CORONAVIRUS NEL CPR DI GRADISCA

SCIOPERO DELLA FAME E ARRIVO DEL CORONAVIRUS ALL’INTERNO DEL CPR DI GRADISCA

Il veloce evolversi della situazione all’interno del lager di Gradisca ci riporta a stretto giro a dover riportare quanto succede dentro, essendo stato accertato il primo caso di contagio da Coronavirus nel campo. A confermare la notizia il Prefetto di Gorizia Massimo Marchesiello, lo stesso individuo che qualche settimana fa, in merito alle fughe – alcune fortunatamente andate a buon fine – di alcuni internati nell’ex-caserma Polonio, aveva parlato di “allontanamento volontario” da un semplice centro di “detenzione amministrativa”; lo stesso che da subito si era prodigato a dichiarare che Vakhtang Enukidze fosse morto in seguito ad una rissa fra detenuti.

Al momento alcuni dei reclusi lamentano tosse e dolori al petto, da giorni chiedono visite mediche ma non viene loro permesso di farsi visitare. Molti, come abbiamo già raccontato nelle ultime ore, sono al terzo giorno di sciopero della fame chiedendo la loro liberazione e per paura di ingerire cibo avariato e del contatto forzato con operatori e guardie potenzialmente infette.

Ma ancora più grave è il fatto che siano tenuti completamente all’oscuro della presenza di un internato risultato positivo al virus.

Nei campi di concentramento per senza-documenti lo Stato non ha nemmeno bisogno di sospendere i colloqui agli ultimi degli ultimi come ridicola misura di contenimento del contagio, visto che non ne hanno nemmeno diritto, come invece ha fatto nelle carceri (come se guardie e operatori non possano essere potenzialmente infetti, mentre i parenti sì). Qui prova a non far circolare la notizia all’interno del campo stesso, contando probabilmente sulla complicità di operatori-secondini (in questo caso quelli della coop Edeco, la cooperativa che gestisce il CPR di Gradisca).

Già diversi casi sono avvenuti all’interno dei carceri (Brescia, Milano, Pavia, Modena, Lecce…) e in una trentina di questi sono scoppiate vere e proprio rivolte, sedate con pestaggi e trasferimenti di massa e 15 morti, “per lo più” di overdose dice lo Stato. Questi e i loro compagni chiedevano di essere liberati per limitare la diffusione del contagio in carceri sovraffollate.

Lo stesso che chiedono anche i reclusi del CPR gradiscano in queste ore, costretti in 6 per gabbia, a mangiare cibo avariato, a vedersi costantemente negate le visite mediche, continuamente minacciati da guardie sempre pronte a pestarli ai fini del “mantenimento dell’ordine interno”. Il richio di diffusione repentina del virus all’interno è un rischio concreto, a Gradisca come in tutti i lager del paese. Non ci importa sapere nè discutere se i CPR sono attrezzati o meno per gestire eventuali contagi al loro interno, l’adeguatezza o meno di visite e cure mediche. Non li critichiamo per questo. Vorremmo vederli ridotti a cumuli di macerie per il fatto di essere luoghi di umiliazione e privazione della libertà di individui non in possesso di un “regolare” pezzo di carta, in attesa di essere riportati con la forza alle condizioni di sfruttamento e miseria da cui sono fuggiti, perchè all’italico sfruttamento non servono più.

TUTTI E TUTTE LIBER* SUBITO

URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

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URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

LO SCIOPERO DELLA FAME CONTINUA E SI ESTENDE NEL CPR DI GRADISCA.

Arriva la RICHIESTA DI AIUTO dal CPR di Gradisca di diffondere il più possibile le volontà dei reclusi in sciopero.

Chiediamo quindi aiuto a tutt* per una massima diffusione.

Oggi, 25 marzo, continua lo sciopero della fame nel CPR di Gradisca, alcuni detenuti sono al terzo giorno senza mangiare. Ieri sono stati raccolti i nominativi di alcuni di loro, ma per ora non hanno ricevuto alcuna visita medica.

Lo sciopero si è ora esteso, le stime attuali sono di circa 50 detenuti in sciopero. Rispetto ai motivi della protesta comunicati ieri (cibo avariato che crea problemi intestinali e assenza di saponi e ricambi di vestiti), oggi si fa più forte la richiesta di essere liberati.

I reclusi ribadiscono di non essere né animali né criminali, di essere stati messi nel CPR a causa di problemi con i documenti che non possono risolvere stando chiusi nel CPR. Dichiarano che il CPR è ancor peggio di una prigione e che, se il virus entra, si ammalano tutti. Hanno paura, nel caso si ammalassero, che nessuno li aiuterebbe e li lascerebbero morire lì. I reclusi inoltre hanno smesso di mangiare anche per la paura che il cibo sia infetto poiché sia le guardie della struttura sia i lavoratori, che consegnano il cibo sotto le sbarre delle gabbie, escono ed entrano dal centro e potrebbero essere portatori del virus.

I reclusi sanno che altrove ci sono CPR che hanno chiuso e chiedono di essere rilasciati anche loro per poter tornare nelle loro case.

La richiesta a chi è fuori è di aiutare a che le volontà della loro protesta siano ascoltate.

Come assemblea no cpr, chiediamo che tutt* facciano qualcosa.

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URGENT: HELP REQUEST FROM THE CPR

THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND EXTENDS IN THE CPR OF GRADISCA.

SOS: THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND MORE PEOPLE JOIN IT

The HELP REQUEST from the Gradisca CPR is to spread as much as possible the will of the detained people on strike.

Therefore we ask everyone for help for maximum diffusion of this message.

Today, March 25, the hunger strike continues in the Gradisca CPR, some of the people are on the third day without eating. Yesterday some of their names were collected but so far they have not received any medical examination.

The strike has now extended, current estimates are of roughly 50 people on strike. The demands to be freed are made stronger to the complaints declared yesterday (rotten food that creates intestinal problems and the absence of soaps and clothes).

The people in the CPR reiterate that they are neither animals nor criminals, that they have been placed in the CPR due to problems with the documents that they cannot resolve by being closed in the CPR. They declare that CPR is even worse than a prison and that if the virus enters they all get sick. They are afraid that nobody would help them and would let them die there. The detainees also stopped eating also for fear that the food would be infected as both the guards of the facility and the workers, who deliver the food to them under the bars of the cages, leave and enter the center and may be carriers of the virus.

The people inside the CPR know that in other parts there are CPRs that have closed and ask to be released as well in order to return to their homes.

The request to those outside is to help the wills of their protest be heard.

As a non-cpr assembly, we ask to everyone to do something to help them.

Passeggiata contro il CPR

SABATO 4 APRILE ORE 14:00

PASSEGGIATA CONTRO IL CPR

Sabato 4 aprile torneremo sotto le mura del CPR di Gradisca per ricordare alle persone recluse che non sono sole, che pensiamo che luoghi del genere non debbano esistere e che siamo solidali alla loro lotta per la libertà.

Ci torniamo per essere ancora una volta testimoni di quello che ci vogliono raccontare e che altrimenti nessuna/o potrebbe mai sapere.

Ci torniamo perché un mondo in cui esistono luoghi di morte come i CPR è un mondo in cui nessuna di noi può essere davvero libera.

DALL’APERTURA DEL CPR ALLA MORTE DI VAKHTANG

Il 17 dicembre 2019 ha aperto il CPR di Gradisca. Dopo circa una settimana sono avvenuti i primi ricoveri massivi di detenuti che avevano ingerito lamette e sapone per non essere deportati. A inizio gennaio 2020 sono scoppiate le prime rivolte: otto persone sono riuscite a liberarsi, tre sono state riprese. Il 18 gennaio è morto Vakhtang. Appresa la notizia della morte, alcune persone si sono radunate all’esterno della struttura per ascoltare la voce dei detenuti e diffondere le loro testimonianze. I detenuti hanno comunicato di aver visto Vakhtang brutalmente pestato delle guardie e trasportato via per i piedi. Hanno poi raccontato che, in quei giorni, chiunque provasse a parlare con l’esterno veniva picchiato; ci hanno detto di essere costretti a passare le giornate dentro piccole gabbie, di ricevere il cibo da sotto le sbarre, di avere reti elettrificate attorno.

Solo grazie al coraggio dei reclusi e alle loro testimonianze i media sono stati costretti a parlare di Vakhtang e della brutalità dei CPR. Da quel momento è iniziata una risposta diffusa, alcuni giornali parlarono di “un nuovo caso Cucchi”. Poi, il 27 gennaio, il consulente nominato dall’avvocato del Garante dei detenuti, a seguito dell’autopsia, prima del deposito dei risultati ufficiali – ad oggi non ancora avvenuto – ha dichiarato che Vakhtang non fosse morto a causa delle botte, ma a causa di un edema polmonare. La sua dichiarazione ha permesso di stroncare il fermento che si stava creando attorno al CPR di Gradisca e che lo voleva chiuso subito: “non è stato ucciso dal pestaggio” appariva sui media nazionali il giorno seguente alla dichiarazione. La famiglia di Vakhtang, subendo pressioni da varie parti, non si è costituita parte civile nel processo. La storia di Vakhtang probabilmente cadrà, a livello legale, nel nulla: come ci dimostrano gli stessi CPR, la legge non è fatta per essere uguale per tutti e non è attraverso quella che si otterrà giustizia per Vakhtang! Per chi non lo sapesse, edema polmonare è la stessa causa indicata nella perizia di parte sulla morte di Stefano Cucchi, ma questo il Garante non l’ha precisato ai giornali.

COSA È SUCCESSO NEL CPR DOPO LA MORTE DI VAKHTANG?

Subito dopo la morte di Vakhtang, all’interno del CPR sono stati sequestrati i cellulari, separati i detenuti e in moltissimi deportati verso il pease d’origine. La maggior parte delle persone che avevano avuto il coraggio di far uscire la loro voce fuori, che avevano fatto sapere del pestaggio a Vakhtang, è stata punita nel peggiore dei modi: con un rimpatrio nel paese di origine. Le deportazioni dal CPR di Gradisca sono avvenute in svariate forme, nessuna delle quali ha previsto il coinvolgimento dell’avvocato della persona in questione. A B.S. hanno comunicato che lo avrebbero spostato momentaneamente a Bologna, per poi metterlo su un volo per il Gambia; A M.A. è stato detto che lo avrebbero portato a Catania per curare la sua epatite C, per poi metterlo su un volo diretto in Tunisia.

Questo inferno continua ad esistere ogni giorno e solo continuando a tessere una rete con i reclusi sarà possibile riportare queste atrocità all’esterno.

La lotta contro i CPR è una lotta per la libertà di tutte: tutti i muri dei CPR devono cadere.

La passeggiata partirà alle ore 14:00 dal centro commerciale “La fortezza”.

I fogli di via non ci fermeranno. Libere tutte, liberi tutti.

MISURE FASCISTE CONTRO LA SOLIDARIETÀ:

I FOGLI DI VIA NON CI FERMERANNO, LIBERE TUTTE, LIBERI TUTTI!

Nelle scorse settimane quattro militanti dell’assemblea NO CPR – NO Frontiere FVG sono stati raggiunti da altrettanti fogli di via dal territorio comunale di Gradisca d’Isonzo. La “scusa” ufficiale per un simile provvedimento risale al 9 dicembre scorso quando i carabinieri di Gradisca fermavano e trattenevano in caserma per oltre un’ora e mezza i quattro, per poi rilasciarli con copia della richiesta indirizzata al Questore di Gorizia del foglio di via per aver presuntamente tentato di scattare delle foto dall’esterno del CARA (allora il CPR non era aperto né era nota la data d’apertura).

Il foglio di via è una misura amministrativa che in base all’articolo 2 del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159 intitolato “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione” inibisce l’accesso al territorio comunale pena l’arresto da uno a sei mesi. Si tratta di una limitazione della libertà personale che viene imposta non per aver commesso un reato, ma per _prevenire_ che esso possa essere commesso da una persona che i rappresentanti dello Stato (questori) ritengono “pericolosa”.

La pretestuosità della misura è evidente dal momento che il CARA non è certo una struttura segreta: immagini e riprese della struttura sono continuamente pubblicate dai media. Ma l’evidenza diventa ancora maggiore se si tiene presente che la misura è stata comminata dal questore il 13 gennaio, cioè due giorni dopo il corteo indetto dall’assemblea No CPR – No Frontiere che, passando davanti il CPR ha instaurato il primo dialogo con i reclusi, i quali hanno così potuto rendere pubbliche le tremende condizioni in cui sono costretti e, la settimana seguente, i pestaggi.

Per questi motivi, l’intento di intimidire e dissuadere chi tenta di solidarizzare con i reclusi e svelare la disumanità di una prigione etnica quale è il CPR è del tutto evidente.

Peraltro l’utilizzo di misure amministrative per reprimere il dissenso in Italia è un fatto sempre più frequente. Sin dal cosiddetto “pacchetto sicurezza “, L125/2008, del Ministro Maroni che da ai Sindaci “sceriffi” la possibilità di legiferare in delega allo Stato su questioni di sicurezza, passando per il decreto Minniti sulla “sicurezza urbana” del 2017, nell’ordinamento italiano sono state progressivamente introdotte sempre maggiori possibilità per colpire con misure amministrative immediatamente esecutive ogni forma di resistenza e dissenso. Proprio per il loro carattere amministrativo si tratta di misure che sono impartite delle autorità senza un processo e un giudizio di merito, e molto spesso comportano sanzioni pecuniarie, che si rivelano più efficaci di quelle penali nel colpire soggetti a basso reddito, precari e studenti, cioè esattamente i principali protagonisti delle lotte sociali.

Crediamo vada sottolineato il legame tra l’utilizzo di queste misure e la legge Turco-Napolitano del 1998, che istituiva i centri per l’espulsione dei migranti (i quali nel corso del tempo hanno cambiato nome in CPT, CIE, CPR). Proprio l’aver introdotto nell’ordinamento giuridico la detenzione amministrativa per i cittadini stranieri, che possono venir privati della libertà personale e rinchiusi nei CPR con un semplice atto disposto dal Questore, convalidato poi da un Giudice di Pace senza un giudizio di merito da parte di una corte, ha creato il precedente utile per estendere progressivamente a tutti e tutte misure amministrative di limitazione della libertà.

Ma questo legame diviene ancora più inquietante se lo si guarda da un’altra ottica: il “foglio di via obbligatorio” è uno dei “rimasugli” che sono ancora in vigore nell’ordinamento italiano di quelle che erano le “misure di sicurezza” previste dal mussoliniano codice Rocco del 1930 per colpire gli oppositori politici del regime. Ecco quindi che a chi lotta contro l’esistenza di prigioni etniche nel nostro paese, cioè istituzioni che di fatto sono assimilabili ai lager del secolo scorso, vengono applicate norme fasciste che esattamente a quel periodo risalgono.

Allora diviene chiaro che costruire la solidarietà con i reclusi nel CPR così come con chi viene colpito dalla repressione significa difendere la libertà di tutti e tutte.

 

5.02.2020-Deportazione oggi

Oggi è stato deportato B.S. È un ragazzo originario dal Gambia, gli mancavano pochi giorni per terminare il tempo massimo di permanenza in un CPR. Anche lui ci aveva raccontato di aver visto il pestaggio a Vakhtang. È, anche lui, un testimone. Era stato inizialmente portato al CPR di Bari, poi a quello di Gradisca. Prima viveva a Vicenza dove aveva molti amici e amiche, frequentava il Bocciodromo di Vicenza, ce ne parlava spesso nelle chiamate dei primi giorni, quando tutti avevano ancora i telefoni. È molto gentile, molto calmo, parla molto bene l’italiano. Era arrivato anni fa in Italia, dal mediterraneo, attraverso un viaggio terrificante in cui aveva visto morire molte delle persone che erano sulla sua stessa imbarcazione, ce ne aveva parlato, in uno di quei messaggi all’inizio, ci diceva che era impossibile dimenticarlo. Lo hanno portato via questa mattina dicendogli che lo spostavano per alcuni giorni in un altro CPR, si è ritrovato all’aeroporto di Bologna, con due guardie e in poco tempo su un volo, terrorizzato e rassegnato. Come cavolo ci torna ora qui dal Gambia B.S.? Qui dove ha tutta la sua vita? Di nuovo attraverso la Libia? Noi aspettavamo uscisse per andare a prenderlo alle porte del CPR e conoscerlo di persona.

Pagherete tutto!

Per Vakhtang, per B.S., per tutti i reclusi e le recluse nei CPR. Con tanta rabbia e tristezza lo ridiciamo: che ognuno faccia qualcosa perché questi abomini chiudano e perchè tutte le persone che ci sono rinchiuse vengano liberate.

5.02.2020 – AGGIORNAMENTI DAL C.P.R. DI GRADISCA-

AGGIORNAMENTI DAL CPR DI GRADISCA

Hanno deportato alcuni dal Marocco, dei nigeriani ieri, l’altro ieri dal Marocco.”, “Ho paura che mi mandano via” ci hanno detto sabato 1 febbraio alcune persone recluse dentro il CPR.

I detenuti del CPR rischiano la deportazione pur di raccontarci quello che succede lì dentro. Fuori ci ritroviamo con la responsabilità di aver ascoltato quelle voci. Vi riportiamo alcune informazioni che ci sono state dette.

Un ragazzo dentro il CPR ha l’epatite C, sabato in molti ci gridavano che non veniva medicato ed i suoi compagni chiedevano aiuto. Domenica sera ha iniziato a vomitare sangue ed è stato brevemente portato al pronto soccorso per poi essere riportato al CPR la notte. Ogni volta che qualcuno ha bisogno di qualcosa, anche se urgente come in quel caso, sono costretti a fare casino almeno per 15 minuti, battere sulle sbarre e urlare, prima che qualcuno li consideri.

La zona verde, quella vicino alla strada, è stata quasi completamente svuotata, così da limitare al massimo i contatti con l’esterno. La zona rossa, quella più lontana, è invece piena.

La doccia ha solo acqua bollente, una persona ha provato a entrare sotto la doccia, ne è uscita piena di bolle. Devono mescolare un secchio di acqua calda ed uno di acqua fredda per lavarsi.

Dopo la rivolta della scorsa settimana son rimasti 4 giorni senza riscaldamento.

Il cibo che gli viene dato viene sempre passato sotto le sbarre delle gabbie ed è composto da del riso con o senza sugo e delle carote lesse.

Ci ringraziano molto per la solidarietà mostrata da fuori e per andare a parlare lì sotto, non si capacitano di come possano esistere posti così.

Durante il corteo, sabato, i reclusi ci gridavano che la polizia li stava filmando e minacciando che avrebbe inviato i video al “magistrato”. I reclusi vivono nel terrore di essere deportati. Quando vengono portati dal giudice di pace ricevono o il prolungamento della permanenza senza ulteriori spiegazioni o, quando il tempo massimo si è esaurito, l’ordine di uscire dal CPR. Non vengono quasi mai informati di quando la scelta è la deportazione, le deportazioni arrivano infatti spesso all’alba e a sorpresa. Minacciare l’invio di informazioni su una “cattiva condotta” al “magistrato” significa minacciare di aumentare la probabilità che avvenga la deportazione. Anche fuori ci seguivano e filmavano dall’alto sabato, riguardo a ciò ne parleremo un’altra volta.

Ad alcune persone, la settimana scorsa, è stata rovinata la vita, le hanno deportate. Sono state deportate verso Paesi da cui, molto probabilmente, ripartiranno affrontando viaggi pericolosi e forse mortali. Sono state strappate da vita e affetti in Italia, per aver perso un pezzo di carta. Nel mentre, sui media, si legge solo la preoccupazione per i pochi giorni di prognosi dati ad alcune forze dell’ordine ferite nel sedare la rivolta dei reclusi nel CPR di Torino, i quali a loro volta stavano lottando per la loro libertà e per quella di tutte/i noi. Perché un mondo in cui esistono luoghi di morte, come i CPR, è un mondo in cui nessuno è davvero libera/o.

Perché tutti i muri dei CPR cadano e le persone rinchiuse vengano liberate. Per Vakhtang.

In solidarietà con tutti quei detenuti che stanno lottando perché i CPR chiudano. In solidarietà con tutte le persone rinchiuse nei CPR.

ESSERCI, DOMANI, SIGNIFICA RISPONDERE CHE A NOI SÌ, INTERESSA.

ESSERCI, DOMANI, SIGNIFICA RISPONDERE CHE A NOI SÌ INTERESSA.

Per la chiusura di tutti i CPR. Per Vakhtang.

La morte di del Sig. Stefano Cucchi è addebitabile ad un quadro di edema polmonare acuto […] intimamente correlata all’evento traumatico occorso” citava la perizia sull’autopsia di Stefano Cucchi. “Non è morto per le botte è morto per un’edema polmonare acuto” titolavano tutti i giornali riguardo alla morte di Vakhtang ad inizio settimana, dopo le indiscrezioni fatte uscire, con intelligenza, sull’autopsia. Queste indiscrezioni hanno permesso di chiudere l’interesse mediatico scoppiato la settimana scorsa per la morte di Vakhtang e per i lager CPR. “A chi volete che interessi il destino di un migrante morto?” ha commentato la sorella di Vakhtang nel dolore.

La risposta alla sua domanda sta in ognuna di noi.

Domani ci sarà un corteo a Gradisca che arriverà davanti al CPR. Da speriamo di riuscire a parlare con i detenuti, poi mangeremo e cercheremo di inviare della musica dall’altra parte delle mura. Nei presidi delle ultime settimane siamo riuscite a comunicare con chi era rinchiuso nel CPR e a farci raccontare la situazione al suo interno. È grazie a quelle comunicazioni che sono uscite le testimonianze sulla morte di Vakhtang e che si è iniziato a parlare di CPR. Se siamo in tante, domani, riusciremo anche questa volta. Se siamo in poche, forse, ci manderanno via.

I CPR sono i luoghi più razzisti che esistono sul territorio italiano. Il CPR di Gradisca, come tutti gli altri, deve chiudere.

I reclusi al suo interno hanno rischiato e (molti) ottenuto la deportazione pur di far uscire le loro voci sulla morte di Vakhtang, essere li fuori domani è la responsabilità minima che ognuno di noi deve prendersi, dopo averle sentite.

Sarà una giornata di pioggia in cui nessuno avrà voglia di uscire di casa. Beh, fatelo lo stesso, non sarà un giorno normale. Non troviamoci in poche in strada.

Per Vakhtang, che chiudano tutti i CPR e che vengano liberate le persone che vi sono rinchiuse.

Chiediamo aiuto per una massima diffusione del corteo.

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2020/01/28/799/

https://www.facebook.com/events/186242409116317/

Aggiornamenti

???? Giovedì 30 dicembre: presidio seguito da corteo a Trieste
???? Sabato 1 dicembre: intera giornata di azioni e mobilitazioni davanti al CPR di Gradisca.
Ieri notte vi sono state delle rivolte e tentativi di fuga dal CPR, oggi dovevano riconsegnare i cellulari e non lo hanno fatto. Qualcuno ha cercato di comunicare oltre le mura, ma sembra la polizia non permettesse alle persone di parlare. La settimana di azioni e mobilitazioni per
????la chiusura di tutti i CPR
????la libertà immediata di tutti coloro che vi sono rinchiusi
???? per Vakhtang
sarà ricca e presto pubblicheremo aggiornamenti.

Quarta testimonianza – quando la verità dev’essere insabbiata -parte 3-

ATTENZIONE!! Quando la verità dev’essere insabbiata – parte 3 –

Oggi alle 4 di mattina nuova deportazione a sorpresa di un testimone. Era in Italia da 24 anni. Era tra coloro che coraggiosamente domenica durante il presidio aveva parlato con noi e lunedì con una delle delegazioni entrata nel CPR.

Qui quello che ci racconta e che concorda sia diffuso. Le voci sono state modificate per tutelare tutti.

Che chiunque faccia qualcosa perché tutti i CPR chiudano e tutte le persone in essi rinchiuse vengano liberate. Per Vakhtang.

SBOBINA:

-Pronto, mi senti?

-Sono il ragazzo che ha parlato da CPR

-Si, si, so che sei tu

-Niente, ho preso espulsione, adesso sono in mio paese.

-Adesso sei già tornato nel tuo paese?

-Sì, mi ha trasferito quando [non si capisce] testimoniato

-Ti hanno già, ti hanno già rimpatrieato?

-Sì sì, stamattina alle 4 son partito fino a Monaco e da Monaco poi su XXX

-Ok, ma senti una cosa, prima di partire ti hanno fatto parlare con qualcuno per dire cos’hai visto?

-Sì, c’erano i parlamentari lì, di Roma che sono venuti

-Ok, sì quello so che son venuti. Loro anche, alcuni stanno dicendo quello che dite anche voi.

eh però però altri continuano a dire che non è vero

-Eh, loro negano e tutto che lui è morto ambulanza però lui è morto lì.

-Sì

-Al Cpr è morto lui

-Ho capito

-Perchè io l’ho visto venerdì e poi sta [quella]notte era già..

-Stava guà malissimo

-Mm. Poi domenica c’hanno picchiati con le spranghe e tutto, ci hanno spinto per ritirarci i telefoni che hanno visto sui giornali le foto e tutto

-Mannaggia.. questo domenica sera, no?

-Mh

-Ok. E infatti..

-Per quello che non riuscivo io a mandare a voi niente, mi avevano preso telefono e tutto, perquisito tutto, buttato i vestiti per terra

-Ok

-Sì e infatti dentro non li hanno ancora restituiti i cellulari, sono ancora tutti senza, noi non riusciamo a parlare con nessuno

-Stanno ancora bruciando i vestiti e tutto, materassi, vogliono [incomprensibile]

-Ho capito, ho capito. E tu come stai?

-Eh, un po’..dopo 24 anni che ero in Italia, adesso entrare qua, mi sento malissimo

-E’ difficile..

-Mh. Cioè sono giovane e tutto, posso ricominciare tutto da capo, però se non conosci nessuno hai niente

-E’ dura, no?

-E’ durissima

-Quanti anni avevi quando sei arrivato in Italia?

-Sei, sette anni

-Sette anni..mamma mia..

 

27GENNAIO-2FEBBRAIO: SETTIMANA DI AZIONI E MOBILITAZIONI PER LA CHIUSURA DI TUTTI I CPR, PER LA LIBERAZIONE IMMEDIATA DI TUTTE LE PERSONE RINCHIUSE E PER VAKHTANG.

27GENNAIO-2FEBBRAIO: SETTIMANA DI AZIONI E MOBILITAZIONI PER LA CHIUSURA DI TUTTI I CPR, PER LA LIBERAZIONE IMMEDIATA DI TUTTE LE PERSONE RINCHIUSE IN ESSI E PER VAKHTANG.

Vakhtang è stato ammazzato di botte dalle forze dell’ordine all’interno del CPR di Gradisca.

Ce l’hanno raccontato i reclusi, quella stessa notte del 18 gennaio, quando siamo andate sotto le mura del CPR a parlare con loro, avendo saputo della morte di una persona.

Ce l’hanno gridato, chiamandoci e inviandoci video, con il coraggio di chi sapeva che nessun altro, se non loro, avrebbe fatto uscire quello che era realmente successo lì dentro.

La Questura e la Procura hanno fatto di tutto, fin dall’inizio, per liquidare la sua morte: “migrante morto per rissa” titolavano i giornali il giorno seguente alla pubblicazione della prima notizia da parte di Melting Pot.

Siamo riuscite a far uscire quelle voci, come altrove fanno da anni altri solidali, e da tutta Italia tante persone hanno ascoltato le testimonianze e ci hanno creduto. Anche il giorno successivo, domenica 19, siamo tornate in tante davanti al CPR, mentre i detenuti ci chiamavano, sottraendosi ai pestaggi che – ci dicevano – venivano riservati a chiunque parlasse con chi era fuori. Le direttive sembravano chiare: nessuno doveva più riuscire a comunicare con l’esterno. La notte hanno cercato di sequestrare tutti i cellulari, una “bonifica” che la procura ha giustificato “ai fini dell’indagine”. Quella stessa notte, a sorpresa, un deputato ed un avvocato si sono presentati in visita al CPR, trovando le forze dell’ordine in assetto antisommossa che parlavano del sangue presente nella struttura.

La stampa ha iniziato a riportare la versione dei compagni di Vakhtang: per un giorno è uscito che qualcuno diceva fosse stato ammazzato di botte, un “Cucchi” straniero e non in carcere. Prontamente il procuratore ha dichiarato che erano “tutte illazioni” e il 21 alle 4 di mattina sono stati deportati in Egitto, senza che nessuno lo sapesse, i tre compagni di cella di Vakhtang, che erano tra coloro che si erano detti disponibili a testimoniare. Questo è il modo in cui la “procura sta indagando”, come ci dicono i giornali.

Quando la verità di chi aveva assistito è iniziata a filtrare, la stampa ha iniziato a etichettare l’assemblea che sta diffondendo le voci dei reclusi come gruppo di ultras e incitatori di rivolte -come se le rivolte necessitassero d’incitazione dall’esterno-, cercando di delegittimarla. In contemporanea, si sono seguiti molteplici tentativi di minare la credibilità dei reclusi. Vakhtang è stato descritto come violento, tossico e autolesionista, forse sperando che in questo modo l’empatia verso la sua morte si esaurisse. I reclusi in generale sono stati definiti stupratori, spacciatori, criminali.

Vakhtang era una persona, viva, con i propri sogni, rinchiusa in un girone infernale creato da leggi razziste. I reclusi e le recluse in tutti i CPR d’Italia sono persone, rinchiuse dentro lager esclusivamente per non avere i documenti in regola.

Nei CPR in Italia ci sono alcune centinaia di persone e non sempre la reclusione si conclude con la deportazione, spesso le persone vengono liberate con un “foglio di via” che le costringe a vivere in stato di clandestinità.

Le persone deportate, invece, si ritrovano costrette nel loro Paese d’origine senza la possibilità di tornare in Italia, dove hanno vita e affetti, ricondotte al punto di partenza di un viaggio terrificante già affrontato. La minaccia della deportazione è la più grande che una persona non comunitaria possa ricevere: i CPR, teatri di abusi e peggiori delle carceri, servono a rendere reale quella minaccia. Tutto ciò è utile affinché le persone debbano accettare condizioni di lavoro disumane, pur di mantenere un contratto, vincolato al permesso di soggiorno.

La legalità farà il suo corso, perché delle persone vi si dedicheranno, e forse un giorno qualcuno sarà giudicato colpevole. Adesso, però, spetta a noi non permettere che l’omicidio di Vakhtang passi sotto silenzio e fare il possibile perché tutti i CPR chiudano per sempre.

Incoraggiate dalla risposta solidale ricevuta da tutta Italia, lanciamo una chiamata per una settimana di azioni e mobilitazioni per la chiusura di tutti i Cpr, per la liberazione immediata delle persone rinchiuse in essi e per Vakhtang.

Invitiamo quindi tutti i singoli, le assemblee, i gruppi, le associazioni, le organizzazioni, i comitati a fare il possibile verso lo stesso obbiettivo. Convinti che ognuno possa esprimere la sua rabbia e il suo dissenso nel modo che ritiene opportuno, pensiamo ora sia il momento di farlo.

Che chiunque si organizzi nel luogo dove vive. Facciamo in modo che questi luoghi infernali chiudano.

-se volete inviarci le iniziative o azioni per ricapitolarle in un futuro potete scrivere a : nocprnofrontieretrieste@riseup.net –