12/12/2019

STA PER APRIRE

La notizia dell’apertura del Cpr di Gradisca d’Isonzo, là dove c’era il Cie peggiore d’Italia, circola da sempre, cioè da quando la Legge Minniti-Orlando ha stabilito l’istituzione di un campo di internamento per persone senza documenti in ogni regione. Nell’estate 2018 si è avuta la conferma che il Cpr sarebbe stato aperto: è allora che questa assemblea ha cominciato a mobilitarsi. Nei mesi successivi, le autorità hanno annunciato più volte l’apertura imminente: pareva sarebbe successo a novembre 2019, poi nella prima decade di dicembre. Non è ancora successo, ma succederà molto presto.

Da più di un anno stiamo ripetendo che i CPR sono di fatto delle prigioni nelle quali le persone ‘trattenute’ (non detenute, perché l’internamento non è determinato da una sentenza penale) non possono uscire. Abbiamo spiegato più volte perché si tratta di un lager etnico. Abbiamo riportato le testimonianze di chi è stato rinchiuso: dal 1998 a oggi, le condizioni dentro i centri di internamento sono sempre sotto la soglia di vivibilità, e sono spesso emersi scandali legati alla gestione da parte di cooperative e aziende.

La cooperativa che si si è aggiudicata l’appalto di gestione è EDECO di Padova, nota perché coinvolta in vari processi e perché aveva in gestione il campo di Cona (VE), un campo-lager, dove il 2 gennaio 2017, morì Sandrine Bakayoko, una donna ivoriana di 25 anni.

Da quando esistono i centri di internamento, le persone rinchiuse protestano sistematicamente, spesso determinando l’inagibilità – e quindi la chiusura – di intere sezioni. Lo stesso Cie di Gradisca venne chiuso dopo le proteste del 2013, che furono duramente represse, portando alla morte di Abdelmajid El Khodra. Tuttavia, negli anni, i Cpr sono stati progressivamente dotati di un arredo interno sempre più inutilizzabile ai fini di protestare. Stando ai giornali locali, la struttura rinnovata del Cpr di Gradisca è «di massima sicurezza, con tanto di sistema di videosorveglianza potenziato rispetto a quello dialcuni anni or sono, vasche esterne non più comunicanti tra loro ma divise per camerata, e l’impossibilità di accedere al tetto», cioè al luogo dal quale gli internati in rivolta tentavano la fuga e riuscivano a comunicare con l’esterno.

Nelle foto, si vede come il Cpr di Gradisca mostri anche al primo impatto visivo la sua natura di lager: fili spinati, videosorveglianza, muri che vogliono essere invalicabili, luci, una fitta copertura di reti.

Di fronte all’aspetto brutale di questi luoghi brutali, dichiariamo la nostra solidarietà a chiunque verrà rinchiusx e da quel luogo violento tenterà la fuga. Chiediamo invece a chi non rischia di essere rinchiusx là dentro di contattarci, partecipare alle assemblee e alle mobilitazioni: è una questione che riguarda tuttx.