Era da un po’ che non si vedeva una presenza così di fronte al CPR di Gradisca d’Isonzo. Sabato 8 febbraio, decine di persone solidali si sono riunite di fronte ad uno dei tanti lager di Stato. Chi ancora crede si tratti di un’iperbole, vada a cercare informazioni sulle condizioni in cui vivono — e muoiono — al suo interno le persone rinchiuse. Prigionieri che sono ostaggi di una guerra contro marginali, devianti, irrecuperabili all’ordine imposto, individui considerati non integrabili nella catene della produzione. Persone razzializzate secondo i criteri coloniali dell’Occidente, destinate alla deportazione dalle questure del territorio della regione e da tutto il nord Italia, dopo fermi, retate, controlli di documenti, carceri.

Questa spinta solidale ha senza dubbio avuto a che fare con le recenti rivolte [link]: risulta infatti difficile non supportare — anche in modo minimo, come abbiamo fatto sabato — chi prova a ribellarsi a una situazione di violenta oppressione, organizzandosi con i propri compagni di prigionia, battendosi con i pochi mezzi a disposizione, con il proprio corpo e le affinità e alleanze che si creano sul momento.
Di fronte a quelle mura, e al massiccio schieramento di polizia, abbiamo tentato di farci sentire da dentro, attraverso interventi e musica. E abbiamo ottenuto delle risposte: grida di libertà attraverso una comunicazione minima, ma che crediamo fondamentale per dare forza a chi resiste.
«I CPR si chiudono col fuoco» non è uno slogan, non è retorica, ma una realtà palpabile. Così è successo a Torino nel 2023 e a Gradisca nel 2013, e così in queste settimane è stato reso inagibile — parzialmente — quello di Gradisca. Non possiamo che continuare a supportare e dare voce a chi è dentro, a chi tenta la fuga, a chi viene deportato.

Segnaliamo infine – come annotazione certamente marginale rispetto alla condizione dei prigionieri, ma significativa dei tentativi di isolamento a cui è sottoposto il campo gradiscano, le identificazioni di massa e le perquisizioni avvenute verso le tante persone accorse al presidio, prima ancora di poterlo raggiungere. La solidarietà è un arma che qualcuno vorrebbe disarmare, non ci riuscirà: la lotta e la mobilitazione continueranno fino a quando le mura del CPR non crolleranno!