18 APRILE, TRE MESI DALLA MORTE DI VAKHTANG NEL CPR DI GRADISCA

Sono passati tre mesi dall’omicidio di Vakhtang all’interno del CPR, e sulla sua fine è calato il silenzio.
La procura di Gorizia ha aperto un’indagine per omicidio, i termini per il deposito dell’esito dell’autopsia sono scaduti da settimane. Eppure, nulla si sa sul risultato degli accertamenti nel frattempo il corpo è stato rimpatriato.
Come abbiamo già detto, a pochi giorni dalla morte, la maggior parte dei detenuti testimoni del pestaggio mortale furono deportati nei loro Paesi d’origine e con una violenta operazione, definita “bonifica”, i telefoni dei reclusi furono sequestrati impedendo i contatti con l’esterno per molti giorni.
In seguito e con fretta, sono state rese pubbliche delle dichiarazioni rilasciate dai medici legali il giorno stesso dell’autopsia, che imputavano la morte a un edema polmonare, escludendo implicitamente il decesso a seguito del pestaggio. I risultati dell’autopsia, invece, non sono mai stati resi noti.
Evidente è il tentativo di mettere sotto il tappeto” quanto avvenuto e far dimenticare Vakhtang e la morte in seguito a un pestaggio. Altrettanto chiara è l’operazione politica condotta per cercare di mettere a tacere chi lotta per lo smantellamento di questo lager.
 
Ad ora, nulla si sa sulla prosecuzione delle indagini e su eventuali indagati. Nulla si sa del risultato dell’autopsia. Nulla si sa dei testimoni, se non quello che ci hanno raccontato loro in prima persona, dopo essere stati rimpatriati frettolosamente. 
La totale mancanza di trasparenza da parte della Procura dimostra quello che era prevedibile: che non c’è nessun impegno da parte delle istituzioni per giungere alla verità e che anzi si vogliano insabbiare le responsabilità di qualcuno, come già troppe volte è successo in Italia. 
Non lo uccise la morte ma una decina di guardie bigotte che gli cercarono l’anima a forza di botte

A pensar male… ancora due parole sulla cooperativa EDECO

Lo scorso agosto, la cooperativa padovana EDECO si aggiudicava la gestione del CPR di Gradisca d’Isonzo; su queste pagine si raccontò già qualcosa a riguardo.
Nelle ultime settimane, lo stato di emergenza ha congelato anche l’attività dei tribunali, così in quello di Padova non si è potuta tenere, il 3 marzo scorso, la prima udienza del processo denominato “Business dell’accoglienza”. Il processo vede accusati a vario titolo alcuni fra i vecchi responsabili della cooperativa Edeco e ben tre ex-dipendenti della prefettura padovana, per fatti risalenti al periodo 2015-2017. Si tratta di Simone Borile (ex-presidente), la moglie Sara Felpati (vice-presidente), Gaetano Battocchio e Annalisa Carraro (consiglieri di amministrazione), Pasquale Aversa (vice-prefetto all’epoca dei fatti), i funzionari Patrizia Quintario e Alessandro Sallusto ed alcuni altri
Come riportato nei media, le accuse su cui si basa il proceso riguardano la qualità dei servizi offerti, il trattamento riservato alle persone e le strategie di vincita degli appalti, per citarne alcune: cibo scarso e avariato, servizi igienici indegni, cura e assistenza assenti, persone sane tenute con altre malate di varicella e scabbia, maltrattamenti, documenti falsi ai Comuni per aggiudicarsi gli Sprar locali,flusso di informazioni riservate su ispezioni e controlli dalla Prefettura alla coop, bandi scritti su misura, poi in effetti vinti. Il tutto grazie alla copertura delle autorità prefettizie, pronte a oliare e favorire un sistema in grado di generare bilanci da 15 milioni di euro. 
Tuttavia EDECO matura così l’esperienza necessaria e, in attesa che la solita farsa della giustizia da tribunale si compia, non si perde d’animo e si candida al bando di gara per la gestione dell’ex-caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo (l’attuale CPR). Al bando, al quale avevano partecipato 14 aziende e cooperative italiane e persino estere, arriva quinta. Ma, fatto assai singolare, le prime quattro sono estromesse per carenze nella documentazione presentata e la Prefettura goriziana, a guida Massimo Marchesiello e Antonino Gulletta, non può far altro che assegnare l’agognato appalto a EDECO. A pensar male… è arrivato il salto di qualità, da asili nido e scuole dell’infanzia agli Sprar, agli hub, ai CAS di Conetta (Venezia), Bagnoli (Padova) e Oderzo (Treviso), fino ai moderni lager di Stato, i CPR! 
Ad ogni modo, la lista degli intrighi e delle violazioni commesse per far andare avanti il carrozzone non ci interessa granché: non sono stati i primi e non saranno gli ultimi a cercare di far soldi sulla pelle di centinaia di uomini e donne rinchiuse e costrette in condizioni miserabili e soggette a continui ricatti, soprusi e violenze.
Tra novembre e dicembre, Sara Felpati e Annalisa Carraro in persona hanno svolto i colloqui di assunzione nel goriziano. In questi, chiarivano amichevolmente agli aspiranti operatori/mediatori che non avrebbero fatto un lavoro “di accoglienza” con gli “ospiti”, non precisando di che tipo di altro lavoro si sarebbe trattato.
Tutti i colloqui sono avvenuti nel silenzio, senza bando ed inizialmente ospitati dalla sede dei Gesuiti di Gorizia. A seguito di una contestazione a sorpresa, la sede dei colloqui è stata cambiata. A novembre la UIL goriziana ha cominciato ad aiutare EDECO, in difficoltà nel trovare personale. I comunicati orgogliosi di UIL si possono trovare sulla stampa locale, il loro supporto ha permesso un passaggio di lavoratori dal CARA al CPR.
Il giorno dell’apertura deduciamo dai commenti dei detenuti che i mandati di EDECO ai suoi lavoratori fossero diventati chiari: gli “ospiti” sarebbero sempre dovuti stare chiusi in cella, il cibo doveva essere passato loro sotto le sbarre, il campo da calcio e la mensa non si sarebbero mai dovuti aprire e all’interno del CPR doveva esserci una presenza di forze dell’ordine costante. 
A meno di un mese dell’apertura una maxi fuga coordinata ha permesso a cinque detenuti di fuggire, molti altri sono stati bloccati fuori e dentro il CPR. Pochi giorni dopo è morto Vakhtang. 
I detenuti raccontano che non gli vengono mai dati prodotti per l’igiene, cambi vestiti e biancheria, che il cibo causa problemi intestinali, che non possono mai uscire oltre la gabbia se non per andare in infermieria, che ricevono un trattamento meschino e razzista e che vengono puniti dalla polizia sotto richiesta degli altri lavoratori.
Vakhtang è il secondo morto avvenuto sotto gestione di EDECO, dopo Sandrine Bakayoko, nel gennaio 2017 a Conetta (VE).
Non sappiamo chi ci sia ad oggi a capo di questa cricca che opera all’interno del CPR di Gradisca insieme a esercito e polizia di ogni genere e tipo. Sappiamo però che neanche a un mese dalla sua apertura è stato ucciso un uomo al suo interno, che in diversi hanno tentato il suicidioe che molti altri sono stati picchiati e repressi in vari modi per aver tentato di ribellarsi alle condizioni di prigionia cui sono sottoposti, come ci hanno raccontatoQualche settimana fa, alcuni di loro hanno risposto con uno sciopero della fame e poi appiccando il fuoco alle loro gabbie, apportando danni ingenti alla struttura.
A queste persone va tutta la nostra solidarietà; agli aguzzini a ogni livello, con e senza divisa, tutto il nostro odio e disprezzo.
CHI GESTISCE UN CPR, COME UN QUALSIASI CARCERE, È COMPLICE DELLA SUA ESISTENZA.
FUOCO ALLE GALERE, FUOCO AI CPR!

LE CONTRADDIZIONI CHE AFFIORANO: AGGIORNAMENTI DA GRADISCA 08.04.2020

Ancora una volta, nel CPR di Gradisca D’Isonzo, l’intensificarsi del clima di terrore risulta essere l’unica via praticata per tenere sotto controllo la situazione all’interno: nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione delle testimonianze dell’ultimo pestaggio avvenuto all’interno del CPR, a diversi detenuti sono stati requisiti i telefoni, con l’obiettivo di poter individuare i “responsabili” della fuoriuscita delle informazioni. Si tratta di dinamiche già viste tre mesi fa, subito dopo la morte di Vakhtang Enukidze, quando i reclusi tentarono di smentire la narrazione ufficiale, che attribuiva a una “rissa tra detenuti” le cause della morte all’interno della struttura. In quel caso, a tutti i reclusi, molti dei quali avevano raccontato del pestaggio che Vakhtang aveva subito da parte delle guardie del CPR,vennero temporaneamente sottratti i cellulari, mentre la quasi totalità dei testimoni venne rimpatriata, anche verso Paesi dittatoriali come l’Egitto. Il sequestro dei cellulari, in quel caso, fu definito dalla procura come “una bonifica” con lo scopo di favorire le indagini.

In una struttura in cui gran parte dei pestaggi non possono essere attestati, poiché avvengono intenzionalmente in zone non coperte dalle telecamere, si continua a reprimere oltre che fisicamente anche psicologicamente attraverso ritorsioni come quella di togliere l’unico mezzo che le persone detenute hanno per comunicare con i propri familiari.

Nell’ultimo video che abbiamo pubblicato si vede immortalato un ragazzo accasciato per terra a seguito di un pestaggio. Attualmente sta ancora male; ci dicono essere pieno di lividi e di non aver ricevuto le cure mediche adeguate. Ci raccontano che il pestaggio in questione aveva coinvolto anche un’altra persona e che, in entrambi casi, il “motivo” sarebbe una sorta di rivolta nella quale i due avevano” bloccato i lucchetti delle porte per non farli entrare o agli operatori”. I detenuti ci raccontano che una volta entrati, i poliziotti hanno picchiato i due ragazzi in un punto cieco, privo di telecamere; hanno quindi sedato il ragazzo presente nel video e portato in ospedale,riconducendo le condizioni fisiche a un “episodio di autolesionismo”; infine, ci riferiscono che una volta riportato nel CPR, i poliziotti hanno sporto denuncia contro di lui.

La pratica del pestaggio nei punti ciechi ci è già stata raccontata molte volte. Il 19 gennaio, al presidio a seguito della morte di Vakhtang, tutte le persone presenti ricorderanno le continue chiamate che ci arrivavano dai detenuti terrorizzati, i quali ci raccontavano che venivano presi uno a uno, buttati fuori dalle celle, picchiati e rimessi dentro.

Ad oggi, né l’impossibilità di garantire condizioni sanitarie sicure né il blocco delle deportazioni nei Paesi d’origine (che annulla la funzione ufficiale dei CPR) appaiono sufficienti a far chiudere i CPR o quantomeno a bloccare gli arrivi nelle strutture: risale a soli tre giorni fa l’ultimo ingresso all’interno della struttura. Dopo esser stato sanzionato per l’illecito amministrativo della violazione delle norme anti-contagio a Udine, un ragazzo di 24 anni è stato infatti rinchiuso nel CPR di Gradisca, la stessa struttura in cui era stato certificato un caso positivo al Coronavirus.

In un’intervista a Repubblica del 4 aprile, dopo delle considerazioni generali sul rischio di contagio nel CPR e nel CARA, la sindaca di Gradisca Linda Tomasinsig (PD) dichiarava: «Ma quello che io temo, e su cui sto cercando di richiamare l’attenzione, è: cosa succede ai reclusi se, scaduta la decorrenza dei termini, vengono messi fuori». Il giorno seguente, in un’intervista apparsa sul Piccolo dichiarava : «Le persone rilasciate non avendo né mezzi, né rete familiare, si trovano a vagare nel comune o in quelli limitrofi dormendo all’addiaccio».

Questo tipo di narrazione identifica implicitamente le persone recluse con dei potenziali untori che, una volta liberati dalla loro prigione, escono a infettare la cittadinanza gradiscana. Inoltre, riduce le persone detenute ad una massa di nullatenenti, parassiti dello Stato e senza famigliari ed amici a cui rivolgersi, come invece avremmo tutti noi se liberati da un posto del genere.  Il discorso della sindaca ha connotati spudoratamente razzisti, degni di un partito di estrema destra; infatti, la Lega gradiscana dal canto suo sostiene che la liberazione dei detenuti del CPR scatenerebbe sicuramente un contagio fuori controllo nella popolazione. In realtà, le cose stanno proprio al contrario: sono le guardie e i lavoratori del CPR che, entrando nel lager, possono portare il contagio alle persone recluse, creando un problema di salute pubblica. Nel CPR, il contagio si diffonderebbe molto velocemente, date le condizioni di promiscuità in cui si è costretti a vivere là dentro anche durante questa fase di distanziamento sociale, e quindi le risorse sanitarie necessarie per far fronte alla situazione sarebbero maggiori, a meno che l’idea non sia abbandonare i reclusi malati a sé stessi. Inoltre, chiunque abbia una minima conoscenza della realtà dei reclusi nei CPR sa che la maggioranza dei detenuti sono persone che sanno la nostra lingua, che hanno lavorato in Italia per anni, che hanno in Italia famiglia e affetti e che non hanno alcun interesse a fermarsi a Gradisca d’Isonzo. Sono persone che hanno avuto la sfortuna di aver ricevuto un controllo dei documenti in un momento in cui c’era un posto libero in qualche CPR, ma che condividono con decine di migliaia di altre persone in Italia la difficoltà nell’avere un documento regolare e il conseguente ricatto del CPR. Per esempio, la settimana scorsa è stato liberato un ragazzo, detenuto da 4 mesi, che ha potuto così raggiungere la sua compagna incinta e le sue due figlie piccole.

Oltre al CPR, a Gradisca esiste il CARA limitrofo in cui la situazione è molto pericolosa: al momento vi sono confinate 180 persone, costrette in condizioni simili a quelle dei reclusi nel CPR, a causa delle misure repressive e di controllo adottate con lo stato d’emergenza. La vita dei reclusi è a rischio, anche per questo chiediamo la loro immediata liberazione.

L’unica persona che è noto si sia fermata a Gradisca dopo la liberazione dal CPR è stata portata più volte al CARA dal quale se n’è andata preferendo la strada, come ha dichiarato la stessa sindaca.

In un momento come quello attuale, l’esistenza di una struttura come il CPR si palesa in tutte le sue paradossali contraddizioni. Continueremo a sostenere la lotta dei reclusi fin quando non vedremo tutti i muri dei CPR cadere.

IERI PESTAGGIO, FUOCO E CORONAVIRUS AL CPR DI GRADISCA.

???? I detenuti all’interno del CPR di Gradisca ci informano che uno di loro ieri è stato picchiato dalla polizia e di seguito portato all’ospedale. Ci chiedono di diffondere il video e la richiesta d’aiuto che alleghiamo. Il ragazzo è stato riportato nel Cpr e ora si lamenta ancora per le botte subite. Ci informano che non sta ricevendo alcuna cura.

???? I detenuti ci raccontano che hanno cercato di nascondere per diversi giorni che all’interno del CPR vi era un ragazzo con Coronavirus e che, anche se a seguito del suo trasporto a Cattinara la stanza dove si trovava è stata ripulita, vi hanno rinchiuso altri detenuti.

???? Ci riferiscono inoltre che non è stata presa nessun’altra misura di prevenzione al contagio e per questo, ieri, 29 marzo, durante la notte, i detenuti hanno iniziato una protesta bruciando diversi materassi: chiedono di poter uscire dal centro al più presto.

Come Assemblea No CPR no frontiere ribadiamo che il CPR è un lager, ora più che mai, e va chiuso subito. Le persone rinchiuse nel CPR devono essere liberate immediatamente in modo da poter tornare alle loro case e accedere alle cure sanitarie adeguate.

GIÙ LE MURA DI TUTTI I CPR!

CHIAMATA ALL’INVIO DI E-MAIL PER CHIEDERE LA CHIUSURA DEL CPR DE GRADISCA

I detenuti del CPR di Gradisca d’Isonzo ci hanno chiesto espressamente di fare pressione attraverso lettere ed e-mail su chi tiene in pugno la loro libertà e la loro salute per un’immediata liberazione e per poter tornare a casa, come per altro avvenuto in altri CPR in Europa.

Abbiamo scritto questa mail da inviare al giudice di pace di Gorizia (Giuseppe La Licata), al prefetto di Gorizia (Massimo Marchesiello), al questore di Gorizia (Paolo Gropuzzo) e alla sindaca di Gradisca (Linda Tomasinsig). Vi invitiamo ad inviare queste mail da oggi, 27 marzo, fino alla chiusura del CPR.

Prendetevi un minuto del vostro tempo: copiate e incollate il testo qui sotto ed inviate una mail per la chiusura dei CPR agli indirizzi qui sotto.

Indirizzi:

prefettura.gorizia@interno.it,                                  massimo.marchesiello@interno.it,                     gab.quest.go@pecps.poliziadistato.it,                               gdp.gorizia@giustizia.it,                           sindaco@comune.gradiscadisonzo.go.it

TESTO:

All’attenzione di Giuseppe La Licata, Massimo Marchesiello, Paolo Gropuzzo e Linda Tomasinsig.

Ad oggi, 27 marzo 2020, nel pieno delle misure restrittive contro la diffusione del Coronavirus, circa una cinquantina di persone si trova rinchiusa nel centro permanente per il rimpatrio (CPR) di Gradisca d’Isonzo (GO), costretta a vivere in spazi ridotti e senza la possibilità di autotutelare la propria salute.

Sappiamo dell’esistenza di almeno due casi di Coronavirus all’interno della struttura e ne sono a conoscenza anche i reclusi, che stanno mettendo in atto uno sciopero della fame, perché hanno paura per la propria vita.

Sappiamo che i rimpatri sono fortunatamente sospesi e che quindi quasi tutte le persone rinchiuse in un CPR usciranno per decorrenza dei termini. Il rilascio può essere anticipato, può avvenire ora.

Se da un lato i CPR sono strutture di internamento su base etnica che non dovrebbero esistere in alcun momento, dall’altro l’attuale situazione di emergenza sanitaria può trasformare il mantenimento delle persone in un CPR in pluriomicidio volontario, oltre che in un grande focolaio del CoVid 19.

Chiediamo quindi, dato l’altissimo rischio sanitario in cui si è costretti a vivere nel CPR di Gradisca, l’immediato rilascio di tutte le persone rinchiuse nel CPR così che possano tornare alle proprie case, come è già stato fatto altrove in Europa.

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI

ATTENZIONE: VIDEO-TESTIMONIANZA CON CONTENUTI ESPLICITI. ECCO COSA SUCCEDE NEL CPR DI GRADISCA.

CHIUDERE TUTTI I CPR SUBITO!

Ieri, giovedì 26 marzo 2020, proseguiva lo sciopero della fame all’interno del CPR di Gradisca. I detenuti sono venuti a sapere del caso di coronavirus all’interno; molti sostengono di aver sentito dal personale che le persone infette sono due, e che uno di loro è rimasto assieme alle altre persone fino a ieri. Ci dicono di non aver ricevuto alcun tipo di protezione, che sono spaventati e hanno paura che li stiano lasciando morire lì dentro; si dicono preoccupati per le loro compagne e famiglie lì fuori. Ci hanno espresso anche la loro rabbia, perchè sanno che dovrebbero essere liberati ma che nessuno sta facendo niente, lasciandoli morire.

Ci hanno poi inviato i video che vi alleghiamo chiedendo di diffonderli per far sapere a tutte le persone cosa sono i CPR, e per chiedere di essere liberati da quel lager. I video, dalle immagini molto forti, riportano un detenuto in probabile crisi respiratoria o epilettica portato via da personale dotato di protezioni contro il virus , mentre tutt’attorno le persone detenute ne sono prive. Il video risale a ieri mattina. Ci dicono essere un ragazzo arrivato il giorno anteriore e rinchiuso in una cella da solo.

I detenuti ci chiedono di far circolare queste immagini e queste voci consci dei rischi che si assumono, confidando che la la diffusione di informazioni con l’esterno possa contribuire alla loro liberazione.

Alla fine di un video vi è la dichiarazione di un detenuto, che riportiamo qui:

Ecco, ora sta arrivando il guardiano che viene perchè stanno muorendo persone. Ecco questo è CPR, questo è CPR, fa morire le persone. Ha lasciato chiuso come cane quasi più di 10 giorni, sempre lucchetto chiuso. Com’ è possibile? Com’è possibile? Vuole ammazzare le persone?

Questo CPR è diventato una prigione per ammazzare le persone. Come se è ritornato Hitler al mondo.

Riportiamo qui alcune altre frasi ascoltate durante la giornata di ieri:

The people that want the CPR are hartless people, we are human beings, why they do this? Why they keep us inside here?” [Le persone che vogliono i CPR sono senza cuore, siamo esseri umani, perchè ci fanno questo? Perchè ci tengono qui dentro?]

This is a crime of documents not a crime of criminals, how can people stay inside here [..] we need protesta” [Il nostro è un crimine documenti, non un crimine da criminali, come possono farci stare qui dentro [..] abbiamo bisogno di una protesta]

“Some has contracted sickness here in Gradisca centro. I don’t know why they still keep us here, it is not possible to deport us because the airports are closed” [Qualcuno ha preso il virus qui nel centro di Gradisca. Non so perchè ci continuano a tenere qui, non è possibile deportarci perchè gli aereoporti sono chiusi]

please this judge is very wicked he want people to die inside” [Perfavore, questo giudice (ndt: il giudice di pace di Gorizia) è molto malvagio, vuole che le persone muoiano qui dentro]

CORONAVIRUS NEL CPR DI GRADISCA

SCIOPERO DELLA FAME E ARRIVO DEL CORONAVIRUS ALL’INTERNO DEL CPR DI GRADISCA

Il veloce evolversi della situazione all’interno del lager di Gradisca ci riporta a stretto giro a dover riportare quanto succede dentro, essendo stato accertato il primo caso di contagio da Coronavirus nel campo. A confermare la notizia il Prefetto di Gorizia Massimo Marchesiello, lo stesso individuo che qualche settimana fa, in merito alle fughe – alcune fortunatamente andate a buon fine – di alcuni internati nell’ex-caserma Polonio, aveva parlato di “allontanamento volontario” da un semplice centro di “detenzione amministrativa”; lo stesso che da subito si era prodigato a dichiarare che Vakhtang Enukidze fosse morto in seguito ad una rissa fra detenuti.

Al momento alcuni dei reclusi lamentano tosse e dolori al petto, da giorni chiedono visite mediche ma non viene loro permesso di farsi visitare. Molti, come abbiamo già raccontato nelle ultime ore, sono al terzo giorno di sciopero della fame chiedendo la loro liberazione e per paura di ingerire cibo avariato e del contatto forzato con operatori e guardie potenzialmente infette.

Ma ancora più grave è il fatto che siano tenuti completamente all’oscuro della presenza di un internato risultato positivo al virus.

Nei campi di concentramento per senza-documenti lo Stato non ha nemmeno bisogno di sospendere i colloqui agli ultimi degli ultimi come ridicola misura di contenimento del contagio, visto che non ne hanno nemmeno diritto, come invece ha fatto nelle carceri (come se guardie e operatori non possano essere potenzialmente infetti, mentre i parenti sì). Qui prova a non far circolare la notizia all’interno del campo stesso, contando probabilmente sulla complicità di operatori-secondini (in questo caso quelli della coop Edeco, la cooperativa che gestisce il CPR di Gradisca).

Già diversi casi sono avvenuti all’interno dei carceri (Brescia, Milano, Pavia, Modena, Lecce…) e in una trentina di questi sono scoppiate vere e proprio rivolte, sedate con pestaggi e trasferimenti di massa e 15 morti, “per lo più” di overdose dice lo Stato. Questi e i loro compagni chiedevano di essere liberati per limitare la diffusione del contagio in carceri sovraffollate.

Lo stesso che chiedono anche i reclusi del CPR gradiscano in queste ore, costretti in 6 per gabbia, a mangiare cibo avariato, a vedersi costantemente negate le visite mediche, continuamente minacciati da guardie sempre pronte a pestarli ai fini del “mantenimento dell’ordine interno”. Il richio di diffusione repentina del virus all’interno è un rischio concreto, a Gradisca come in tutti i lager del paese. Non ci importa sapere nè discutere se i CPR sono attrezzati o meno per gestire eventuali contagi al loro interno, l’adeguatezza o meno di visite e cure mediche. Non li critichiamo per questo. Vorremmo vederli ridotti a cumuli di macerie per il fatto di essere luoghi di umiliazione e privazione della libertà di individui non in possesso di un “regolare” pezzo di carta, in attesa di essere riportati con la forza alle condizioni di sfruttamento e miseria da cui sono fuggiti, perchè all’italico sfruttamento non servono più.

TUTTI E TUTTE LIBER* SUBITO

URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

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URGENTE: RICHIESTA DI AIUTO DAL CPR

LO SCIOPERO DELLA FAME CONTINUA E SI ESTENDE NEL CPR DI GRADISCA.

Arriva la RICHIESTA DI AIUTO dal CPR di Gradisca di diffondere il più possibile le volontà dei reclusi in sciopero.

Chiediamo quindi aiuto a tutt* per una massima diffusione.

Oggi, 25 marzo, continua lo sciopero della fame nel CPR di Gradisca, alcuni detenuti sono al terzo giorno senza mangiare. Ieri sono stati raccolti i nominativi di alcuni di loro, ma per ora non hanno ricevuto alcuna visita medica.

Lo sciopero si è ora esteso, le stime attuali sono di circa 50 detenuti in sciopero. Rispetto ai motivi della protesta comunicati ieri (cibo avariato che crea problemi intestinali e assenza di saponi e ricambi di vestiti), oggi si fa più forte la richiesta di essere liberati.

I reclusi ribadiscono di non essere né animali né criminali, di essere stati messi nel CPR a causa di problemi con i documenti che non possono risolvere stando chiusi nel CPR. Dichiarano che il CPR è ancor peggio di una prigione e che, se il virus entra, si ammalano tutti. Hanno paura, nel caso si ammalassero, che nessuno li aiuterebbe e li lascerebbero morire lì. I reclusi inoltre hanno smesso di mangiare anche per la paura che il cibo sia infetto poiché sia le guardie della struttura sia i lavoratori, che consegnano il cibo sotto le sbarre delle gabbie, escono ed entrano dal centro e potrebbero essere portatori del virus.

I reclusi sanno che altrove ci sono CPR che hanno chiuso e chiedono di essere rilasciati anche loro per poter tornare nelle loro case.

La richiesta a chi è fuori è di aiutare a che le volontà della loro protesta siano ascoltate.

Come assemblea no cpr, chiediamo che tutt* facciano qualcosa.

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URGENT: HELP REQUEST FROM THE CPR

THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND EXTENDS IN THE CPR OF GRADISCA.

SOS: THE HUNGER STRIKE CONTINUES AND MORE PEOPLE JOIN IT

The HELP REQUEST from the Gradisca CPR is to spread as much as possible the will of the detained people on strike.

Therefore we ask everyone for help for maximum diffusion of this message.

Today, March 25, the hunger strike continues in the Gradisca CPR, some of the people are on the third day without eating. Yesterday some of their names were collected but so far they have not received any medical examination.

The strike has now extended, current estimates are of roughly 50 people on strike. The demands to be freed are made stronger to the complaints declared yesterday (rotten food that creates intestinal problems and the absence of soaps and clothes).

The people in the CPR reiterate that they are neither animals nor criminals, that they have been placed in the CPR due to problems with the documents that they cannot resolve by being closed in the CPR. They declare that CPR is even worse than a prison and that if the virus enters they all get sick. They are afraid that nobody would help them and would let them die there. The detainees also stopped eating also for fear that the food would be infected as both the guards of the facility and the workers, who deliver the food to them under the bars of the cages, leave and enter the center and may be carriers of the virus.

The people inside the CPR know that in other parts there are CPRs that have closed and ask to be released as well in order to return to their homes.

The request to those outside is to help the wills of their protest be heard.

As a non-cpr assembly, we ask to everyone to do something to help them.

Sciopero della fame!

Ci arriva la notizia che diverse persone nella zona rossa del CPR di Gradisca sono in sciopero della fame da ieri, 23 marzo 2020.
Le motivazioni della protesta sono:
    
  1. La pessima qualità del cibo, probabilmente scaduto, che sta provocando a tutti i detenuti problemi intestinali da giorni ;
  2. Le condizioni igieniche del Cpr e l’impossibilità di avere vestiti e lenzuola pulite e prodotti per l’igiene personale (come uno shampoo);
  3. La paura per la diffusione, all’interno del centro, del Coronavirus: fino a 5 giorni fa, hanno continuato a portare dentro persone nuove, nonostante si fosse raggiunto il limite di capienza. Chiunque entri nel centro, compresi gli operatori e chi distribuisce il cibo, potrebbe essere portatore del virus.  
  4. La volontà di uscire dal CPR per poter tornare alle loro case
Per noi dell’Assemblea no CPR – no frontiere FVG, l’emergenza Coronavirus rende ancora più evidente come vivere dentro i centri di internamento, come anche all’interno di tutte le altre carceri,  sia insostenibile. Di fronte al rischio per la vita di centinaia di persone, di trattenute/i e di prigionieri/e, chiediamo la liberazione immediata di tutti i reclusi e le recluse nei CPR e nelle carceri.

Passeggiata contro il CPR

SABATO 4 APRILE ORE 14:00

PASSEGGIATA CONTRO IL CPR

Sabato 4 aprile torneremo sotto le mura del CPR di Gradisca per ricordare alle persone recluse che non sono sole, che pensiamo che luoghi del genere non debbano esistere e che siamo solidali alla loro lotta per la libertà.

Ci torniamo per essere ancora una volta testimoni di quello che ci vogliono raccontare e che altrimenti nessuna/o potrebbe mai sapere.

Ci torniamo perché un mondo in cui esistono luoghi di morte come i CPR è un mondo in cui nessuna di noi può essere davvero libera.

DALL’APERTURA DEL CPR ALLA MORTE DI VAKHTANG

Il 17 dicembre 2019 ha aperto il CPR di Gradisca. Dopo circa una settimana sono avvenuti i primi ricoveri massivi di detenuti che avevano ingerito lamette e sapone per non essere deportati. A inizio gennaio 2020 sono scoppiate le prime rivolte: otto persone sono riuscite a liberarsi, tre sono state riprese. Il 18 gennaio è morto Vakhtang. Appresa la notizia della morte, alcune persone si sono radunate all’esterno della struttura per ascoltare la voce dei detenuti e diffondere le loro testimonianze. I detenuti hanno comunicato di aver visto Vakhtang brutalmente pestato delle guardie e trasportato via per i piedi. Hanno poi raccontato che, in quei giorni, chiunque provasse a parlare con l’esterno veniva picchiato; ci hanno detto di essere costretti a passare le giornate dentro piccole gabbie, di ricevere il cibo da sotto le sbarre, di avere reti elettrificate attorno.

Solo grazie al coraggio dei reclusi e alle loro testimonianze i media sono stati costretti a parlare di Vakhtang e della brutalità dei CPR. Da quel momento è iniziata una risposta diffusa, alcuni giornali parlarono di “un nuovo caso Cucchi”. Poi, il 27 gennaio, il consulente nominato dall’avvocato del Garante dei detenuti, a seguito dell’autopsia, prima del deposito dei risultati ufficiali – ad oggi non ancora avvenuto – ha dichiarato che Vakhtang non fosse morto a causa delle botte, ma a causa di un edema polmonare. La sua dichiarazione ha permesso di stroncare il fermento che si stava creando attorno al CPR di Gradisca e che lo voleva chiuso subito: “non è stato ucciso dal pestaggio” appariva sui media nazionali il giorno seguente alla dichiarazione. La famiglia di Vakhtang, subendo pressioni da varie parti, non si è costituita parte civile nel processo. La storia di Vakhtang probabilmente cadrà, a livello legale, nel nulla: come ci dimostrano gli stessi CPR, la legge non è fatta per essere uguale per tutti e non è attraverso quella che si otterrà giustizia per Vakhtang! Per chi non lo sapesse, edema polmonare è la stessa causa indicata nella perizia di parte sulla morte di Stefano Cucchi, ma questo il Garante non l’ha precisato ai giornali.

COSA È SUCCESSO NEL CPR DOPO LA MORTE DI VAKHTANG?

Subito dopo la morte di Vakhtang, all’interno del CPR sono stati sequestrati i cellulari, separati i detenuti e in moltissimi deportati verso il pease d’origine. La maggior parte delle persone che avevano avuto il coraggio di far uscire la loro voce fuori, che avevano fatto sapere del pestaggio a Vakhtang, è stata punita nel peggiore dei modi: con un rimpatrio nel paese di origine. Le deportazioni dal CPR di Gradisca sono avvenute in svariate forme, nessuna delle quali ha previsto il coinvolgimento dell’avvocato della persona in questione. A B.S. hanno comunicato che lo avrebbero spostato momentaneamente a Bologna, per poi metterlo su un volo per il Gambia; A M.A. è stato detto che lo avrebbero portato a Catania per curare la sua epatite C, per poi metterlo su un volo diretto in Tunisia.

Questo inferno continua ad esistere ogni giorno e solo continuando a tessere una rete con i reclusi sarà possibile riportare queste atrocità all’esterno.

La lotta contro i CPR è una lotta per la libertà di tutte: tutti i muri dei CPR devono cadere.

La passeggiata partirà alle ore 14:00 dal centro commerciale “La fortezza”.