Notte di rivolta al CPR

Ieri due persone detenute al cpr di Gradisca hanno tentato di evadere dalla struttura, purtroppo il loro tentativo di fuga non è andato a buon fine. Sono stati fermati e ci raccontano che sono stati picchiati dalla polizia che li ha riportati dentro al lager. Le altre persone hanno cominciato a gridare di non picchiarli ma, ci dicono, la polizia si è subito premurata di zittire anche loro con la forza.
Da dentro ci dicono che non ce la fanno più, che sono persi in un buco nero, che hanno freddo, non hanno vestiti, quando si lavano sono costretti a rimettersi la roba sporca.
Il coraggio e la determinazione nel provare a liberarsi dalla condizione di umiliazione e prigionia quotidiane ci dimostra che tutti i tentativi di annichilimento e annientamento della persona propri di strutture come carceri e cpr per fortuna non riescono nel loro intento.
Solidali con chi ieri si è ribellato e ha tentato la fuga

FUOCO AI CPR

FUOCO ALLE GALERE

Sabato 12 brulica di appuntamenti

???? Sabato 12, appuntamenti solidali e contro la guerra a Trieste! Anche noi saremo in piazza tutta la giornata:

‼️ alle 10:00 in Largo Barriera, Presidio BASTA SPESE MILITARI e tagli alla sanità pubblica: interventi, microfono aperto e volantinaggio! Lo Stato continua ad investire in deportazione e guerra mentre la salute delle persone viene messa in secondo piano rispetto ai profitti di pochi. Le armi vendute ai paesi da cui scappano molte delle persone che approdano in Friuli Venezia Giulia sono spesso prodotte sui nostri territori. Solidarietà è anche opporsi a che quelle armi vengano prodotte e vendute!

https://www.facebook.com/events/470931253887401

‼️ alle 14:00 presidio davanti al carcere del Coroneo: interventi, musica e chiacchiere con i detenuti. Nel carcere del Coroneo si trova rinchiuso anche uno dei tre giovanissimi capri espiatori cui stanno cercando di attribuire le distruzioni collettive avvenute nel CPR di Gradisca ad agosto.

‼️ Alle 16:00 in Piazza della Libertà, come ogni giorno, si può portare supporto alle attiviste/i e volontarie/i di Linea d’Ombra e Strada Si.Cura che danno un primo aiuto a chi arriva dalla Rotta Balcanica.

Aiutateci a diffondere e non mancate!

Oggi N. è stato deportato.

Oggi alle 11:30 di mattina con il volo di linea della TunisAir che da Milano Malpensa va a Tunisi viene deportato N., trasportato da Gradisca in un’auto con due guardie armate appresso. Entrato incensurato nel CPR a giugno, ne esce ora, dopo 3 mesi di carcere e un patteggiamento insensato, che qualche avvocato, mosso da non si sa che logica, e una buona dose di pressione, gli hanno fatto firmare poco più di una settimana fa. La sua storia l’abbiamo raccontata qui. A seguito del patteggiamento è partito immediatamente l’iter per la deportazione. È stato uno dei tre capri espiatori cui hanno attribuito le rivolte collettive che quotidianamente avvenivano quest’estate nel CPR. Nel periodo in cui è rimasto nel CPR dopo essere stato in carcere, grazie a un fantasioso “obbligo di dimora”, è stato tenuto isolato, in una cella distrutta, al gelo. In queste condizioni, che ci sembrano ai limiti della legalità, sembra gli sia stato “suggerito” di concordare di voler essere deporto in modo non forzato. A N. va tutta la nostra solidarietà e i migliori auguri per il futuro, consci che dopo tanto odio e schifo almeno oggi potrà vedere dei volti amati. “Sono bloccato, non ci credevo che sarei stato deportato dopo poco.[..], la vita è una ruota, [..], ho preso lezioni importanti da questa storia”, ci riesce a dire.

In Italia, l’unica ragione per cui in 22 anni sono stati chiusi dei CPR è che i detenuti li hanno distrutti, spesso con il fuoco, e rischiando la vita per questo. Sapendo che le voci dei detenuti stentano a uscire, amplifichiamo noi le loro grida: FUOCO AI CPR! LIBERTÀ PER TUTTI I DETENUTI!

Urgente: nel CPR di Gradisca (0-3°C) niente porte né coperte

Nel CPR di Gradisca la maggior parte delle celle non ha porte e finestre. La maggior parte della struttura non ha il riscaldamento funzionante e da dentro ci raccontano che si stanno ammalando e che non riescono a dormire perché fa troppo freddo.

La cooperativa EDECO sa, il suo responsabile Simone Borile sa, i detenuti rischiano di morire di freddo e vengono lasciati come bestie a congelarsi. Né la garante dei detenuti Corbatto né la sindaca Tomasinsig hanno detto niente a riguardo.

“Non ci credo che sono in Italia” ci dice qualcuno “Non sto bene […], mi sento molto stanco, […] non hanno acceso il riscaldamento, non ci hanno dato i vestiti invernali e fa molto freddo” raccontano.

Oggi hanno deportato altre 12 persone tunisine, 2 dalla zona rossa e 10 dalla blu, per gli accordi aguzzini dell’ultimo anno.

Per fortuna l’altro ieri altre tre persone sono riuscite a fuggire. A queste auguriamo buona fortuna, nella speranza che molte altre riescano a farlo in futuro.

FUOCO AI CPR E A TUTTE LE GALERE.

La storia assurda di N.: “qui ti danno due anni come fossero caramelle”

Scriviamo con rabbia per diffondere la storia assurda di un ragazzo che ieri è stato processato per “concorso morale” agli episodi avvenuti il 14 agosto nel CPR: in breve, si tratta di un incendio, come quelli che avvenivano in quel posto ogni sera. Potrebbe sembrare uno scherzo se non avesse preso un anno e 10 mesi di reclusione. A lui va tutta la nostra solidarietà e vicinanza, temiamo che da un momento all’altro possano prenderselo con forza e ributtarlo nel posto da dove, due anni fa, ha scelto di partire. Che i CPR cadano e siano distrutti. Che tutti i suoi detenuti siano liberati! Che N. sia liberato! Diffondete!

N. arriva in Italia a metà 2018, a 22 anni “per costruire il mio futuro e guardare in avanti”, arriva in aereo a Venezia, pagando molti soldi per un contratto di lavoro a Potenza, che poi risulta non esistere. Parla già un po’ l’italiano, che ha iniziato a studiare da solo prima di partire.

Decide quindi di partire, passa in Francia e poi va a vivere in Belgio, dove lavora per sette mesi. Un giorno viene fermato e, non avendo un permesso di soggiorno valido per il Belgio, viene rispedito in Italia per regolarizzarsi. Il centro di rimpatrio in Belgio, dove sta in attesa del volo verso l’Italia, è interculturale, misto (uomini e donne) e ha una una palestra, assistenza medica, cibo buono e abbonamento a Netflix.

Arriva a Fiumicino e ad aspettarlo trova due donne – forse assistenti sociali forse funzionarie della Prefettura – che gli ritirano il passaporto e gli danno un permesso provvisorio, perché nel frattempo lui ha fatto richiesta asilo. Lo inviano in un CAS a Roma, talmente sporco che non si riusciva a fare la doccia: da quel CAS, N. decide di scappare. Vive e lavora un po’ a Napoli e poi torna in Veneto, va a fare la vendemmia e a lavorare in osteria a Conegliano. Fa la commissione per la richiesta asilo, intraprendendo l’unica via per regolarizzarsi in Italia, e, come per quasi tutti, la sua richiesta viene rifiutata senza grandi spiegazioni. Un giorno, mentre mangia un kebab in piazza, viene fermato e trovato senza permesso di soggiorno, spiega che sta per consegnare i documenti per la sanatoria aperta da poco. Tuttavia, pochi giorni dopo, vanno a prenderlo al suo domicilio per portarlo al CPR di Gradisca. Dopo pochi giorni, compie 25 anni. Sta male, come tutti i detenuti nel CPR.

Un giorno di luglio 2020, vede dalle inferriate il corpo di Orgest Turia che viene portato via e vede Hassan in fin di vita. In quel periodo nel CPR ci sono incendi tutte le sere. Qualche tempo dopo N. ha richiesto un colloquio per nominare un avvocato di fiducia; il colloquio inizialmente gli viene impedito, dicendo all’avvocato che il ragazzo non può essere convocato perché si trova in quarantena per il Covid, N. smentisce questa versione: lui è nel CPR da più di un mese ormai, gli hanno fatto tre tamponi, tutti e tre con esito negativo. N. si sente preso in giro e pensa stiano usando la scusa della quarantena per isolarlo e non permettergli di parlare con nessuno.

Il 14 agosto, ci sono stati degli incendi a seguito del pestaggio di alcuni altri detenuti nella zona rossa. In quei giorni, il fuoco è una presenza quotidiana; ogni sera, a seguito di una giornata di pesanti soprusi, nel CPR di Gradisca avvengono piccole rivolte. Ma il 14 agosto la repressione sembra essere stata più violenta, come avevamo raccontato in questo post.

Il 15 agosto, all’alba, viene preso e portato al carcere di Gorizia con altri due detenuti: viene messo in custodia cautelare per concorso morale ai fatti del 14 sera e viene messo sotto arresto assieme ad altre due persone. All’inizio, viene messo in quarantena, poi viene spostato con i detenuti comuni. Uno dei tre il 19 viene fatto uscire dal carcere, non si sa dove viene portato. L’altro rimane, ma viene poi trasferito due mesi dopo nel carcere di Trieste. Sugli altri due sembra pendessero accuse più gravi, come lesione, resistenza e danneggiamento. “Ci sono quelli che ammazzano e sono in giro per la strada e invece noi siamo stati messi in carcere”, ci dice.

L’8 settembre ha il riesame per le misure cautelari; il giorno prima avvisa. L’8 si prepara per andare in tribunale, ma nessuno lo porta al suo processo: dopo 23-24 giorni lo avvisano che tutte le istanze del riesame sono state rigettate e le misure cautelari in carcere vengono mantenute. Poi arriva la conclusione delle indagini e il rinvio a giudizio per il 15 dicembre, il giudice chiede il rito abbreviato o il patteggiamento. Parla con l’avvocato, fissa l’udienza per il patteggiamento per il 26 novembre e viene spostato con obbligo di dimora al CPR: più che un obbligo di dimora, si tratta di una detenzione carceraria.

Gli dicono che potrà assistere in videoconferenza dal carcere, o di persona. Il 26 mattina è pronto, ma nessuno lo fa uscire dal CPR o lo porta al suo processo. A metà udienza riceve una chiamata dall’avvocato, che chiede di interrompere momentaneamente l’udienza in modo da chiedere al suo assistito se gli va bene un patteggiamento di 1 anno e 10 mesi (aumentato di 10 mesi rispetto all’iniziale proposta). N., da quello che capisce, deve accettare poiché se andasse a processo gli verrebbero chiesti non meno di tre anni, come scritto sui primi documenti al suo arresto, prima della conclusione delle indagini. Si trova quindi ad accettare il patteggiamento al telefono, nella sua cella del CPR senza poter presenziare al suo processo o ascoltare ciò che è stato detto. È incensurato quindi può avere la pena sospesa per la condizionale.

“Qui ti danno due anni come fossero delle caramelle”, ci dice. 1 anno e 10 mesi, dopo 3 mesi di carcere cautelare, per concorso morale a una delle centinaia rivolte di coloro che nel CPR rivendicano di essere umani.

E adesso?

Solo ieri hanno deportato 13 persone tunisine dal CPR di Gradisca, lunedì 24, i giorni prima ancora di più. N. sa che forse sarà uno dei prossimi, ma non vuole tornare in Tunisia, da dove se n’è andato. È arrivato in Italia poco più di due anni fa, ha fatto 54 giorni di CPR, 3 mesi di carcere e ora si trova da 10 giorni di nuovo nel CPR.

“Sono massacrato, qua dentro al CPR mi hanno rovinato la vita, in tutti i sensi”.

CHE N. SIA LIBERATO E POSSA VIVERE DOVE VUOLE, COME TUTTI GLI ALTRI DETENUTI. SOLIDARIETÀ A N. E A TUTTI I DETENUTI!

MINACCE DI MORTE E ESPULSIONI

Dentro il CPR c’è Hassen, un uomo che parla bene italiano ed ha vissuto a Padova per anni, un uomo originario dalla Tunisia che ha aiutato spesso, facendo da traduttore, i suoi compagni di detenzione trasportati nel lager di Gradisca da Lampedusa.

Hassen è scappato dalla Tunisia perchè minacciato di morte, se fosse rimasto gli sarebbe costata la vita. Hassen ha un’infezione tubercolare latente ed un nodulo (benigno) alla tiroide.

Quando la polizia lo ha fermato a Padova, lui si è sentito male, ha avuto nausea e giramenti di testa, e ha chiesto di andare all’ospedale, ci racconta che i poliziotti lo hanno picchiato e minacciato di rimandarlo subito in Tunisia. Successivamente è stato portato al Cpr di Gradisca, da quando è entrato ci raccontano che non gli hanno fatto alcuna visita medica. Martedì della scorsa settimana lo hanno portato presso il consolato tunisino, ma ci racconta che l’hanno lasciato chiuso dentro al “furgone” impedendogli di parlare con il console, dopo avergli preso i documenti.

Ieri gli hanno fatto un tampone, che lui ha preso come indizio della sua imminente deportazione, e Hassen ha scritto una lettera di addio alla madre e ha iniziato a prepararsi per il suicidio: o morto o libero, in Tunisia a farsi ammazzare non ci vuole tornare. I compagni di cella ed i contatti all’esterno hanno cercato di farlo desistere ed hanno vegliato la notte per scongiurare la sua deportazione. Al momento si trova ancora nel CPR, sembra i giorni dei rimpatri ora siano diventati martedì, giovedì e venerdì.

Si trova nel CPR da 3 mesi, tempo massimo secondo le nuove modifiche dei decreti “sicurezza”. La sua permanenza forzata è dovuta alle convalide mensili comminate dall’unico Giudice di Pace della provincia di Gorizia, noto a detenuti ed avvocati per le sue sentenze quasi sempre a favore della detenzione. La sua vita misera e annichilita degli ultimi mesi è dovuta alla cooperativa EDECO che gestisce il centro. L’impossibilità di “allontanarsi volontariamente” dal centro è dovuto ai dispositivi di controllo e alle guardie armate usati per controllare il centro, come fosse un carcere di massima sicurezza. La sua deportazione (e la sua eventuale morte) è dovuta alle leggi razziste approvate da tutti i governi e le giunte che si sono susseguiti.

Che i gradiscani e le gradiscane, le uniche persone che possono muoversi nel comune vadano di fronte a quel centro a farsi raccontare cosa succede, ad opporsi a che lo deportino. Che gli operatori degli aeroporti, che gli autisti degli autobus, che i normali passeggeri si rifiutino di essere mandanti di morte.

Che chiunque abbia qualche idea, la metta in pratica.

Aggiornamenti da Gradisca: contagi e deportazioni

Il 10 novembre, alle 5 di mattina, come da prassi, da dentro il CPR di Gradisca un gruppo di detenuti, tutti di nazionalità tunisina, sono stati deportati: non sappiamo quanti fossero esattamente né dove li abbiano portati, ma ipotizziamo che qualsiasi tappa intermedia fosse comunque destinata al rimpatrio forzato.

La macchina dei CPR sta quindi continuando a operare a pieno regime. Se nemmeno durante il primo lockdown la prefettura di Gorizia o la giunta comunale di Gradisca ha ipotizzato di chiudere queste strutture, contrariamente a quanto avvenuto in altri Paesi europei, ora che lo stato di eccezione sta continuando a colpire tutt*, dalle scuole alla piccole attività commerciali, di luoghi detentivi, carceri e, ultimi fra tutti, Cpr non si occupa nessuno.

Dentro al CPR di Gradisca, da quel che sappiamo, continuano ad avvenire settimanalmente nuovi ingressi e trasferimenti di persone da un CPR all’altro: solo tre giorni fa, sono entrate altre 25 persone, provenienti da Sud, probabilmente direttamente da Lampedusa. Non viene rispettata alcuna misura sanitaria di tutela minima: da quello che ci viene raccontato, la mascherina, per esempio, viene fatta indossare ai detenuti del campo solo se e quando viene consentito loro di parlare con un legale. Le persone recluse all’interno del campo continuano nella maggior parte a vivere in stanze comuni.

I giornali locali hanno parlato di casi di Covid all’interno del CARA adiacente e di una trentina di contagi nel carcere di Tolmezzo (UD). Non è dato sapere invece cosa avvenga all’interno del CPR: anche qui, come è noto dalla scorsa primavera, sono stati rilevati alcuni casi di persone positive al Covid-19. Per il momento sembra che le misure di prevenzione si siano limitate all’isolamento delle persone positive, individuando una camerata comune per tutte loro. In ogni caso, ai reclusi non viene comunicato nulla sulla presenza o meno di casi di Covid.

Sappiamo che una delle persone positive faceva parte del gruppo di tunisini trasferiti la scorsa settimana. Ci viene confermato da più parti che, a differenza di quanto accadeva in passato, anche dentro al CPR di Gradisca le comunicazioni di molti dei detenuti con l’esterno e con i propri familiari vengono impedite. Il metodo pare essere questo: quando uno entra in CPR, gli si toglie la sim dal cellulare.

La garante comunale Giovanna Corbatto poco più di un mese fa si è espressa pubblicamente dicendo che le condizioni interne al CPR sono peggiori di quelle delle carceri; tuttavia, sappiamo bene che il suo ruolo è poco più di uno specchietto per allodole. Chi avrebbe il potere di fare chiudere questi lager non ha alcuna intenzione di farlo. Che muoiano di botte o di Covid là dentro evidentemente poco importa.

Finché avremo fiato e finché potremo, continueremo a raccontare quello che succede nella galera di Gradisca, perché tutte e tutti sappiano che dietro a questo inferno ci sono responsabilità precise.

Volantinaggio contro la coop Edeco a Battaglia Terme (PD)

Mentre la Cooperativa Edeco si macchia le mani del sangue delle persone senza documenti gestendo” il CPR di Gradisca d’Isonzo, poco lontano, in provincia di Padova, si aggiudica innocentemente appalti per la conduzione di nidi e scuole per l’infanzia.

C’è chi ha deciso di rendere noto il ruolo di Edeco nella gestione di uno di quelli che sono i moderni campi di concentramento italiani, attraverso un volantinaggio massivo nella città sede della cooperativa stessa, Battaglia Terme (PD).

Il CPR esiste per le ragioni sistemiche che non smettiamo mai di ricordare, ma esiste anche perché c’è chi lo mantiene in vita lavorandoci e traendo profitto sulla pelle di chi vi è rinchiuso.

È  per questo che non è affatto marginale il ruolo di Edeco, come di qualsiasi altro ente che grazie ai suoi servizi permette il suo funzionamento.

È  per questo che bisogna sempre ricordare chi è complice dell’esistenza di questi lager.

Pubblichiamo qui il volantino che è stato distribuito a Battaglia Terme.

BASTA ALLA MILITARIZZAZIONE DELLE NOSTRE VITE!

Oggi scenderemo anche noi in piazza. Lo Stato, ormai da quasi un anno, affronta l’emergenza sanitaria come fosse un’emergenza sociale: invece di finanziare la sanità e promuovere la salute, aumenta i controlli e tutela i profitti di pochi. Lo abbiamo visto in primavera, con i trattamenti riservati a chi stava nei CPR, nelle prigioni o in strada. Abbiamo visto persone appena arrivate dalla rotta balcanica essere multate, come molte altre, perché non stavano chiuse nella casa che non avevano. Abbiamo visto cosa vuol dire essere succubi dell’umore del controllore di turno. Non lo vogliamo vedere più!

Qui la chiamata –> https://www.facebook.com/events/375534137018400/

La sicurezza è la solidarietà!

Da più di due anni, l’assemblea No Cpr-no frontiere si muove sul territorio per combattere concretamente il razzismo e solidarizzare attivamente con chi ne è colpito, nella tensione verso un mondo senza discriminazioni in cui tutte e tutti siano libere di muoversi. La nostra relazione con Linea d’Ombra e l’attività di aiuto in stazione, ancor prima che si creasse formalmente l’associazione di volontariato, è sempre stata stretta, di sinergico supporto e scambio. Dare una mano fraternamente attraverso la cura e l’ascolto a chi arriva stremato da settimane di fughe, molto spesso per ripartire verso altri Paesi, solidarizzare con le persone assicurandosi che le città ed i sentieri che attraversiamo non siano ostili a chi si trova in uno stato di vulnerabilità, lottare concretamente contro i campi di internamento per persone senza documenti (CPR) e diffondere le voci invisibili dei reclusi e dei sopravvissuti alle violenze delle polizie d’Europa sono tutte pratiche di sorellanza strettamente legate tra loro.

Sabato 24 ottobre, Linea d’Ombra e il gruppo di mediche/infermiere/attiviste La strada Si.Cura, che da mesi scendono regolarmente in piazza, saranno sotto attacco. La pagina facebook fascista Son Giusto ha chiamato una manifestazione alla stessa ora e nello stesso luogo dove ogni sera scendiamo in piazza, in solidarietà con chi è appena arrivato dalla Rotta balcanica, cioè persone debilitate e spesso giovanissime. Alla manifestazione hanno garantito la loro presenza i militanti di Veneto Fronte Skinhead, Avanguardia Nazionale e il gruppo Unione e Difesa. Come scrivono Linea d’Ombra e La strada si.cura, “La volontà di “Son Giusto Trieste” di appropriarsi della Piazza apre a possibili scenari violenti dei quali saranno ritenuti responsabili coloro che dovessero permettere che tale palese provocazione si realizzi.

Di fronte a questa minaccia fascista concreta, che si somma al controllo poliziesco costante, ci dichiariamo solidali con le persone che attraversano le frontiere balcaniche, fino a Trieste e oltre, e con chiunque combatta la violenza delle frontiere, delle polizie e degli Stati, attraverso la cura, come fanno le attiviste e gli attivisti di piazza Libertà, e con ogni altro mezzo.

Qui il comunicato di LDO e LaStradaSi.Cura https://www.lineadombra.org/2020/10/22/comunicato-inaccettabile-son-giusto/