lavoratori e le lavoratrici, che ha un’arma in più per imporre salari più bassi e condizioni di lavoro peggiori.

Per questi motivi ci opponiamo all’apertura del CPR a Gradisca d’Isonzo e pretendiamo l’abolizione definitiva delle strutture su tutto il territorio italiano, affermando l’urgenza di contrastare il discorso politico razzista e securitario di cui i CPR sono un esempio.

ORA!

In FVG, il presidente Fedriga ha dato la disponibilità all’apertura di ben più di un CPR, accogliendo il sostegno dei sindaci di Trieste, Udine e Gorizia.

Inoltre, sta contemporaneamente militarizzando sempre più il confine triestino, con la possibilità che la pratica dei push-backs (respingimenti immediati illegali oltre il confine europeo senza permettere la richiesta d’asilo) – già sistematica e violenta in Slovenia e Croazia – si estenda anche in Italia.

Approvato il decreto sicurezza, in particolare le condizioni quasi arbitrarie per la revoca del permesso di soggiorno, è ancora più evidente la funzione dei CPR di lager statali.

L’apertura del CPR di Gradisca di Isonzo sembra quindi essere un primo passo di un progetto razzista più ampio a cui crediamo sia determinante porre resistenza al più presto, perchè non diventi operativo.

Per tutto ciò sentiamo la responsabilità urgente di unirci ed organizzarci in regione tra persone per mettere in atto una resistenza concreta al razzismo e a chi lo perpetua, in solidarietà con chi migra e chi ne sta già vivendo le conseguenze più aspre.

SOLIDARIETÀ SENZA FRONTIERE!

Assemblea NO CPR – no frontiere

www.nofrontierefvg.noblogs.org

APPUNTAMENTI:

  • SABATO 6 OTTOBRE 9:30h, Gradisca d’Isonzo:

    Volantinaggio al mercato.

  • DOMENICA 7 OTTOBRE 10:30h, Draga (TS):

    Passeggiata contro le frontiere

  • SABATO 20 OTTOBRE 15:00h, Piazza di Gradisca d’Isonzo:

CORTEO REGIONALE CONTRO L’APERTURA DEL CPR

Seguite gli aggiornamenti sulla pagina web per tutti gli altri eventi ed assemblee che verranno organizzati nei vari luoghi prima e dopo il corteo del 20 (la manifestazione del 20, non sarà un punto d’arrivo ma di partenza).

NESSUN CPR APRIRÀ!

Qui la versione stampabile: NO CPR -A5

L’ANTIRAZZISMO OGGI È LOTTA AI CPR!

Il 18 ottobre 1938, il governo fascista promulgava le leggi razziste. Nel 2018, i governi democratici ne hanno ereditato il mandato, segregando in centri di detenzione le persone senza documenti.

A Gradisca, vogliono iniziare i lavori per la trasformazione del CARA (ex-CIE) in CPR, Centro Permanente per il Rimpatrio.

I CPR – come già CIE e CPT – sono dei lager. Le persone vengono imprigionate per il solo fatto di non possedere un permesso di soggiorno. Le condizioni di vita dentro i CPR sono pessime. Il loro mantenimento (costosissimo!) arricchisce cooperative e imprese speculatrici.

Formalmente, le persone vengono rinchiuse per essere rimpatriate. In realtà, la finalità dei CPR è rafforzare il mantenimento di tutta la comunità di non cittadine/i in una condizione di inferiorità legale, terrore, ricattabilità e sfruttabilità.

Secondo il decreto Minniti-Orlando, ci deve essere un CPR in ogni regione, ma in FVG, il presidente Fedriga vuole aprire un CPR in ogni provincia.

A Gradisca, il contratto con la cooperativa Minerva – nota per maltrattare le persone nel CARA – scade a fine 2018. In queste settimane sono iniziati trasferimenti di persone dal CARA di Gradisca e stanno per cominciare i lavori per  dibirlo a CPR. Il cantiere – che vale quasi 3 milioni di euro – è stato affidato al genio militare, saltando la gara d’appalto, come se si trattasse di un’emergenza.

Ci opponiamo e ci opporremo totalmente alla creazione e all’apertura di un CPR e sappiamo che unendoci, organizzandoci e coordinandoci tra tutte/i le antirazziste/i e le/i solidali della regione possiamo bloccarne l’apertura.

Assemblea NO CPR – no frontiere

Qui il link per scaricare la versione stampabile:  CPR leggi razziste