Oggi riportiamo la storia di m, un ragazzo di origine egiziana detenuto nel CPR di Gradisca, per settimane, nonostante la sua minore età. Una storia che racconta dei cambiamenti in atto nella gestione del confine orientale, della totale assenza di catene di responsabilità, della pressoché totale impunità di cui continua a godere la cooperativa Ekene.
m viene rintracciato al confine di Fernetti ad ottobre nell’ambito dei sempre più intensi controlli dovuti alla sospensione di Schengen. È un attraversamento che viene fatto quotidianamente da decine di persone che, attraverso la “rotta balcanica”, provano a bucare gli apparati della Fortezza Europa per raggiungere gli Stati dell’Europa centrale e provare ad accedere a quelle economie largamente responsabili delle condizioni di vita nei Paesi d’origine, condizioni che rendono necessario esercitare il diritto alla libertà di movimento.
m viene fermato e potrebbe trattarsi dell’usuale identificazione che avviene sul confine italo-sloveno, invece diventa l’inizio della sua detenzione. Gli avvenimenti di queste primissime ore di fermo, e poi detenzione, non sono chiari — ma sappiamo che non ci sono interpreti e che lui si dichiara maggiorenne. Questa è una pratica comune, spesso suggerita dai trafficanti, in quanto aumenta le probabilità di continuare i propri spostamenti verso i Paesi di destinazione. m in realtà ha 16 anni.
Viene subito emesso un provvedimento di espulsione nei suoi confronti e poco dopo il questore dispone il trattenimento nel CPR di gradisca per 60 giorni. Il trattenimento viene notificato, nuovamente, senza interpreti. m naturalmente, essendo appena entrato in Italia, non comprende quello che gli sta succedendo. La reclusione viene giustificata con “pericolo di fuga, mancanza di passaporto e indisponibilità di alloggio”.
Il giorno in cui per la prima volta mette piede in Italia, m si ritrova quindi nel giro di poche ore rinchiuso nel CPR. Qua bisogna sottolineare che, almeno fino ad adesso, rarissimamente le persone fermate a Fernetti venivano portate in CPR. Normalmente vengono portate nel CPR di Gradisca da Emilia-Romagna, Veneto, Trentino o a seguito di trasferimenti da altri CPR. Per questo temiamo che il trattenimento di m sia indice di pratiche che stanno cambiando per sopperire alla mancanza di un hotspot in Regione di cui si parla da tanto, e per allineare le pratiche di frontiera al nuovo patto UE su asilo e migrazione.
Frontiera, CPR, il primo volo di deportazione disponibile (un charter per l’Egitto) esattamente 12 giorni dal’inizio della detenzione di m, 12 giorni dopo il suo ingresso in italia: importante notare che questa accelerazione della macchina delle deportazioni verso l’Egitto coincide con un incremento del numero dei charter deportativi, da una a due volte al mese.
Per l’Egitto, sappiamo anche che il riconoscimento delle persone deportate non avviene in Italia ma al loro arrivo al Cairo, per cui m sarebbe forse stato riconosciuto come minorenne solo dopo la deportazione.
Dopo una settimana in reclusione m riesce a fare domanda di protezione internazionale, le autorità ne evidenziano la pretestuosità perché in concomitanza con un volo programmato di deportazione. Resta interessante notare come, seguendo questa linea logica e in luce dell’aumento delle deportazioni verso l’Egitto, facendo due conti la stragrande maggioranza delle domande di protezione internazionale possa essere definita “pretestuosa”. La fallacia logica è abbastanza evidente, le reali intenzioni della Questura altrettanto. Il colloquio con la commissione verrà svolto in video-chiamata via teams, il diniego arriverà subito il giorno dopo per “manifesta infondatezza”. Sembra essersi chiuso il cerchio attorno a m.
m è egiziano, paese dichiarato “sicuro” dall’Italia, la sua deportazione era di fatto già stata decisa alla frontiera: l’appuntamento con la commissione sembra quindi un feticcio giuridico-amminsitrativo volto alla corretta compilazione di scartoffie incapaci di tutelare persino i diritti dei minorenni.
Nei giorni successivi m cerca insistentemente di mostrare il suo certificato di nascita dove è indicata la sua vera età agli operatori di Ekene, ma gli viene detto che avrebbero verificato con il consolato egiziano, e che comunque deve rimanere in detenzione. Non riceve ulteriori aggiornamenti.
Sono i concellini ad avvisare che c’è un minorenne detenuto con loro ed è un’avvocata che, presentata un’istanza presso la procura del tribunale dei minorenni di Trieste, riesce a farne riconoscere la minore età – tanto è che m viene immediatamente trasferito dapprima in una comunità minori in regione, e in seguito spostato nel sud Italia.
Lo stato razzista ha cercato di eliminare m, dapprima detenendolo in frontiera e provando a deportarlo meno di due settimane dopo. Poi, dentro il CPR, dove il suo telefono è stato scambiato con uno senza telecamera. Infine, dopo la sua liberazione, allontanandolo dalla sua avvocata e dai solidali.
È grazie ai detenuti che, nonostante tutto questo, riusciamo a sapere cosa succede all’interno delle mura del CPR di Gradisca ed è attraverso la loro resistenza che si rompe questa invisibilità coatta.
Mesi fa, un recluso a Milano ci aveva parlato della reclusione in CPR come “sequestro senza reato”, questa volta è stato sequestro di un minore.
Fuoco alle frontiere, fuoco ai CPR!