CONTINUANO ANGHERIE E DEPORTAZIONI

Dal CPR di Gradisca si continua a deportare: sappiamo per esempio che è stata deportata una persona tunisina, arrivata dal Mediterraneo a inizio giugno e che da allora non ha fatto altro che richiedere asilo, non sappiamo se gli è mai stata data la possibilità di farlo anche in modo ufficiale. Qualche giorno fa abbiamo raccontato che lo Stato italiano sta rimpatriando persone arrivate da poco attraverso la Rotta del Mediterraneo centrale, facendole passare coattamente dal CPR di Gradisca.

Tra inizio agosto e metà settembre la ministra dell’Interno Lamorgese si è recata personalmente in Tunisia e Algeria per intensificare, tramite accordi, i rimpatri di coloro che quei posti decidono di lasciarli assumendosi il rischio di un viaggio spesso letale. Dal dieci agosto, sono stati riattivati i voli di rimpatrio verso la Tunisia: dall’Italia alla Tunisia partono due voli charter di rimpatrio a settimana.

I rimpatri verso la Tunisia e l’Algeria sono effettivamente intensi dal CPR di Gradisca. Nel 2018, l’ex governatrice del Friuli-Venezia Giulia Serracchiani (PD) chiedeva all’allora ministro dell’Interno Salvini dove fossero i rimpatri di massa. Secondo quella logica, il Partito Democratico di Marco Minniti aveva una maggiore capacità di gestire i flussi migratori: cioè di rinchiudere e respingere le persone senza documenti regolari. La politica estera di Lamorgese, allo stesso modo, vanta un certo successo nel sottoscrivere accordi per i rimpatri di massa, una delle azioni più razziste e disumane promosse dallo Stato Italiano.

Nel frattempo, la cooperativa EDECO, che gestisce il CPR, sembra abbia iniziato a fare nuove angherie. Ora, ci raccontano da dentro, le persone che entrano non possono più avere una sim card con la quale comunicare con l’esterno. La settimana scorsa, ci dicono, almeno un coordinatore degli operatori della cooperativa ha intralciato la consegna dei pacchi ai reclusi. In generale, pacchi che contengono cibo, vestiti o altro possono essere inviati ai reclusi da famiglie, persone amiche o solidali; tuttavia, a quanto pare, la cooperativa EDECO si è rifiutata di consegnare dei pacchi, adducendo come scusa la necessità di un controllo preventivo da parte della Prefettura di Gorizia. In realtà, pare che questa norma non esista: non è chiaro se la cooperativa abbia ostacolato deliberatamente una delle pochissime possibilità di contatto con l’esterno per i reclusi. A quanto ci raccontano, da quando ha iniziato a gestire il CPR, EDECO si è contraddistinta per le sue prassi degradanti e violente: per esempio, nel CPR di Gradisca non è mai stata aperta la mensa, privando le persone di uno spazio di comunità e costringendole chiuse in gabbia tutto il giorno.

Un dispositivo come il CPR e una macchina organizzativa come quella delle deportazioni possono essere gestiti bene o gestiti male, in termini di efficienza: spesso, chi sa gestirli “meglio” è chi causa il maggior numero di reclusioni e deportazioni. Contro la retorica della gestione efficiente dei flussi migratori e contro l’umanizzazione dei campi di internamento, continuiamo a volere la distruzione dei lager e dei confini.

CPR DI GRADISCA: L’ITALIA DEPORTA PERSONE ARRIVATE IN BARCA A LAMPEDUSA DA GRADISCA + MANCATO SOCCORSO + MINACCIA DI TRASFERIMENTO A PONTE GALERIA

Alcuni detenuti ci raccontano di essere arrivati il 9 giugno a Lampedusa con 3 gommoni da 20 persone ciascuno. Ci raccontano che era la prima volta che arrivavano in Italia, e che, nonostante le loro richieste d’asilo politico, sono stati rimbalzati tra Taranto, Bari e Roma per poi essere spediti, in almeno 16, al CPR di Gradisca. Ci raccontano che dal loro arrivo al CPR di Gradisca non gli è mai stato assegnato un avvocato d’ufficio, nonostante le loro richieste, e quindi non gli è stata data la possibilità di richiedere asilo politico.

Ci comunicano che in queste ultime settimane ogni lunedì nel CPR di Gradisca avviene un ricambio di circa 20 persone, tra chi viene trasferito e chi viene deportato. Ci ripetono che trasferiscono le persone alle 5 di mattina ammanettandole e che non sanno dove le trasportino.

Ci raccontano che da quando hanno iniziato i trasferimenti a Ponte Galeria (di cui avevamo parlato qui) il clima è peggiorato: chiunque protesta viene portato via e, ci raccontano, in assenza di proteste i soprusi sono maggiori, ci dicono di essere trattati “come cani”.

La settimana scorsa, una di queste persone arrivate in barca dalla Tunisia ha iniziato una protesta poiché, ci dicono, non gli venivano dati i medicinali: ha ingoiato delle lamette e chiamato soccorso. Il video che alleghiamo rappresenta degli attimi un po’ dopo quest’avvenimento. Si vede del personale del CPR che alza per le braccia il ragazzo, trascinandolo a peso morto come un sacco per circa un metro. In seguito però si fermano, forse per gli sguardi indiscreti dei video, ed inizia un bisticcio tra i due membri del personale, in giacca rossa, su quale sia la procedura per alzare un corpo. I toni della discussione si alzano (“Non è questa la tecnica!”, “Servono due operatori!”, “vedere se risponde agli stimoli!” si sente) e il battibecco si conclude con l’allontanamento dei due membri del personale, lasciando quindi il ragazzo per terra, come se non si trattasse di un corpo umano in evidente difficoltà.

Altri detenuti ci tengono a riferire che, secondo loro, il personale medico del CPR, intervenuto in seguito, puzzava di alcool e che il giovane è stato inizialmente solo riportato in cella senza ricevere ulteriori aiuti.

Ad oggi, questa persona continua ad accusare malori e chiede aiuto all’esterno, dice che non lo aiutano e che lì è “proprio un inferno“.

Esistono almeno due tipi di deportazioni forzate in Italia: quelle di coloro che hanno una vita costruita qui e che perdono il permesso di soggiorno (i rimpatri) ed i respingimenti “a caldo”, non appena le persone, stremate da un viaggio atroce, spesso durato anni, mettono piede in Italia. Se i rimpatri sono orridi strumenti di ricatto legali dal ‘98 (Turco-Napolitano) i respingimenti continuano ad essere illegali se una persona richiede asilo politico. Tuttavia, sulla rotta Balcanica, da diversi mesi, l’Italia si è inserita nei respingimenti a caldo oltre le frontiere Europee di persone richiedenti asilo: da Trieste le persone vengono caricate su dei furgoni o pullman e spedite in uno snodo in Slovenia dove vengono trasbordate per poi essere respinte fino alla Bosnia e alla Serbia (quelle che qui chiamano, tentando di darvi parvenza normale, “riammissioni” in Slovenia). Ora anche i respingimenti a caldo che interessano la rotta del Mediterraneo centrale passano per questa regione !

Lo Stato che vuole il CPR, la cooperativa EDECO che lo gestisce, chi ci guadagna uno stipendio, chi ci guadagna un appalto sono tutti complici di quest’atrocità. Non essere complici significa reagire e non soccombere all’indifferenza:

NEL 2020 A GRADISCA C’ERA UN LAGER PER “PERSONE STRANIERE”, E TUTTI SAPEVANO.

Biciclettata contro tutti i CPR – 13 settembre 2020

Domenica 13 settembre, si è svolta una biciclettata contro il CPR di Gradisca d’Isonzo e tutti i lager di Stato, in solidarietà ai reclusi del centro di Gradisca. Alcune decine di antirazzist* hanno percorso in bici le vie di Gradisca e Sagrado con vari cartelli, distribuendo volantini e facendo brevi interventi ai passanti. Ci sono stati diversi passaggi davanti al CPR di Gradisca, dove le urla “freedom, hurriya, libertà!” hanno trovato subito eco nei reclusi che hanno risposto a loro volta con grida.

Il primo passaggio davanti al CPR è coinciso con l’entrata a sirene accese di un’ambulanza, un’auto medica e un’auto della Polizia, mentre dopo circa un’ora si aggiravano per Gradisca due camionette del reparto mobile della Polizia di Stato, dirette presumibilmente al CPR. Dei reclusi ci dicono che, forse, l’ambulanza era stata chiamata per un recluso della zona blu, per degli atti di autolesionismo.

Nella zona rossa, ci dicono, sono state rinchiuse nuove persone. Molte di queste persone non hanno al momento una scheda telefonica (sim card) e si vedono tagliati i contatti con l’esterno.

La vita nel CPR è la solita merda, e la biciclettata di ieri voleva solo ricordarlo anche ai gradiscani e alle gradiscane nella loro tranquillissima domenica pomeriggio. Come molte/i gridavano ieri: “A Gradisca c’è un lager, anche se i giornali non ne parlano, il silenzio è complicità, bisogna fare qualcosa per la chiusura del CPR!”.

INTERVISTA AD HOSSIN, FRATELLO GEMELLO DI HASSAN

Condividiamo un’intervista che abbiamo fatto al fratello gemello di Hassan, il ragazzo che la mattina del 14 luglio 2020 è stato trasportato in fin di vita dal CPR di Gradisca all’ospedale di Gorizia, mentre il suo compagno di cella, Orgest Turia, moriva.

Le versioni ufficiali hanno parlato inizialmente di rissa ed omicidio, una volta appurato che si trattava di overdose da psicofarmaci, hanno cominciato una narrazione atta a creare un immaginario di detenuti tossici, criminali e spacciatori.

Invece, i CPR sono lager dove lo Stato rinchiude persone, che hanno affetti, vita e sogni in Italia, per non avere un documento in regola. Anche se non è un mistero che nei CPR vengano dati psicofarmaci a molti detenuti, che decidono di prenderli spesso per sopravvivere all’orrore, e che vengano somministrati tranquillanti per sedare gli animi più irrequieti, Hassan non assumeva né metadone né eroina e chiunque muoia di CPR, è un morto di Stato.

Invitiamo all’ascolto completo e alla diffusione.

CHE I MURI DEI LAGER POSSANO CADERE!

AGGIORNAMENTO 2

Da dentro ci raccontano che sabato 15 e domenica 16, i due giorni in seguito agli episodi della notte del 14 agosto, le forze dell’ordine sono scomparse dalla vista dei detenuti dei CPR. Si chiedevano se gli avessero cambiato postazione, invece lunedì 17 sono tornate dove erano sempre. Immaginiamo quindi che sia stata fatta una scelta strategica in vista delle possibili visite esterne “a sorpresa” dei parlamentari, così che potessero trovarsi una situazione meno orrida di quella che c’è di solito. Ribadiamo che i detenuti raccontano che gli episodi avvenuti venerdì 14 sono ordinari nel CPR.

AGGIORNAMENTI

Ci dicono che sabato 15 mattina, verso le 4:00, sono stati rimpatriati a sorpresa diversi detenuti di origini tunisine del CRP di Gradisca, ritenuti parte della rivolta terminata poche ore prima e almeno uno di loro con la scusa di essere portato in prigione. Altri tre sono stati effettivamente portati in prigione. Nessuno ha più notizie di tutti loro da quella sera, ci dicono che i cellulari delle persone rimpatriate sono ad oggi irraggiungibili e non si ha alcuna notizia di loro.

PESTAGGI E FERITI NEL CPR DI GRADISCA – notte 14/08

Questa sera alcuni detenuti raccontano che ci sono stati degli incendi a seguito del pestaggio di alcuni altri detenuti nella zona rossa. Il fuoco, nel CPR di Gradisca, ci raccontano che c’è ogni sera! Ogni sera, a seguito di una giornata di pesanti soprusi, nel CPR di Gradisca avvengono piccole rivolte. Ma oggi la repressione sembra essere stata più violenta ed i fuochi un po’ più grandi: nel video che alleghiamo si vede un ragazzo che uscendo un po’ dalla cella viene preso di mira da due forze dell’ordine una in seguito all’altra, una volta rientrato in cella ci rimane insanguinato e richiedendo il suo zainetto. Condividiamo anche le foto di un altro detenuto a terra con la bava alla bocca. Per tutelare la sua identità non metteremo i video da cui sono stati estratte queste immagini, ma questa persona sembra avere urgente bisogno d’aiuto. Non sappiamo né come stia ora né dove sia! Chiunque possa faccia qualcosa!

Sappiamo che è possibile che abbiano ritirato i cellulari ad alcuni detenuti. Alle 2 la situazione sembrava essere più calma ma fino a dopo la mezzanotte non sembrava essere finita. Stavano venendo tagliate delle inferriate con una flex e pompieri e f.d.o. sono entrate in alcune stanze. I media locali, per l’ennesima volta, hanno prontamente diffuso una narrazione della vicenda parziale che, in questo caso, vedeva come vittima un carabiniere e come carnefici i detenuti.

Senza il coraggio dei detenuti che, rischiando la loro incolumità, diffondono le notizie con l’esterno, non sapremmo mai le atrocità quotidiane del lager, e la storia dei CPR la scriverebbero solo le loro guardie.

I CPR sono luoghi di morte e oppressione anche quando non ci muore nessuno, ma a Gradisca sono già morte due persone. Oggi è passato un mese dalla morte di Orgest Turia. La violenza nei CPR è costante, ad un trattenimento ingiusto e al terrore di essere deportati, si aggiungono costanti soprusi (secondo quanto ci raccontano nel CPR di Gradisca il cibo viene passato sotto le sbarre, le persone sono costrette tutto il giorno in gabbie, non vengono forniti cambi vestiti o lenzuola, l’attenzione medica è scadente e difficilmente accessibile, il cibo causa problemi intestinali e molto altro).

Negli ultimi giorni sembra siano state trasportate nel CPR, direttamente da Lampedusa, diverse persone appena arrivate.

I CPR sono dei lager letali. Che i muri dei cpr possano cadere e tutti i detenuti siano liberati!

AGGIORNAMENTO 15/08 MATTINA: Verso le 4 di notte sembra siano entrati in CPR ad arrestare almeno un detenuto tra i testimoni dei pestaggi avvenuti ieri notte in un’area dell’ala rossa. La situazione ci sembra strana: La maggior parte dei detenuti sostiene che la rivolta di ieri fosse come quelle che accadono molto spesso.

(Attenzione : video ed immagini con contenuti forti)

 

 

Trasferimento ora

In questo momento stanno venendo trasferite 15 persone dal CPR di Gradisca, tra cui c’è H., il ragazzo testimone degli orrori di Piacenza.

Si tratta di 13 persone dal Marocco e 2 dall’Algeria, alle quali stanno dicendo che le stanno portando al CPR di Ponte Galeria (Roma),  cosa che loro non sanno se sia vera o meno. Alcuni dicono che se arriveranno nel CPR di Ponte Galeria gli verranno poi tolti i telefoni.

SITUAZIONE INSOSTENIBILE: CHIUDERE SUBITO IL LAGER!

URGENTE: H., il ragazzo testimone dell’orrore di Piacenza e che ha passato 4 mesi in carcere (qui) per non collaborare con lo spaccio della caserma, ci racconta di star subendo maltrattamenti in CPR. Dopo essere riuscito ad arrampicarsi su un tetto nei giorni scorsi, è in sciopero della fame da due giorni, dice che forse quando starà morendo di fame lo libereranno. Chiediamo aiuto nella diffusione e nel fare il possibile perché sia liberato.

Intanto pesantissimi atti di autolesionismo da parte di una persona che ci racconta come il CPR faccia impazzire, e poche ore fa un ragazzo è stato trasportato in una coperta, non si sa né verso dove né come stia: chiunque possa faccia qualcosa!

Continuano inoltre ogni sera incendi nel CPR, che, ignifugo, continua a reggere alla disperazione dei reclusi.

Chiunque faccia qualcosa perché il CPR chiuda e i suoi detenuti siano liberati.

Il CPR è un lager!!

Vittima della violenza dei carabinieri di Piacenza internato in CPR

Quella che segue è la storia di H. rinchiuso nel CPR di Gradisca dal 12 luglio. Una storia  emblematica di come il sistema del rimpatrio e della detenzione amministrativa in Italia sia in realtà un tritacarne di vite umane. Questa storia però ha qualcosa di diverso dalle altre, perché si intreccia con l’inchiesta sui carabinieri della caserma Levante di Piacenza.

Come riportato in numerosi articoli di stampa facilmente reperibili online, H. viene fermato nell’ottobre 2017 in un parco della sua città assieme alla sua ragazza, e viene portato nella caserma dei carabinieri. La città è Piacenza, la caserma quella di Levante, salita agli onori delle cronache perché lì dentro i carabinieri tenevano le fila del traffico di droga della città, torturavano e arrestavano illegalmente.  

Secondo quegli articoli, H. viene arrestato dai carabinieri, che lo riempiono di botte (e ora per questo sono indagati) e gli mettono dell’hashish in tasca, accusandolo di spaccio. I carabinieri di Piacenza possono così vantare l’arresto di uno spacciatore, e H. a causa di quei fatti finisce in carcere per quattro mesi. 

Poco dopo essere scarcerato, il 12 luglio scorso, viene portato nel CPR di Gradisca. Viene tenuto in isolamento per settimane in una cella senza nemmeno un materasso su cui dormire. Si ritrova con una grossa cisti in testa, vorrebbe essere visitato da un medico, ma le sue richieste rimangono inascoltate. Minaccia di tagliarsi la cisti con un rasoio: “almeno così mi porteranno in ospedale”, dice.

Il 4 agosto H. viene portato dal Giudice di Pace che deve convalidare il rinnovo del trattenimento nel CPR emesso dal Questore di Gorizia. È fiducioso, nel frattempo la verità è venuta a galla e se ne parla su tutti i media. Ma il buon senso, la ragione e la giustizia non abitano in quel tribunale. Da quando il CPR di Gradisca è stato aperto gli avvocati degli internati ci hanno segnalato numerosi casi di persone che avrebbero potuto o dovuto essere liberate, ma sono state costrette a rimanere rinchiuse, perché il giudice La Licata convalida quasi sempre i trattenimenti. Per H. sentenzia 45 giorni di trattenimento.

Lui non si capacita della cosa, durante la notte sale sul tetto di una struttura dentro il CPR, circondato da decine di agenti che lo inseguono. Poi scivola, cade giù, si frattura una mano. Passa molte ore a urlare dal dolore, ma non viene portato in Pronto soccorso, e la sua avvocata è costretta a telefonare e insistere perché venga visitato in ospedale.  

H. nel CPR non dovrebbe starci, così come non dovrebbero starci tutti gli altri reclusi; lui, in più, è parte lesa e dovrà testimoniare al processo di Piacenza.

Purtroppo tutto questo avviene quando i fatti di quella caserma dei carabinieri sembrano già dimenticati, mentre manipoli fascisti irrompono in Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, il quale asseconda le loro richieste azzerando i fondi destinati all’integrazione delle persone straniere, e sui social si invocano i forni crematori per le persone che precise scelte politiche assembrano a centinaia dentro caserme dismesse, per poi denunciare a gran voce il pericolo dello straniero untore.

Noi però non dimentichiamo, la storia di H. è scritta nero su bianco, nessuno potrà dire di non sapere. Se H. verrà deportato contro la sua volontà nel suo Paese d’origine, se gli succederà qualcosa dentro al CPR, se non verrà liberato, ci ricorderemo che lui era testimone e parte lesa in un processo che ha tra gli imputati dei cosiddetti servitori dello Stato.