Presidio sotto al CPR
Sabato 13 dicembre 2025, ore 17:00
L’ordinaria quotidianità del lager etnico di Gradisca continua a torturare, giorno dopo giorno, con le ormai note complicità delle istituzioni locali, dall’ente gestore Ekene (fresca di rinnovo dell’appalto, lo scorso giugno), all’azienda sanitaria locale – ASUGI – alla questura, alla prefettura, fino a tutto quell’insieme di piccole e grandi aziende complici che ne permettono l’esistenza e la continuità del funzionamento.
Le testimonianze dall’interno rendono costantemente evidente la funzione dei CPR e le note brutali condizioni della detenzione amministrativa: sequestrare, recludere e torturare le persone senza documenti “rintracciate” sul territorio del nord Italia a partire dalle carceri, dai quartieri, dalle frontiere, ma anche dalle questure, dove molti vengono prima invitati per mezzo di vomitevoli inganni per essere poi trasferiti nei CPR.
I campi per senza-documenti sono i luoghi dove più si esercitano le politiche securitarie e repressive dello stato, per imporre la gerarchia della cittadinanza e il sistema razziale/coloniale dello sfruttamento. Espulsione, detenzione amministrativa e deportazione – i cui effetti devastanti sulle vite dei prigionieri si mostrano in tutta la loro durezza a Gradisca come in tutti gli altri CPR – sono gli apici della quotidiana violenza sulle persone razzializzate, possibili in virtù del sistema delle frontiere e della dominazione coloniale nelle terre “non bianche” del mondo.
È in virtù di queste gerarchie che ad alcune persone è riservato un destino di miseria e dominazione che, in alcuni casi, si conclude con la reclusione e la deportazione. Se solidarizziamo con la resistenza popolare alle retate di massa dell’ICE negli USA di Trump, abbiamo la stessa responsabilità anche dalle nostre parti, dove in forme non dissimili si compiono le stesse retate, le stesse deportazioni, la stessa violenza razzista.
Negli USA, come in Italia e in tutto l’Occidente, l’ordine economico del capitale e gli apparati dello stato al suo servizio vogliono una popolazione migrante impaurita, ricattata, sottomessa, in modo da poterla sfruttare al meglio per la generazione di profitto a più livelli, utilizzarla come campo di sperimentazione di nuove tecnologie e pratiche di controllo e repressione – un domani eventualmente estendibili a tutti i potenziali nemici interni – e poterla gestire o eliminare qualora ritenuta d’intralcio rispetto alle contingenti esigenze della produzione o della tenuta dell’ordine dato.
In Italia, le più di 160 espulsioni “per motivi di sicurezza” dall’ottobre del 2022 e le detenzioni di Anan Yaeesh, Ahmad Salem,Mohamed Shahin, Tarek Dridi testimoniano tutte di un attacco – non più potenziale, ma già in corso – diretto contro componenti dissidenti o in lotta, all’interno del quale la detenzione amministrativa – grazie ai suoi specifici caratteri di arbitrarietà e flessibilità applicativa – completa e addirittura supera il ruolo di segregazione e intimidazione svolto dal circuito penale, avvicinando passo dopo passo le funzioni dei centri per le deportazioni di casa nostra a quelle delle prigioni amministrative nella colonia sionista di Israele, queste ultime esplicitamente finalizzate al tentativo di stroncare la resistenza all’occupazione.
Non va dimenticato che è nell’ambito delle aggressioni coloniali europee che è stato per la prima volta sperimentato il regime della detenzione amministrativa contro le popolazioni indigene, sempre allo scopo di un più efficiente sfruttamento e repressione: Israele è da questo punto di vista la punta avanzata nell’uso di questo strumento di guerra e reclusione etnica, a partire dalla repressione dei fronti della resistenza palestinese.
Le grandi mobilitazioni a sostegno della resistenza palestinese hanno squarciato il velo sulle complicità occidentali nel regime di genocidio e occupazione in terra di Palestina. Queste stesse complicità hanno permesso la costruzione della “fortezza europa” e del suo regime di oppressione razziale: stragi nel Mediterraneo, rotte tritacarne nei balcani, torture e morte nei CPR, esecuzioni nelle strade, senza dimenticare le complementari forme semi-detentive della cosiddetta accoglienza, sono il drammatico bilancio della guerra verso le persone migranti alle nostre latitudini.
Contro il colonialismo e la macchina delle espulsioni, siamo al fianco di chi vuole muoversi liberamente, dei reclusi e dei resistenti di Gradisca e di ogni luogo di privazione della libertà, che affrontano sulla loro pelle una guerra quotidiana.
Portiamo loro solidarietà e sostegno, mentre resistono giorno dopo giorno al razzismo di stato.
Solidali con i compagnx indagatx in Sardegna per la loro partecipazione alle lotte contro carceri e Cpr, la servitù militare imposta all’isola e razzisti e fascisti nelle piazze, e ai compagnx sicilianx indagatx e arrestatx nell’ambito dell’operazione “ipogeo” costruita attorno a momenti di conflittualità di piazza non delegata e non mediata contro il “Ddl sicurezza”.
Che cadano, pezzo dopo pezzo, le mura delle reclusione e le recinzioni dell’occupazione
Fuoco a tutte le galere
Per la libertà