A Gradisca, un uomo sta a letto da ottanta giorni. Ci parlano di lui altri reclusi, ci dicono che sta costantemente disteso a letto, dorme moltissime ore, avvolto in una coperta marrone di lana, nonostante il caldo. Riusciamo a ricostruire che sta in quelle condizioni da circa ottanta giorni, sappiamo che, per quanto non si alzi quasi mai dal letto, non ha smesso di mangiare.
Sappiamo che riceve 20 gocce al giorno di Rivotril, altrimenti noto come clonazepam, una benzodiazepina usata per trattare l’epilessia. Lo stesso foglietto illustrativo specifica che l’uso di medicinali antiepilettici come il clonazepam aumenta il rischio di avere pensieri e/o comportamenti suicidari e l’uso di dosi elevate e/o per periodi prolungati può dare dipendenza fisica e psichica, soprattutto se chi lo assume in passato ha abusato di medicinali, droghe o alcol. Nel CPR, a moltissime persone viene somministrato il Rivotril, anche se si tratta di persone con altre dipendenze o che rischiano di subirne pesantemente gli effetti collaterali.
Ogni 15 giorni Z. riceve anche una puntura, non sappiamo per quale motivo e di che sostanza.
Un suo compagno di prigionia ci dice che, se non si fa qualcosa per toglierlo da quella situazione, Z. sarà il prossimo morto del CPR di Gradisca.
Nel frattempo, per le persone con problemi psicologici o psichiatrici dentro al CPR l’assistenza del SSN è stata limitata alla possibilità di un colloquio ogni quindici giorni, in via telematica. Un tipo di assistenza quindi praticamente inutile, a detta degli stessi operatori e operatrici del SSN, più somigliante a una presa in giro, per persone costrette in condizioni disumane, cui spesso vengono somministrati sedativi e medicinali vari in maniera coatta al fine di cercare di spegnere in loro ogni moto contro la loro condizione e i suoi ben chiari responsabili.
Per fortuna, questo giochetto non funziona quasi mai.