Violenza nel CPR: manganellate, autolesionismo e censura – video

Mi hanno picchiato, poi sono caduto giù e sono uscito fuori di testa, ho preso la lametta e mi sono tagliato. […] siamo la stessa carne, siamo lo stesso sangue, non va bene che mi trattano come un topo.”

A parlare è una persona rinchiusa nel CPR di Gradisca. Ci dicono che per quattro giorni è stato portato avanti e indietro dall’ospedale, dove non è stato ricoverato, perché “forse hanno paura che scappa”, dice qualcuno da dentro. Ci raccontano che ha avuto mancamenti per quattro giorni di fila, ci hanno parlato delle sue condizioni con preoccupazione per giorni poi sembrava stesse meglio “fisicamente ma non mentalmente”, ma ci riferiscono che venerdì 10 luglio gli usciva sangue dalla bocca e che sia svenuto un’altra volta.

Cos’è successo?

Ci raccontano che sabato 4 luglio, verso le 9 di mattina, le forze dell’ordine sono entrate nella cella di alcuni reclusi per sequestrare gli accendini. “Come facciamo a fumare se ci tolgono gli accendini?”, chiede qualcuno. Ci dicono che molti stavano ancora dormendo, perché i pensieri impediscono di prendere sonno se non quando è già mattina.

Ci raccontano che qualcuno ha chiesto “perché?”, ma che che sono stati comunque buttati fuori in malo modo, tanto che una persona è caduta sul pavimento bagnato, e ha avuto bisogno dell’assistenza medica della struttura. Ci raccontano che altri reclusi hanno protestato per questo comportamento gridando alle persone in divisa di spiegargli il perché dell’intervento e chiedendo di non essere trattati come animali, tirati fuori dal letto e buttati fuori dalle stanze in malo modo.

Ci raccontano che in questo momento un ragazzo che protestava in difesa degli altri è stato preso di mira venendo manganellato da due poliziotti, colpito alla schiena e sulla testa, mentre altri detenuti gli dicevano di uscire nel cortile, dove sarebbe stato protetto dal fatto che ci sono le telecamere.

Ma, una volta uscito, ci raccontano che preso dallo sconforto per quell’ingiustizia subita, ha preso una lametta e si è tagliato tutto il corpo. Il video che alleghiamo riguarda un momento appena successivo a questo avvenimento.

Ci raccontano che questa persona è svenuta diverse volte ogni giorno nei quattro giorni seguenti, in una di queste occasioni all’interno del CPR gli è stata fatta una rianimazione cardiopolmonare, ed è stata portata al Pronto soccorso di Gorizia. Gli svenimenti avvenivano secondo alcuni per il sangue perso, secondo altri per le botte prese in testa, secondo altri ancora perché nei giorni successivi non mangiava più.

Ci raccontano che questa persona, una volta tornata nel CPR, è stata privata di alcune delle sue lettere di dimissione dal Pronto soccorso e ci dicono che nonostante continui a richiederle non gli vengono consegnate, e quindi non conosce i risultati delle analisi che gli sono state fatte. “L’ha presa quello mafioso che comanda noi tutti in CPR [..] stiamo morendo noi qua”, ci dicono. L’ultimo video è di ieri, a terra c’è sangue.

Immaginiamo che non verrà mai fatta chiarezza legale su questa storia, come non lo è stata fatta per la morte di Vakhtang Enukidze, pestato dalle guardie del CPR, secondo quanto raccontano i testimoni. Ma sappiamo, perché lo vediamo in questi video, che ancora una volta una persona, sotto la pressione insostenibile di un’atroce ingiustizia, si è tagliata il corpo per esprimere il proprio dolore. Sappiamo che questa persona come tutte le altre persone detenute vuole uscire, e che ha tutta la legittimità di volerlo, che si sente in gabbia “come un topo”, che crede che lì dentro a nessuno freghi se è vivo o morto, che il CPR di Gradisca “è come una Guantanamo, non un centro come gli altri”.

I CPR: una macchina fatta per poter ricattare e creare ricattabili, sulla pelle e di tante persone, che hanno avuto l’unica sfortuna di non avere il documento adatto.

L’unica soluzione è che non esistano più: che crollino le mura dei CPR! Che tutti i reclusi siano liberati!

Abbiamo coperto i volti e cambiato le voci per tutelare le persone coinvolte.

SCIOPERO DELLA FAME, AUTOLESIONISMO E TENTATE RIVOLTE NEL CPR DI GRADISCA

Loro mi hanno cambiato la vita e la testa. Ti fanno andare fuori di testa. Rovinano la gente, ti fanno cose brutte […]. Vedo alla telecamera mia madre e piange, la mia compagna e piange, tutti stanno male per me. […] Vedo solo brutto ormai, faccio una cosa brutta, sono stufo, non ce l’ho più la forza”.

A parlare è un giovane ragazzo, chiuso nel CPR di Gradisca; ci racconta di essere papà di una figlia di 4 mesi che non è mai riuscito a vedere e che non è nemmeno mai riuscito ad avere colloqui di persona con la compagna. Ci dice che da 3 giorni è in sciopero della fame con altre persone nel CPR di Gradisca, chiedono la loro liberazione immediata, perché non c’è nessuna ragione per cui siano tenuti lì dentro. “Non voglio più mangiare, voglio morire, mi hanno fatto male per niente“, dice un altro. Le voci dei reclusi ripetono di stare male, di non avere indumenti per cambiarsi di essere trattati come ratti e raccontano dei continui autolesionismi e accessi in pronto soccorso. Raccontano di stare chiusi in gabbia, al caldo, ci dicono che alcune volte ci sono dei piccoli incendi, come l’altro ieri sera, e che questi vengono presto bloccati.

Dopo mesi di Covid i rimpatri sono fortunatamente ancora bloccati, ma posti atroci come il CPR di Gradisca continuano esistere. Dentro ci finisce chiunque capiti sotto tiro nel momento sbagliato, purché migrante e con problemi con i documenti. Tra le persone con cui abbiamo parlato c’è chi ci ha detto di esserci capitato dopo essere andato in questura a sollecitare la residenza, chi perché ha ricevuto un controllo per strada, chi perché uscendo dopo un mese in prigione si trova una camionetta ad aspettarlo per prolungare la sua detenzione.

Storie il cui senso può essere visto solo nella macchina del ricatto usata per lo sfruttamento della mano d’opera migrante e di cui il CPR è un ingranaggio punta. Perché nel piccolo e nel personale di ognuna di queste storie un senso logico non c’è. Benché si cerchi di dipingere i reclusi come criminali si tratta di persone che per puro caso o sfortuna vengono inviate a impazzire nel CPR, un posto inaccettabile, inattaccabile, ignifugo, senza socialità, dove le persone vengono chiuse in gabbie e dove spesso non gli rimane che tagliarsi letteralmente il corpo dal dolore. Se poi vengono anche davvero deportate nel Paese d’origine, allora per molte, che ormai hanno una vita in Italia, nel migliore dei casi è come se un mondo intero gli crollasse addosso.

Che crollino le mura del CPR di Gradisca!

La foto è recente e ci è stata inviata dall’interno dicendoci che è il braccio di uno dei detenuti nel CPR di Gradisca, una delle tante braccia tagliate lì dentro.

A facili domande, facili risposte. Le (non) fughe di chi (non) fugge dal CARA di Gradisca

Apprendiamo dai media locali di una serie di fughe/non fughe da parte dei richiedenti asilo “ospitati” nel CARA avvenute dal retro del campo. In un articolo dettagliato, oltre a tutte le sfumature di preoccupazione della sindaca di Gradisca, viene posta la domanda sul perché questo succeda visto che a questo punto dell’emergenza sanitaria “gli ospiti” possono regolarmente uscire come “gli autoctoni”.

Posta la domanda ai diretti interessati incontrati per strada, la risposta appare piuttosto semplice: «Andiamo al supermercato!», ci dicono. In posti come il CARA, che il vitto sia scarso (un bicchierino di latte con due biscotti a colazione, riso in bianco con un pezzo di pane a pranzo etc.) e che in passato arrivasse anche avariato, inadatto e insufficiente non è una novità, come non lo è che i richiedenti asilo cerchino da sempre di autorganizzarsi i pasti, attività spesso ostacolata durante tutte le gestioni fuori e dentro alla struttura.

Le uscite contingentate poi, una persona circa ogni 10 minuti, imposte in maniera del tutto arbitraria dall’ente gestore, determinano lunghe attese davanti al cancello per guadagnarsi l’uscita che per qualcuno spesso neppure avviene, visto che sono circa 200 le persone ad oggi ad abitare al CARA. Questo avrà sicuramente influito sulla ricerca di strade alternative.

Forse le procedure potrebbero essere più agili, ma probabilmente al governo regionale e nazionale e a chi gestisce il centro importa principalmente che le uscite siano contenute, affinché di queste persone “se ne vedano di meno in giro”, secondo quella logica perversa e quella
retorica rassicurante per cui a guadagnarci da queste misure di reclusione sarebbe la sicurezza pubblica.

Ci dispiace constatare infine che una certa propaganda politica, fatta anche attraverso i media locali, continui ad avere presa sui cittadini di Gradisca e ne fomenti le paure. Di certo questo non avviene per caso: ci sono precise responsabilità delle istituzioni e della stampa che hanno contribuito a costruire l’immaginario dell'”immigrato untore”, attraverso una narrazione più vicina al gossip che alla cronaca.

C’è chi poco tempo fa ha dichiarato a proposito dell’installazione del centro quarantena che Gradisca non si merita altri migranti, noi siamo dell’avviso che siano i migranti a non meritarsi posti come il CPR e il CARA di Gradisca, luoghi disumani di speculazione economica e politica!

Assemblea NO CPR NO FRONTIERE FVG

PRESIDIO DAVANTI AL CPR-CARA

Domenica 14 giugno dalle 17:00 andremo in presidio davanti al CARA e al CPR di Gradisca, per:

  • esprimere solidarietà e vicinanza a tutti i reclusi del cpr che hanno dovuto passare gli ultimi mesi, oltre che reclusi, anche con l’angoscia di ammalarsi e di essere lasciati morire;

  • essere testimoni di quello che, ancora una volta e nonostante le minacce di ripercussioni, chi è costretto nel CPR vorrà raccontarci;

  • esprimere solidarietà a chi è stato segregato nel CARA e nel vicino centro di quarantena. Persone che hanno visto la propria libertà ulteriormente limitata in questo periodo e che vengono trattate dai media e dalla politica istituzionale come oggetti;

  • tornare fisicamente a continuare la lotta. Farlo ci sembra il modo migliore per esprimere solidarietà anche alle compagne e i compagni che, come noi, si oppongono a frontiere e CPR e che lo scorso 13 maggio sono state colpite dalla repressione a Bologna;

  • Ribadire che tutti i muri dei CPR devono cadere

In questi mesi il CPR ha dimostrato tutta la sua funzione: uno degli ingranaggi fondamentali di quella macchina del ricatto che pemette ci siano interessi da tutelare e vite sacrificabili per la causa. Lo dimostra il fatto i CPR sono stati aperti,nonostante l’emergenza sanitaria in corso e nonostante i rimpatri fossero bloccati. I CPR erano lì, solo a dimostrare che il ricatto di essere deportati era sempre reale. Un ricatto di cui Confindustria e Coldiretti hanno bisogno, come avevano bisogno che le industrie non chiudessero durante l’emergenza, assumendo che le persone potevano ammalarsi, ma i loro profitti non potevano calare. Lottare per la chiusura di tutti i CPR e la libertà di tutti i rinchiusi è un passo per la libertà di tutte e tutti noi. Nella tregua di quest’emergenza sanitaria, ri-torniamo in piazza, con la consapevolezza che non è come se nulla fosse successo in questi mesi.

Al fine di costruire uno spazio che garantisca la tutela di tutte e tutti, chiediamo di arrivare munite di mascherina e di mantenere adeguate distanze.

POTREBBE COLPIRE CHIUNQUE: AGIRE DIVENTA AUTODIFESA

Solidarietà e cassa resistenza

Mercoledì 13 maggio l’operazione “Ritrovo”, coordinata dalla procura di Bologna, ha incriminato diverse persone tra Bologna, Firenze e Milano: 7 di loro sono state arrestate in custodia cautelare e senza processo, altre 4 hanno ricevuto misure cautelari alternative. Si tratta di compagne e compagni che, come noi, si oppongono a frontiere e CPR e credono che attraverso l’azione si possa creare un mondo solidale, senza più persone oppresse e sfruttate.

Al Tribolo, spazio bolognese preso di mira dall’operazione, ci siamo state anche noi e lì, come in tanti altri luoghi, abbiamo potuto conoscere compagne attive nella lotta ai CPR di altre città.

L’operazione repressiva che ha portato alle misure cautelari, condotta dal Ros (!) e dalla procura antiterrorismo di Bologna (!!) è atroce, di una franchezza inaudita e pericolosa per la libertà di tutte e tutti.

È atroce perché utilizza le leggi antiterrorismo per terrorizzare la società, criminalizzando chiunque tenti di reagire alle ingiustizie. Rappresenta il quinto tentativo in poco più di un anno di raggruppare sotto il pesantissimo 270bis CP (associazione con finalità di terrorismo o di eversione), ormai sventolato con una disinvoltura preoccupante, iniziative, manifestazioni, diffusioni di critiche e azioni. Portare solidarietà e supporto agli/le ultim* con costanza e determinazione è diventata ragione sufficiente per essere accusate di “terrorismo”: ormai viene accusat* chiunque porti avanti pratiche coerenti di pari passo con analisi di critica radicale dell’esistente.

Le compagne e i compagni, tra le altre cose, vengono accusat* “di contrastare anche mediante ricorso alla violenza le politiche in materia di immigrazione”, di mettere in atto azioni volte a “contrastare e impedire l’apertura dei Centri Permanenti [?] di Rimpatrio”: ma noi sappiamo bene che chi pratica davvero violenza e terrorismo è chi rinchiude le persone in strutture come i CPR, imprigionate per mesi in attesa della deportazione, ammassate in condizioni intollerabili, spesso picchiate, talvolta lasciate morire o ammazzate.

L’operazione è inoltre spudoratamente franca, tanto che nelle stesse carte compare la ragione dell’operazione: “l’intervento [..] assume una strategica valenza preventiva volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturiti dalla particolare descritta situazione emergenziale possano insediarsi altri momenti di più generale “campagna di lotta antistato […]”. In breve, lo Stato rinchiude coloro che potrebbero partecipare attivamente ad atti di ribellione contro di esso.

E perciò diventa estremamente pericolosa per la libertà di tutte: se basta questo, ci chiediamo, chi saranno le prossime e i prossimi?

Approfittando del totalitarismo di fatto creato “per la nostra salute”, lo Stato di diritto si è tolto la mascherina democratica per attaccare apertamente i suoi oppositori politici; la famigerata libertà di espressione e di opposizione con la quale, fino a ieri, si è riempito la bocca, viene messa da parte senza fatica. Se non reagiamo, ciò che è successo ieri potrebbe rappresentare uno spaccato dei prossimi tempi; potrebbe risuccedere a chi deciderà di scendere in strada per opporsi alle ingiustizie, per non far pagare la crisi che verrà alle fasce più povere o per creare legami solidali.

Esprimiamo solidarietà e calore alle compagne e ai compagni, repress* per aver lottato senza delega e mediazioni contro le istituzioni e le strutture dello sfruttamento e dell’oppressione.

Elena, Leo, Zipeppe, Stefi, Nicole, Guido, Duccio, Martino, Otta, Angelo, Emma, Tommi liber* subito!!!

Stiamo raccogliendo in una cassa comune contributi da inviare per le spese legali cui dovranno far fronte le persone coinvolte in quest’ultima operazione: chiunque voglia e possa contribuire ci contatti sulla pagina facebook “no cpr e no frontiere – fvg”!

CHIAMATA ALL’INVIO DI E-MAIL PER CHIEDERE LA CHIUSURA DEL CPR DE GRADISCA

I detenuti del CPR di Gradisca d’Isonzo ci hanno chiesto espressamente di fare pressione attraverso lettere ed e-mail su chi tiene in pugno la loro libertà e la loro salute per un’immediata liberazione e per poter tornare a casa, come per altro avvenuto in altri CPR in Europa.

Abbiamo scritto questa mail da inviare al giudice di pace di Gorizia (Giuseppe La Licata), al prefetto di Gorizia (Massimo Marchesiello), al questore di Gorizia (Paolo Gropuzzo) e alla sindaca di Gradisca (Linda Tomasinsig). Vi invitiamo ad inviare queste mail da oggi, 27 marzo, fino alla chiusura del CPR.

Prendetevi un minuto del vostro tempo: copiate e incollate il testo qui sotto ed inviate una mail per la chiusura dei CPR agli indirizzi qui sotto.

Indirizzi:

prefettura.gorizia@interno.it,                                  massimo.marchesiello@interno.it,                     gab.quest.go@pecps.poliziadistato.it,                               gdp.gorizia@giustizia.it,                           sindaco@comune.gradiscadisonzo.go.it

TESTO:

All’attenzione di Giuseppe La Licata, Massimo Marchesiello, Paolo Gropuzzo e Linda Tomasinsig.

Ad oggi, 27 marzo 2020, nel pieno delle misure restrittive contro la diffusione del Coronavirus, circa una cinquantina di persone si trova rinchiusa nel centro permanente per il rimpatrio (CPR) di Gradisca d’Isonzo (GO), costretta a vivere in spazi ridotti e senza la possibilità di autotutelare la propria salute.

Sappiamo dell’esistenza di almeno due casi di Coronavirus all’interno della struttura e ne sono a conoscenza anche i reclusi, che stanno mettendo in atto uno sciopero della fame, perché hanno paura per la propria vita.

Sappiamo che i rimpatri sono fortunatamente sospesi e che quindi quasi tutte le persone rinchiuse in un CPR usciranno per decorrenza dei termini. Il rilascio può essere anticipato, può avvenire ora.

Se da un lato i CPR sono strutture di internamento su base etnica che non dovrebbero esistere in alcun momento, dall’altro l’attuale situazione di emergenza sanitaria può trasformare il mantenimento delle persone in un CPR in pluriomicidio volontario, oltre che in un grande focolaio del CoVid 19.

Chiediamo quindi, dato l’altissimo rischio sanitario in cui si è costretti a vivere nel CPR di Gradisca, l’immediato rilascio di tutte le persone rinchiuse nel CPR così che possano tornare alle proprie case, come è già stato fatto altrove in Europa.

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI. ECCO COSA SUCCEDE NEL CPR DI GRADISCA.

CHIUDERE TUTTI I CPR SUBITO!

Ieri, giovedì 26 marzo 2020, proseguiva lo sciopero della fame all’interno del CPR di Gradisca. I detenuti sono venuti a sapere del caso di coronavirus all’interno; molti sostengono di aver sentito dal personale che le persone infette sono due, e che uno di loro è rimasto assieme alle altre persone fino a ieri. Ci dicono di non aver ricevuto alcun tipo di protezione, che sono spaventati e hanno paura che li stiano lasciando morire lì dentro; si dicono preoccupati per le loro compagne e famiglie lì fuori. Ci hanno espresso anche la loro rabbia, perchè sanno che dovrebbero essere liberati ma che nessuno sta facendo niente, lasciandoli morire.

Ci hanno poi inviato i video che vi alleghiamo chiedendo di diffonderli per far sapere a tutte le persone cosa sono i CPR, e per chiedere di essere liberati da quel lager. I video, dalle immagini molto forti, riportano un detenuto in probabile crisi respiratoria o epilettica portato via da personale dotato di protezioni contro il virus , mentre tutt’attorno le persone detenute ne sono prive. Il video risale a ieri mattina. Ci dicono essere un ragazzo arrivato il giorno anteriore e rinchiuso in una cella da solo.

I detenuti ci chiedono di far circolare queste immagini e queste voci consci dei rischi che si assumono, confidando che la la diffusione di informazioni con l’esterno possa contribuire alla loro liberazione.

Alla fine di un video vi è la dichiarazione di un detenuto, che riportiamo qui:

Ecco, ora sta arrivando il guardiano che viene perchè stanno muorendo persone. Ecco questo è CPR, questo è CPR, fa morire le persone. Ha lasciato chiuso come cane quasi più di 10 giorni, sempre lucchetto chiuso. Com’ è possibile? Com’è possibile? Vuole ammazzare le persone?

Questo CPR è diventato una prigione per ammazzare le persone. Come se è ritornato Hitler al mondo.

Riportiamo qui alcune altre frasi ascoltate durante la giornata di ieri:

The people that want the CPR are hartless people, we are human beings, why they do this? Why they keep us inside here?” [Le persone che vogliono i CPR sono senza cuore, siamo esseri umani, perchè ci fanno questo? Perchè ci tengono qui dentro?]

This is a crime of documents not a crime of criminals, how can people stay inside here [..] we need protesta” [Il nostro è un crimine documenti, non un crimine da criminali, come possono farci stare qui dentro [..] abbiamo bisogno di una protesta]

“Some has contracted sickness here in Gradisca centro. I don’t know why they still keep us here, it is not possible to deport us because the airports are closed” [Qualcuno ha preso il virus qui nel centro di Gradisca. Non so perchè ci continuano a tenere qui, non è possibile deportarci perchè gli aereoporti sono chiusi]

please this judge is very wicked he want people to die inside” [Perfavore, questo giudice (ndt: il giudice di pace di Gorizia) è molto malvagio, vuole che le persone muoiano qui dentro]

CORONAVIRUS NEL CPR DI GRADISCA

SCIOPERO DELLA FAME E ARRIVO DEL CORONAVIRUS ALL’INTERNO DEL CPR DI GRADISCA

Il veloce evolversi della situazione all’interno del lager di Gradisca ci riporta a stretto giro a dover riportare quanto succede dentro, essendo stato accertato il primo caso di contagio da Coronavirus nel campo. A confermare la notizia il Prefetto di Gorizia Massimo Marchesiello, lo stesso individuo che qualche settimana fa, in merito alle fughe – alcune fortunatamente andate a buon fine – di alcuni internati nell’ex-caserma Polonio, aveva parlato di “allontanamento volontario” da un semplice centro di “detenzione amministrativa”; lo stesso che da subito si era prodigato a dichiarare che Vakhtang Enukidze fosse morto in seguito ad una rissa fra detenuti.

Al momento alcuni dei reclusi lamentano tosse e dolori al petto, da giorni chiedono visite mediche ma non viene loro permesso di farsi visitare. Molti, come abbiamo già raccontato nelle ultime ore, sono al terzo giorno di sciopero della fame chiedendo la loro liberazione e per paura di ingerire cibo avariato e del contatto forzato con operatori e guardie potenzialmente infette.

Ma ancora più grave è il fatto che siano tenuti completamente all’oscuro della presenza di un internato risultato positivo al virus.

Nei campi di concentramento per senza-documenti lo Stato non ha nemmeno bisogno di sospendere i colloqui agli ultimi degli ultimi come ridicola misura di contenimento del contagio, visto che non ne hanno nemmeno diritto, come invece ha fatto nelle carceri (come se guardie e operatori non possano essere potenzialmente infetti, mentre i parenti sì). Qui prova a non far circolare la notizia all’interno del campo stesso, contando probabilmente sulla complicità di operatori-secondini (in questo caso quelli della coop Edeco, la cooperativa che gestisce il CPR di Gradisca).

Già diversi casi sono avvenuti all’interno dei carceri (Brescia, Milano, Pavia, Modena, Lecce…) e in una trentina di questi sono scoppiate vere e proprio rivolte, sedate con pestaggi e trasferimenti di massa e 15 morti, “per lo più” di overdose dice lo Stato. Questi e i loro compagni chiedevano di essere liberati per limitare la diffusione del contagio in carceri sovraffollate.

Lo stesso che chiedono anche i reclusi del CPR gradiscano in queste ore, costretti in 6 per gabbia, a mangiare cibo avariato, a vedersi costantemente negate le visite mediche, continuamente minacciati da guardie sempre pronte a pestarli ai fini del “mantenimento dell’ordine interno”. Il richio di diffusione repentina del virus all’interno è un rischio concreto, a Gradisca come in tutti i lager del paese. Non ci importa sapere nè discutere se i CPR sono attrezzati o meno per gestire eventuali contagi al loro interno, l’adeguatezza o meno di visite e cure mediche. Non li critichiamo per questo. Vorremmo vederli ridotti a cumuli di macerie per il fatto di essere luoghi di umiliazione e privazione della libertà di individui non in possesso di un “regolare” pezzo di carta, in attesa di essere riportati con la forza alle condizioni di sfruttamento e miseria da cui sono fuggiti, perchè all’italico sfruttamento non servono più.

TUTTI E TUTTE LIBER* SUBITO

URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

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URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

LO SCIOPERO DELLA FAME CONTINUA E SI ESTENDE NEL CPR DI GRADISCA.

Arriva la RICHIESTA DI AIUTO dal CPR di Gradisca di diffondere il più possibile le volontà dei reclusi in sciopero.

Chiediamo quindi aiuto a tutt* per una massima diffusione.

Oggi, 25 marzo, continua lo sciopero della fame nel CPR di Gradisca, alcuni detenuti sono al terzo giorno senza mangiare. Ieri sono stati raccolti i nominativi di alcuni di loro, ma per ora non hanno ricevuto alcuna visita medica.

Lo sciopero si è ora esteso, le stime attuali sono di circa 50 detenuti in sciopero. Rispetto ai motivi della protesta comunicati ieri (cibo avariato che crea problemi intestinali e assenza di saponi e ricambi di vestiti), oggi si fa più forte la richiesta di essere liberati.

I reclusi ribadiscono di non essere né animali né criminali, di essere stati messi nel CPR a causa di problemi con i documenti che non possono risolvere stando chiusi nel CPR. Dichiarano che il CPR è ancor peggio di una prigione e che, se il virus entra, si ammalano tutti. Hanno paura, nel caso si ammalassero, che nessuno li aiuterebbe e li lascerebbero morire lì. I reclusi inoltre hanno smesso di mangiare anche per la paura che il cibo sia infetto poiché sia le guardie della struttura sia i lavoratori, che consegnano il cibo sotto le sbarre delle gabbie, escono ed entrano dal centro e potrebbero essere portatori del virus.

I reclusi sanno che altrove ci sono CPR che hanno chiuso e chiedono di essere rilasciati anche loro per poter tornare nelle loro case.

La richiesta a chi è fuori è di aiutare a che le volontà della loro protesta siano ascoltate.

Come assemblea no cpr, chiediamo che tutt* facciano qualcosa.

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URGENT: HELP REQUEST FROM THE CPR

THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND EXTENDS IN THE CPR OF GRADISCA.

SOS: THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND MORE PEOPLE JOIN IT

The HELP REQUEST from the Gradisca CPR is to spread as much as possible the will of the detained people on strike.

Therefore we ask everyone for help for maximum diffusion of this message.

Today, March 25, the hunger strike continues in the Gradisca CPR, some of the people are on the third day without eating. Yesterday some of their names were collected but so far they have not received any medical examination.

The strike has now extended, current estimates are of roughly 50 people on strike. The demands to be freed are made stronger to the complaints declared yesterday (rotten food that creates intestinal problems and the absence of soaps and clothes).

The people in the CPR reiterate that they are neither animals nor criminals, that they have been placed in the CPR due to problems with the documents that they cannot resolve by being closed in the CPR. They declare that CPR is even worse than a prison and that if the virus enters they all get sick. They are afraid that nobody would help them and would let them die there. The detainees also stopped eating also for fear that the food would be infected as both the guards of the facility and the workers, who deliver the food to them under the bars of the cages, leave and enter the center and may be carriers of the virus.

The people inside the CPR know that in other parts there are CPRs that have closed and ask to be released as well in order to return to their homes.

The request to those outside is to help the wills of their protest be heard.

As a non-cpr assembly, we ask to everyone to do something to help them.

Passeggiata contro il CPR

SABATO 4 APRILE ORE 14:00

PASSEGGIATA CONTRO IL CPR

Sabato 4 aprile torneremo sotto le mura del CPR di Gradisca per ricordare alle persone recluse che non sono sole, che pensiamo che luoghi del genere non debbano esistere e che siamo solidali alla loro lotta per la libertà.

Ci torniamo per essere ancora una volta testimoni di quello che ci vogliono raccontare e che altrimenti nessuna/o potrebbe mai sapere.

Ci torniamo perché un mondo in cui esistono luoghi di morte come i CPR è un mondo in cui nessuna di noi può essere davvero libera.

DALL’APERTURA DEL CPR ALLA MORTE DI VAKHTANG

Il 17 dicembre 2019 ha aperto il CPR di Gradisca. Dopo circa una settimana sono avvenuti i primi ricoveri massivi di detenuti che avevano ingerito lamette e sapone per non essere deportati. A inizio gennaio 2020 sono scoppiate le prime rivolte: otto persone sono riuscite a liberarsi, tre sono state riprese. Il 18 gennaio è morto Vakhtang. Appresa la notizia della morte, alcune persone si sono radunate all’esterno della struttura per ascoltare la voce dei detenuti e diffondere le loro testimonianze. I detenuti hanno comunicato di aver visto Vakhtang brutalmente pestato delle guardie e trasportato via per i piedi. Hanno poi raccontato che, in quei giorni, chiunque provasse a parlare con l’esterno veniva picchiato; ci hanno detto di essere costretti a passare le giornate dentro piccole gabbie, di ricevere il cibo da sotto le sbarre, di avere reti elettrificate attorno.

Solo grazie al coraggio dei reclusi e alle loro testimonianze i media sono stati costretti a parlare di Vakhtang e della brutalità dei CPR. Da quel momento è iniziata una risposta diffusa, alcuni giornali parlarono di “un nuovo caso Cucchi”. Poi, il 27 gennaio, il consulente nominato dall’avvocato del Garante dei detenuti, a seguito dell’autopsia, prima del deposito dei risultati ufficiali – ad oggi non ancora avvenuto – ha dichiarato che Vakhtang non fosse morto a causa delle botte, ma a causa di un edema polmonare. La sua dichiarazione ha permesso di stroncare il fermento che si stava creando attorno al CPR di Gradisca e che lo voleva chiuso subito: “non è stato ucciso dal pestaggio” appariva sui media nazionali il giorno seguente alla dichiarazione. La famiglia di Vakhtang, subendo pressioni da varie parti, non si è costituita parte civile nel processo. La storia di Vakhtang probabilmente cadrà, a livello legale, nel nulla: come ci dimostrano gli stessi CPR, la legge non è fatta per essere uguale per tutti e non è attraverso quella che si otterrà giustizia per Vakhtang! Per chi non lo sapesse, edema polmonare è la stessa causa indicata nella perizia di parte sulla morte di Stefano Cucchi, ma questo il Garante non l’ha precisato ai giornali.

COSA È SUCCESSO NEL CPR DOPO LA MORTE DI VAKHTANG?

Subito dopo la morte di Vakhtang, all’interno del CPR sono stati sequestrati i cellulari, separati i detenuti e in moltissimi deportati verso il pease d’origine. La maggior parte delle persone che avevano avuto il coraggio di far uscire la loro voce fuori, che avevano fatto sapere del pestaggio a Vakhtang, è stata punita nel peggiore dei modi: con un rimpatrio nel paese di origine. Le deportazioni dal CPR di Gradisca sono avvenute in svariate forme, nessuna delle quali ha previsto il coinvolgimento dell’avvocato della persona in questione. A B.S. hanno comunicato che lo avrebbero spostato momentaneamente a Bologna, per poi metterlo su un volo per il Gambia; A M.A. è stato detto che lo avrebbero portato a Catania per curare la sua epatite C, per poi metterlo su un volo diretto in Tunisia.

Questo inferno continua ad esistere ogni giorno e solo continuando a tessere una rete con i reclusi sarà possibile riportare queste atrocità all’esterno.

La lotta contro i CPR è una lotta per la libertà di tutte: tutti i muri dei CPR devono cadere.

La passeggiata partirà alle ore 14:00 dal centro commerciale “La fortezza”.